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I principi dell’Aikido (2° post di 5)

Da Stefano Bresciani @senseistefano
Data: 20 novembre 2012  Autore: Stefano Bresciani

I principi dell’Aikido (2° post di 5)In questa seconda puntata dedicata ai principi dell’Aikido, che riguardano trasversalmente questa nobile arte marziale giapponese al di là della scuola/stile praticato, voglio evidenziare un aspetto che mai è stato sottovalutato: il REI, un concetto che abbraccia non solo il compagno di turno ma anche tutti coloro che sono sul tatami, dal maestro all’ultimo praticante arrivato. Un inchino, così come qualsiasi altra forma di saluto, dovrebbe nascere da un sentimento sincero di amicizia, amore, importanza.

Mai capitato di camminare su un sentiero di montagna e incrociare una persona d’una certa età? Oppure lo sguardo di un bambino del terzo mondo che ti saluta con gli occhi ancor prima che con la mano? Ancora è viva nella mia memoria (forse è un po’ sfocata l’immagine nel complesso) della moltitudine di giovani che ho incrociato nelle mie passaggiate in India del nord (Settembre 2007).

Sorridere interiormente permette di apprezzare completamente un gesto all’apparenza scontato, apparentemente scialbo, privo di significato poiché dettato da semplici (e per alcuni inutili) regole di etichetta. Salutare non è un obbligo, è “solo” una delle forme più alte di rispetto e lo possiamo vivere appieno “solo” se il gesto nasce da purezza (proprio come i bambini), voglia di conoscere, sperimentare, condividere, gioire dell’altrui presenza e ricchezza interiore.

Questo a mio avviso è lo spirito da conservare lungo la via marziale, il “do”: vincere il proprio egoismo spinto da un’eccessiva considerazione di se stessi, è la prima vera lotta che dobbiamo fare nel dojo come nella vita. Ho smesso da tempo di pensare come singolo individuo che ne incontra un altro e semplicemente lo saluta, così, tanto per abitudine. Ho piano piano imparato a essere sempre più consapevole di essere parte del Tutto, dell’Universo, di un Paese in cui ogni persona, amica, parente o semplice conoscente, compagno di vita o di pratica sul tatami, è importante quanto me. Per questo merita tutto il mio rispetto e posso provare a trasmetterglielo con un saluto, rivolto non con un cenno del capo, della mano oppure un inchino formale, ma con l’anima.

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