"I racconti di Melpum". Ovvero, l'archeologo da Indiana Jones a Roberto Giacobbo

Leggendo il post della mia amica Lucyette in cui racconta le reazioni più frequenti di chi viene a sapere della sua materia di studio, mi è venuto in mente subito come reagiscono solitamente le persone quando dico loro che studio archeologia. La prima reazione: tutti avrebbero voluto fare gli archeologi da piccoli, ma poi hanno ripiegato sulla chimica, l'economia, la giurisprudenza, il giardinaggio, l'astrofisica... Inevitabilmente, si passa a parlare, a scelta, della profezia Maya sulla fine del mondo, di Indiana Jones, di antico Egitto e piramidi, di ossa umane dissotterrate, di dinosauri... Beh, naturalmente ogni archeologo che si rispetti teme il 21 dicembre 2012, combatte almeno una volta a settimana contro l'esercito nazista, scopre una piramide a stagione, risolve omicidi tra uno studio di ceramica etrusco-padana e lo scavo di un tempio greco, ricostruisce lo scheletro di un tirannosauro in cantina come hobby serale mentre guarda le registrazioni di Voyager sognando di diventare come Giacobbo. Quando preparavo la tesi di laurea triennale, mi sono trovata in mezzo ad un'altra situazione di questo genere, ma un po' fuori dal consueto. La mia tesi si occupava delle fonti sulla città etrusca di Melpum, citata da Plinio il Vecchio come un importante centro etrusco distrutto dai Galli lo stesso giorno della presa di Veio: da qui le  bonarie prese in giro di amici e colleghi sulla mia "caccia alla città perduta" come una Lara Croft in erba. Da qui il titolo di questa nuova rubrica del mio blog: "I racconti di Melpum", ovvero le mie scherzose prese in giro delle stranezze del mondo, antico e moderno. A incominciare dalla nuova versione del mio studio su Melpum come città non etrusca ma bensì... aliena! 
Avvertenza: tutto ciò che leggerete in questa rubrica è soltanto frutto della mia fantasia un po' pazza. O forse no...