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I Rockets alla ricerca dell’ultimo tassello: storia di un’offseason disastrosa

Creato il 08 luglio 2015 da Basketcaffe @basketcaffe

Il continuo ricordare l’eccezionale ed inaspettata rimonta dei Rockets nella semifinale di Western Conference vinta 4-3 contro i Clippers, potrebbe nascondere alcune verità che, invece, hanno l’importanza di essere sottolineate.

Houston ha rischiato di uscire sconfitta nettamente in una serie che, almeno alla vigilia, la vedeva favorita, non fosse per il secondo posto assoluto ad Ovest, dopo un’eccezionale regular season da 56 vittorie, quante non ne arrivavano dai tempi del magico Hakeem The Dream Olajuwon.

Carattere, personalità, caparbietà, una maggiore concentrazione e voglia di vincere, oltre a molti altri fattori, hanno contribuito poi a ribaltare l’1-3, trasformandolo in un successo che ha soltanto pochi precedenti nella storia NBA e che ha caricato a mille l’ambiente texano. Nella serie contro i Warriors, però, dopo due gare sontuose alla Oracle Arena, in cui soltanto uno scatenato Stephen Curry è riuscito a contenere l’esplosivo James Harden, i Rockets sono scoppiati. L’eloquente 80-115 subito in Gara 3, che di fatto ha chiuso la serie, è il sintomo di quanto ancora manchi a Houston per poter competere seriamente per il titolo. Se Harden non gira (17 punti con 3/16 al tiro), la squadra non gira e lo stesso è accaduto in Gara 5, dopo le effimere speranze acquisite con la vittoria nella quarta sfida della serie. Certo hanno pesato i tanti ed importanti infortuni subiti dai texani durante la stagione, che hanno messo fuori gioco, tra gli altri, Patrick Beverley e Donatas Montejunas. Il 4-1 inflitto da Golden State, messa assai più in difficoltà da Grizzlies e Cavaliers prima e dopo, però, è un risultato che impone riflessioni sull’attuale roster di Houston.

James Harden ha giocato dei playoff fenomenali, da 27.2 punti di media, con il 44% dal campo ed il 38% da oltre l’arco, cui ha aggiunto anche 5.7 rimbalzi e 7.5 assist a partita, ed è senz’altro la stella più splendente nel cielo texano, legittimatosi finalmente ed incontrovertibilmente anche in post-season. Dwight Howard, che pure ha garantito 16 punti e 14 rimbalzi di media nei playoff ed è reduce da gravi problemi fisici da cui ancora non si è rimesso completamente, non è ancora tornato ai livelli di dominanza estrema visti ad Orlando ed è certamente lontano dal Superman conosciuto ai Magic. Comunque, la coppia formata con Harden e il feeling (ri)trovato con Josh Smith in post-season fa ben sperare per il futuro, sempre che J-Smoove decida di restare ai Rockets. La dirigenza spera che possa rimanere a Houston, almeno per un’altra stagione, senza però chiedere un contratto troppo esoso, dopo i tanti milioni di dollari guadagnati ai Pistons. Se ciò non dovesse accadere, però, Smith si accaserà altrove. Le voci che lo volevano a Sacramento sembrano essersi placate e il suo futuro resta un mistero. Lo stesso accadrà con Jason Terry che, comunque, a 38 anni resterà quasi certamente in Texas con un contratto ai minimi, sia salariali che di durata effettiva. Parlando di guardie, comunque, si apre un’altra, delicata questione per i Rockets.

Terry e Pablo Prigioni, che dall’alto della sua esperienza ha comunque garantito delle ottime prestazioni quando è stato chiamato in causa, sono stati i titolari obbligati in post-season, a seguito dell’infortunio di Beverley. Quest’ultimo ha rinnovato la sua causa a Houston, con un sostanzioso aumento di stipendio in arrivo rispetto al milione di dollari dello scorso anno. Nonostante i problemi fisici, i Rockets hanno firmato ad uno tra i migliori difensori a livello di guardie in NBA e con molte cartucce ancora da sparare un contratto ad una cifra comunque competitiva, ovvero 25 milioni di dollari complessivi per le prossime quattro stagioni. In ogni caso, i texani necessitano di altro aiuto nel ruolo e, in assenza dei necessari fondi per mettere le mani su Brandon Knight o Reggie Jackson, hanno puntato tutto su Sergio Llull. Dopo la recente conquista dell’Eurolega e della Liga ACB, da MVP delle Finals, con il suo Real Madrid, la guardia da Mahon ha però rifirmato per il club spagnolo nella giornata di ieri per una cifra vicina al massimo contrattuale di 3 milioni di euro annui percepita da Rudy Fernandez nel club madrileno. Fino al 2021, dunque, Llull resterà in terra iberica e i Rockets sembrano completamente immobili al momento sul mercato, alla ricerca disperata di una guardia con le sue caratteristiche.

#nba: anche Patrick Beverley rifirma con gli @HoustonRockets per 4 stagioni a 25 milioni di dollari.

— Basketcaffe.com (@Basketcaffe) July 3, 2015

Se dovesse arrivare qualche aiuto in termini di guardie, le attenzioni dei Rockets si sposterebbero tutte alla ricerca di un altro big man da affiancare ad Howard, nel ruolo di ala forte. LaMarcus Aldridge, Paul Millsap e Kevin Love sono restati dei sogni mezza estate, avendo rinnovato il contratto questi due ultimi o essendo partiti verso altri lidi, vedi Aldridge in Texas, ma a San Antonio. Anche le seconde scelte che Houston aveva pronosticato, però, hanno trovato casa, visto che Thaddeus Young ha rifirmato a peso d’oro con i Nets e, soprattutto, David West, primo vero obiettivo per i Rockets nel ruolo, ha giusto ieri trovato un accordo, nemmeno a dirlo, con gli scatenati Spurs di questa offseason per loro incandescente. Dopo i tanti grandi nomi sparati ed associati alla franchigia durante la scorsa estate, mai però giunti sotto il sole texano, i Rockets hanno prediletto un’offseason silenziosa, ma letale nella sua incapacità di portare in porto le trattative. Mancherà, dunque, anche l’anno prossimo probabilmente l’ultimo tassello utile per portare la squadra alle Finals, quel piccolo passo che Harden e Howard, pur se giocassero ai loro massimi livelli, non potrebbero garantire da soli. Lo stesso piccolo passo che è mancato ad Harden per chiudere la stagione con qualche altra gioia a livello individuale, su tutte la conquista dell’MVP della regular season, finito nelle mani di Curry, poi letale killer delle speranze texane nella finale di Conference.

I Warriors hanno rappresentato, nell’ultima annata, l’essenza del perfetto meccanismo che si muove quando una squadra funziona al meglio in tutte le sue componenti e Curry ne è stato un leader meraviglioso. I Rockets, però, se non trovano al più presto gli ingranaggi giusti da affiancare ai loro campioni resteranno, probabilmente sempre, un’eterna incompiuta.

 

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