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I nuovi contadini già metalmezzadri

Da Brunougolini

I nuovi contadini già metalmezzadri
C’è stato un tempo in cui i giovani fuggivano dalle campagne per andare a trovare un lavoro in fabbrica. Succedeva soprattutto nel Nord est. Qui, ad esempio, le tute blu della Zanussi erano chiamate “metalmezzadri”, ovvero lavoratori della terra divenuti metalmeccanici. Oggi succede un fenomeno contrario: spesso molti giovani, anche perché la crisi chiude le fabbriche, riscoprono la terra e, spesso, anche un modo di lavorare più gratificante. “Rassegna sindacale”, la rivista della Cgil, ha raccontato, con Angelo Mastrandrea l’esperienza dei “territorialisti” a Milano (www.societadeiterritorialisti.it) organizzatori di un convegno proprio intitolato “Ritorno alla terra”. Mentre a Roma “si sta affermando un movimento di nuovi contadini che formano cooperative e si attrezzano a coltivare in maniera attenta alla salute e al territorio”. Certo in questo “ritorno” ci sono coloro che scelgono di diventare imprenditori e altri che vanno incontro a esperienze di lavoro subordinato. E su un milione e centomila di questi ultimi – spiega Davide Fiatti della Flai Cgil - solo centomila hanno un contratto a tempo indeterminato”. Nell’Italia ricca di macerie industriali una qualche speranza di lavoro risiede, però, proprio in un rilancio del settore agricolo. Secondo la Coldiretti potrebbero esserci nel prossimo future 100 mila muovi occupati. Il settore agricolo, se si scruta il panorama produttivo italiano, è l’unico col segno più. Con un aumento del PIL prodotto pari all’1,1%, mentre l’industria registra un meno 5,8% e i servizi un meno 1,1%. E anche la assunzioni indicano un incremento del 3,6%.
Non si tratta solo di nuovi imprenditori o di braccianti o di conduttori di macchine. Spiega Mario Guidi presidente di Confagricoltura al “Sole 24 Ore” (intervista di Andrea Monti) come le nuove tecnologie e le energie rinnovabili abbiano “allargato il campo delle specializzazioni” e così nascono le professioni di elettrotecnici e biologi agricoli. Alcuni di questi giovani, spiega Guidi, vedono nell'agricoltura un rifugio. Mentre Franco Verrascina presidente della Copagri (confederazione produttori agricoli) sostiene che molti “nuovi contadini “si rendono conto che il business futuro per tutti i Paesi ruoterà attorno al cibo: per questo ci investono”.
Il problema è, sovente, quello della materia prima: la terra. Perché la possibilità di accedere a spazi coltivabili è spesso problematico. A Roma, racconta ancora “Rassegna”, è nato un Coordinamento dei soggetti che si battono per ottenerlo. Tra questi: l’Aiab (Associazione italiana per l’agricoltura biologica), “Terra”, “Da Sud”, la Flai-Cgil. Insieme hanno redatto una petizione con diecimila firme rivolta al neosindaco di Roma Ignazio Marino per rivendicare l’assegnazione delle terre incolte ai giovani agricoltori. Una manifestazione si è svolta, a questo proposito, presso un terreno di 22 ettari sulla romana via Cassia, con la richiesta al comune di affittarlo a questi giovani. Secondo la Coldiretti il 42% dei giovani, se avesse accesso alla terra, sarebbe disposto a darsi all’agricoltura. Un intoppo deriva anche dalla difficoltà di ottenere crediti dalle banche. Il 65% dei giovani interessati lo denuncia. Sono dati estratti da un sondaggio che la Coldiretti ha promosso con la Swg. Così scopriamo che il 38% dei giovani preferirebbe gestire un agriturismo anziché lavorare in una multinazionale (28%) o fare l’impiegato in banca (26%). Mentre ben il 73% dei giovani italiani non solleva ostacoli a lavorare nella vendemmia e nella raccolta della frutta. E al 42% degli italiani piacerebbe fare l'agricoltore se ci fosse la disponibilità di un terreno.
Secondo il presidente della Coldiretti Sergio Marini “venute meno le garanzie del posto fisso che caratterizzavano queste occupazioni, sono emerse tutte le criticità di lavori che in molti considerano ripetitivi e poco gratificanti rispetto al lavoro in campagna”. Questo spiegherebbe anche il fatto che siano aumentati del 29 per cento le iscrizioni negli istituti professionali agricoli e del 13 per cento negli istituti tecnici di agraria, agroalimentare. Dati ed esperienze che rappresentano anche un messaggio per i governanti. Da ascoltare.

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