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I Racconti per l’Estate: L’IPOCONDRIA DELLA JOLANDA

Creato il 09 luglio 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

{le donne han quattro

malattie all’anno

e tre bei mesi dura

ogni malanno}

di Viviana Picchiarelli

La Jolanda era un donnone corpulento, di quelli morbidi che, se te li trovavi tra le mani, non avresti potuto fare a meno di impastare, soppesare, stropicciare.

La Jolanda era sui cinquanta, capello biondiccio sempre rigorosamente gonfio di messa in piega, rossetto mattone e riga decisa sugli occhietti da presbite.

Single poco convinta, dopo il terzo matrimonio naufragato al pari del suo giro vita, passava le giornate a raccontare al malcapitato di turno le sue disavventure dovute a una “salute precaria”, risultato, a suo dire, di tutti i patemi d’animo che aveva dovuto sopportare a causa dei suoi consorti, tutti e tre scappati a gambe levate dopo pochi anni di “idillio” – sosteneva lei – coniugale.

E non riusciva proprio a farsene una ragione!

Del resto, come diceva sempre la Jolanda, lei era una perfetta donna di casa, una di quelle che oggi, no, proprio non esistono più. Ci teneva ad avere sempre la casa in ordine, la cena pronta, il dolce sfornato caldo per la colazione, il giardino curato e un aspetto piacevole, nonostante la natura non fosse stata particolarmente generosa con lei.

Eppure, i suoi tre mariti avevano fatto le valigie, lasciandola perplessa, prima ancora che disperata.

Tutte le volte, però, la Jolanda non si era persa d’animo, convinta che prima o poi avrebbe trovato il suo principe azzurro, o celeste chiaro o persino bianco sporco, la nuance era secondaria: l’importante sarebbe stato, invece, trovare qualcuno con cui condividere gioie e dolori, nella salute e nella malattia, soprattutto la sua, finché la morte, dell’altro, non li avrebbe separati.

La Jolanda, infatti, aveva una “salute precaria”.

Lo sapevano tutti, anche perché era impossibile sottrarsi ai suoi bollettini medici rilasciati a destra e manca, con regolarità e con dovizia di particolari.

La Jolanda, appunto, ogni giorno passava a trovare il dottore per i motivi più disparati e non mancava di aggiornare i suoi compagni di attesa (im)paziente sui propri malanni e sui dubbi che l’attanagliavano.

A suo dire, infatti, aveva sempre una malattia in incubatrice.

Una volta, aveva bisogno di sapere se per il raffreddore andasse bene l’aspirina fosforescente, un’altra volta era terribilmente preoccupata dopo aver visto del sangue uscirle dal rettile, per non parlare, poi, di quel giorno in cui si era spaventata a morte dopo che, nonostante fosse in menopausa, le erano tornate le masturbazioni. Con tutto quel sangue a spasso, poi, il fatto di avere le piastrelle basse era senza dubbio un problema, così come lo era l’avere i tricicli e l’abete troppo alti.

Da poco, inoltre, aveva avuto una brutta influenza e a forza di andare di corpo si era quasi disinnescata, per cui si sentiva veramente debole e affranta. In condizioni normali, tutta quella ‘liberazione’, senza il solito ausilio dei fermenti profilattici vivi o dei nitroclismi per adulti, avrebbe potuto essere anche un toccasana, diceva la Jolanda, poiché da alcuni giorni non andava al bagno a causa di un’occasione intestinale, ma ora rischiava un abbassamento di pressione che l’avrebbe sicuramente fatta cadere in calesse. Ma tu pensa! Eppure, la Jolanda aveva sempre la minima più alta della massima! Aveva persino qualche tremore alle mani, forse, un’infiammazione del tunnel del carpaccio. E che dire delle scatarrate nell’occhio?

Da qualche tempo, poi, tanto per non farsi mancare nulla, lamentava un dolorino costante, proprio lì, in mezzo allo sterco. Sarà mica una vagina pectoris??? Un’ernia letale??? Ma no, sicuramente sarà a causa di tutto quel che te dò che aveva assunto per farsi passare il mal di denti, che l’aveva colta alla sprovvista, quella sera che aveva terminato sia il w.c.net che il collutorio per sciacquare l’infiammazione ai denti e non aveva proprio intenzione di prendere tutti quei farmaci onomatopeici che il medico naturalistico le aveva prescritto. Quella sera, aveva provato anche con il filo intradentario, ma senza fortuna. Del resto, il dente batte dove c’è dolore e lei, di dolore, ne provava tanto; purtroppo, era nel suo modo di essere: sodomizzava tutto. Ed era soprattutto il tubo ingerente a darle problemi, soffriva di afflusso gastrico e prendeva sempre l’Amaro Micidiale Giuliani. Forse, era arrivato il momento di sottoporsi a una gastronomia. Magari, in questo modo, anche quelle dannate flautolenze post prandiali non l’avrebbero più messa in imbarazzo…

Eppure, alla Jolanda, qualcosa era stato diagnosticato: il polisterolo alto, la tacchicardia, lo stereo operosi, anche se, visto che l’ultima volta il dottore era assente, la sua prostituta si era limitata a prescriverle una pomata per un banale Irpef. «Ma come??? Dottoressa, io sto male, sul serio, e lei mi ordina solo una misera pomata? Ho capito! Vi state tutti coagulando contro di me!»

Povera Jolanda, e pensare che lei voleva sottoporsi a un ketchup completo… magari anche agli esami per il VHS, non si sa mai!

Attenzione, però: mica la Jolanda era ipocondriaca, no no… semmai, piuttosto, un’allarmista, o meglio ancora: una persona molto attenta ai segnali del proprio corpo. Infatti, non è che si sentisse malata di continuo, il punto era piuttosto questo: quando si ammalava, o quando pensava di essere malata, era convinta che si trattasse sempre della volta buona… Come Woody Allen.

E i suoi mariti, tutti e tre, lo avevano sperato, fino a che, sfiniti, avevano preferito lasciare baracca e burattini prima che lei potesse andare in farmacia dicendo: «Ah, dottore, guardi che le gocce di hennè per dormire le pago di meno perché ho la visibilità di mio marito.»

Perché, sapete come funziona in questi casi, no? Di solito, l’ipocondriaco campa cent’anni. Quelli che gli stanno attorno soccombono prima, fosse anche per “semplice” sfinimento.

Per cui, meglio prevenire che farsi seppellire, avevano ben pensato i tre mariti della Jolanda.

Nota dell’autrice: cercate in Google “strafalcioni medici”, troverete un variopinto e variegato campionario delle assurdità linguistiche che dottori e infermieri si sentono dire dai propri pazienti…

Per fortuna, l’ironia, in certi frangenti, cade proprio a fagiuolo…

Alcuni di quelli utilizzati in questo breve racconto sono stati tratti da ‘Hanno Tolto le Supposte agli Operai, ma i Ricchi Continuano a Mettersele. Dialoghi Assurdi fra Medico e Paziente’ di Camillo Vittici.

I.G.O. Editore s.r.l – Albano S. Alessandro (BG), 1997.

Racconto tratto da

LE VENE VORTICOSE – quando l’ironia è femmina

antologia a cura di Costanza Bondi e Viviana Picchiarelli

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