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I profughi negli alberghi

Creato il 26 aprile 2015 da Aletonti

E’ curioso che uno Stato che in questi anni di recessione economica ha abbandonato a se stesso un settore fondamentale come quello del turismo, adesso chieda agli albergatori di dare ospitalità ai profughi nelle loro strutture perché non sa più come affrontare questa emergenza. Anzi, cerca addirittura di venderla come un’opportunità per contrastare la crisi, per riempire le camere che rischiano di restare vuote, per uscire da una situazione che solo nel nostro paese è diventata stagnante, mentre altrove già da anni si può assistere ad un graduale miglioramento. In nessun luogo come in Italia, l’adagio “fare di necessità virtù”, trova un’applicazione così puntuale e sistematica.

Adesso gli albergatori che si rifiutano rischiano di passare per “cattivi”, per egoisti e senza cuore.
Tra chi ha accolto la proposta di collaborazione non ci si vergogna di dire che lo si è fatto soprattutto per necessità, per poter tirare avanti in un momento di grave difficoltà, con le presenze turistiche che si sono dimezzate. Il problema è che, per rimpiazzare quel 50% che si è perso con la crisi, si rischia di perdere l’altro 50%, quello che ha resistito e che non rinuncia alle vacanze in albergo. Se ti dicono che nell’albergo che hai scelto per le tue vacanze, ci saranno anche i profughi arrivati con i barconi, puoi star certo che ti affretterai a cercare un altro albergo, non prima di esserti assicurato che quello non abbia sposato la stessa politica. Per non parlare poi dell’ostilità che tale scelta susciterebbe negli altri albergatori (ma anche nei commercianti e in generale in tutti coloro che lavorano con i turisti), i quali subito accuserebbero di “rovinare la piazza”.

La somma stanziata per ogni profugo ammonta a 35 euro al giorno. Con questa cifra bisogna garantire vitto e alloggio. Ma 2,50 euro spettano ai rifugiati come pocket money, per le piccole spese personali, quindi la cifra scende subito a 32,50 euro; poi ci sono altre spese per le schede telefoniche, la foto tessera per il permesso di soggiorno e chissà cos’altro. Facendo questi pochi ed elementari conti, è evidente che solo ospitandone un grande numero e per un lungo periodo di tempo si potrebbe parlare di vera convenienza. In pratica, si dovrebbe convertire la propria struttura in un centro di accoglienza vero e proprio, rinunciando a lavorare con i turisti e con la clientela tipica degli alberghi.

Sulla riviera romagnola la maggior parte delle strutture è rappresentata da alberghi medio-piccoli. Gli alberghi cosidetti grandi poi, sono quelli che hanno dalle 70 alle 120 camere, non certo come nelle città, dove si possono trovare “mostri” di 200-300 camere se non di più. Perciò anche le stesse denominazioni non aiutano a fare dei veri confronti.
In linea puramente teorica, le camere disponibili per i profughi non mancherebbero. E se fossimo tutti sicuri che si tratta di un’emergenza temporanea, con una fine certa e possibilmente rapida, forse ci sarebbero molti più albergatori disposti a collaborare, e magari anche turisti disposti a convivere con persone bisognose che condividono lo stesso spazio senza però condividere anche lo spirito del soggiorno. Ma nessuno è così stupido o ingenuo da pensare che sarà così. Siamo solo all’inzio dell’emergenza e non si può pensare di risolverla improvvisandoci tutti soccorritori. Se qualcuno volesse farlo però, non dovrebbe cedere a compromessi: lavorare con i turisti o con i profughi. Questa è la scelta fondamentale da fare, anche per acquisire la completa consapevolezza del problema e di ciò che occorre per affrontarlo al meglio.

Probabilmente a qualcuno tutto ciò sarà suonato troppo cinico e magari si sarà pure indignato per i concetti e le opinioni espresse in questo post. Ci tengo a precisare che non ho nulla contro i migranti. Non sono tra chi pensa che bisognerebbe respingerli o lasciarli al loro destino. Come ho scritto poco sopra, ci troviamo davanti ad un fenomeno che durerà a lungo e  che non può essere ignorato o trascurato ma contrastato e regolato con ogni mezzo utile, in mare come sulla terra ferma, sia quella di partenza che quella di arrivo.
Sicuramente in mezzo a tanti disperati che scappano dalle guerre o da condizioni di vita impossibili, ci sono anche potenziali terroristi e criminali ma questo non ci esime dalla responsabilità di assisterli. Il punto è individuare chi debba farlo e con quali modalità, senza sbolognare la patata bollente nelle mani di soggetti che apparentemente avrebbero le possibilità ma non la vocazione e neanche la preparazione necessaria. L’albergatore si occupa di “ospitalità” intesa come un servizio prestato dietro un pagamento che permetta di coprirne i costi, nell’ambito del libero mercato. Ospitare i profughi non ci permetterebbe di coprire i primi e soprattutto ci condannerebbe ad uscire dal secondo.

Viviamo in un paese dove si chiudono gli ospedali e poi si parcheggiano i malati nei corridoi per mancanza di posti letto, o si respingono i bisognosi dai pronto-soccorsi condannandoli a morte. Un paese dove si chiudono le carceri (o non si aprono carceri nuove costate milioni di euro) per poi venire sanzionati dalla Corte Europea a pagare pesanti ammende per il sovraffollamento e le pessime condizioni di vita al loro interno. Un paese dove ci sono migliaia di caserme dismesse e inutilizzate e personale militare inoccupato che ci costa milioni di euro ogni anno.Io sono convinto che chi di dovere abbia fatto tutti i conti e abbia capito che pagare 35 euro agli albergatori sia la soluzione più veloce, meno impegnativa  e soprattutto più conveniente.


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