Magazine Cultura
Martedì 15 ottobre 2011: una data fatidica. No, non mi riferisco al varo del Governo Monti. Un evento di dimensioni ben più significative ha segnato, forse, la storia della nostra nazione. Probabilmente, oggi non ne cogliamo tutta la sua indubitabile portata, e pochissimi saranno ora così lungimiranti da prevederne i futuri riflessi sulle sorti dell’intero globo terracqueo. Alle 14,30 – minuto più minuto meno – la folta e composita schiera dei Quadri del Gruppo EAV, è giunta, in ordine sparso ed alla chetichella, presso l’Auditorium all’isola C del Centro Direzionale. Scopo del mesto rituale, essere dettagliatamente edotti – udite, udite - sullo stato di avanzamento del processo di fusione. Diciamo subito che di atto dovuto trattatasi, e tale, in fondo, è stato. Nei giorni scorsi, avevo già espresso le mie umili perplessità sulla tempistica e, soprattutto, sulle modalità con cui tale evento è stato realizzato. Confermo, pertanto, che i Quadri andavano coinvolti nella fase iniziale del processo e non chiamati ad un’anonima convention, con il paccopressoché confezionato.
Un trattamento simile lascia presupporre una considerazione modesta della figura del Quadro e, soprattutto, una bassissima stima riguardo alla loro capacità di collaborare, attivamente e fattivamente, al processo di riorganizzazione che attraverso la fusione attua soltanto uno step, inerente, peraltro, il mero assetto societario. È vero che, la velocizzazione imposta al processo, causata dal rapido peggioramento della situazione economico-finanziaria del Gruppo, consigliava di evitare una metodologia troppo collegiale, ma mi pare che esautorare completamente una parte così importante delle aziende coinvolte sia stato un errore strategico, oltre che tattico. Giova ricordare, a chi non lo avesse ben presente, che il ruolo dei Quadri non risiede soltanto nelle loro determinanti competenze professionali. Alle ineliminabili competenze, si affiancano, infatti, un insieme di criteri identificativi della categoria di appartenenza. A titolo esemplificativo, possiamo inserire i seguenti requisiti (suggeriti sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina): l’autonoma responsabilità gestionale delle funzioni attribuite, la dipendenza diretta dai dirigenti, la responsabilità di budget, ecc. ecc. Come si vede, si tratta di funzioni strettamente connesse con il processo di riorganizzazione in atto. Ragione per cui, non aver provato ad utilizzare tale insostituibile know how consolidato, pare un ulteriore – l’ennesimo direi – spreco di risorse, in questo caso umane, di cui la storia delle aziende del Gruppo EAV è purtroppo infarcita. Tra l’altro, il mancato coinvolgimento delle risorse interne è in palese contrasto con le dichiarazioni dell’Assessore Regionale al Personale che, opportunamente, teorizza e cerca di realizzare un maggiore e più significativo utilizzo delle risorse interne, troppo spesse umiliate da uno spropositato uso delle consulenze esterne.
Dai resoconti verbali della poco feconda serata, si apprende, inoltre, che, con un sorprendente coup de theatre, la sonnacchiosa platea è stata risvegliata dal suo letargico torpore post prandiale mediante la poco desiderata somministrazione di uno spezzone cinematografico, tratto dal film LE ALI DELLA LIBERTÀ. Ovviamente, non essendo giustamente incluso tra i membri dell’autorevole consenso (probabilmente per scarsa dotazione di neuroni, me tapino!!!), devo giocoforza rifermi a quanto riportato dagli astanti che, fra un colpo di sonno e l’altro, avranno probabilmente colto solo parzialmente la finalità – sicuramente educativa/didascalica – della proiezione. Il film, peraltro, io lo avevo visto, anche più volte. A distanza di tempo, mi pare di ricodare che la pellicola prova a restituire il senso di come possa nascere, in un luogo estremamente duro come un penitenziario, la speranza. Un sentimentopericoloso, quando si trasforma in illusione, e sicuramente non convenzionale, se rapportato ad un ambiente come quello di un penitenziario per ergastolani incalliti. Il film è, sotto questo aspetto, una sorta di apologia del riscatto (sociale e, soprattutto, morale) di coloro i quali, condannati a lunghissime pene detentive, provano a trovare un’altra motivazione vitale. C’è pure forte la presenza del loro desiderio di rivalsa e ribellione contro ogni genere di sopruso (e il titolo del racconto originale di King da cui il film è tratto, che parla esplicitamente di redenzione, è assai esplicativo in questo senso). Il film è un commovente e coinvolgenteprison-movie che punta su un cast di notevole livello. Tim Robbins e Morgan Freeman sono grandiosi. Il film sottolinea, pure, temi forti come l’amicizia virile (dai vaghi contorni omosessuali), sul genere di “ma come fanno i marinai a rimanere veri uomini…”.
Cosa voleva comunicare il team di esperti all’esterrefatto uditorio proiettando quel film? Provo ad esplicitare un’improvvisata esegesi. Una prima chiave di lettura potrebbe condurre alla seguente ipotesi. Voi Quadri siete imprigionati in una sorta di gabbia, che seppur dorata, ha tenuto bloccate finora le vostre incommensurabili qualità personali; forse, qualcuno di voi ha ora paura del cambiamento, ma non dovete temere quello che vi aspetta “lì fuori”. Fuori, ve lo garantiamo noi, c’è la libertà e presto vi spunteranno pure le ali (si attende una fornitura gratuita annuale di RED BULL).
Seconda lettura più carognesca, ma forse più calzante. La gabbia DORATA non c’è più, nonostante molti di Voi non avessero alcuna voglia di abbandonarla. Noi, vi spediamo fuori, vi imponiamo un’indesiderata libertà (la famosa liberalizzazione del Trasporto Pubblico Regionale ex maxiemendamento?). Non provate a pretendere di ritornare nel comodo loculo, perché non troverete che altro che porte e finestre sbarrate. In definitiva, assecondate le nostre scelte e nessuno avrà da lamentarsene. Il destino dei pochi eventuali riottosi? Un bel posticino nella futura bad company.
Chi ha visto come si conclude il film sa, poi, che l’ergastolano una volta “fuori” non trova niente di meglio che suicidarsi, sopraffatto da un mondo esterno che non capisce e non lo capisce.
P.S.: Ho trovato, girovagando su internet, un Centro specializzato in Psicoterapia che promuove corsi intitolati “Le ali della libertà” (corso ideato per vincere la paura del volo). Iscrivervi i Dirigenti (esclusi i numerosi ultrasessantenni) e tutti i Quadri sarebbe stata un’esperienza più adrenalinica e coinvolgente della statica fruizione di un film.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli - http://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/
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