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I precari del Giglio

Da Brunougolini
Tra giornali, talk-show, riprese dirette, il racconto della tragedia sull'isola del Giglio, ha riempito giornate e serate. Con grandi dibattiti sul comandante fellone (Schettino) e il comandante eroe (De Falco) nonché sull'Italia paragonata alla semi-sommersa «Concordia» e abitata da tanti Alberto Sordi (o tanti Berlusconi). Sono però apparsi anche i racconti dei precari dei mari. Erano cuochi, camerieri, inservienti, adibiti al governo di una vera e propria città di oltre 4 mila abitanti, protagonisti di atti di abnegazione nel faticoso salvataggio notturno. I veri eroi della vicenda, anche se spesso non addestrati a sufficienza alle straordinarie mansioni richieste in quella tremenda occasione. C'è però da osservare che questi lavoratori della Costa Crociere, in larga misura extracomunitari, sono precari particolari.
Spiega Massimo Ercolani dirigente della Filt-Cgil, il sindacato dei trasporti, come la Costa mantenga un qualche rispetto per le norme contrattuali. I suoi marittimi sono certo divisi tra quelli considerati Crl (continuitá rapporto di lavoro), ovverosia a tempo indeterminato, e quelli con contratti a termine, ma spesso inseriti in una lista prioritaria. Un mantenuto legame con l'azienda. Hanno così una qualche garanzia di poter essere richiamati. Resta il fatto che siamo di fronte ad una «fabbrica» particolare, la nave, dove non si «produce» per tutto l'anno. Spesso si rimane fermi. Una specie di lavoro stagionale, comunque meglio retribuito e rispettato di tanti lavori stagionali.
Certo c'è ancora molto da fare. C'è, ad esempio, una legge sugli orari che Ercolani considera «infame» e che spesso costringe a turni massacranti il personale di bordo. E ci sono società (il sindacato cita la Carnival e la Msc) dove le norme contrattuali, le regole, spesso sono calpestate e vilipese. Ecco: «il rispetto delle regole».
Questo credo sia, in veritá, il tema centrale emerso dalla discussione sulla tragedia del Giglio. Tanti italiani hanno sposato con enfasi le parole del comandante De Falco («Torni a bordo») non per un rigurgito stalinista, non per nostalgie biecamente autoritarie, non per virile disprezzo nei confronti delle debolezze umane di Schettino.
Molti italiani hanno visto, in quel grido, la semplice esigenza di vedere rispettate le regole. Quelle che obbligano il comandante di una nave a compiere il proprio dovere fino in fondo. Un incitamento che vale per tanti: i gioiellieri evasori, le societá di crociera che non tengono conto di norme e contratti, i tipi alla Marchionne che tengono in considerazione solo le proprie di regole (e leggi). E vale anche, magari, per i tanti populisti intenti a difendere a denti stretti il proprio orticello, incuranti del baratro che in Europa si sta aprendo per tutti. Lo si è visto in tanti commenti alle misure di Monti.
I precari del Giglio

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