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I SARDI E I POPOLI DEL MARE #sardegna #nuragici #archeologia

Creato il 16 giugno 2014 da Albertomax @albertomassazza

seapeoples65La questione dei cosiddetti Popoli del mare e della presenza tra essi di genti provenienti dalla Sardegna è stata abbondantemente trattata negli ultimi decenni, relativamente alla scarsità di testimonianze in grado di identificare con certezza le provenienze delle popolazioni che ne facevano parte. I popoli del mare, com’è noto, furono una coalizione eterogenea di genti che, dalle coste settentrionali del Mediterraneo orientale e occidentale, si riversarono tra il XIII e il XII secolo a.C. sulle più evolute civiltà della costa meridionale, mettendo a dura prova la tenuta dell’Egitto, assoggettando le città stato della regione Siro-Palestinese e facendo crollare l’Impero Hittita (la guerra di Troia cantata da Omero non sarebbe altro che la proiezione mitico-poetica dell’invasione delle coste anatoliche da parte di questa coalizione). La prima attestazione di un popolo facente parte della coalizione è forse riferibile all’obelisco di Biblo, datato ai primi secoli del II millennio a.C., nel quale si fa cenno a un certo Kukunnis figlio di Lukka, quest’ultimo messo in relazione con l’omonimo popolo citato nelle testimonianze egizie e siro-palestinesi dal XIV al XII secolo a.C., identificato ora con i Lici, ora con i Liguri. La presenza di antenati dei Popoli del mare in ambito medio-orientale, in tempi tanto remoti, aprirebbe a suggestioni affascinanti sull’identità degli Hyksos, popolo ad aristocrazia indoeuropea e base popolare mista che dalla seconda metà del XVIII secolo invase l’Egitto, assoggettandolo per circa due secoli.

Intorno alla metà del XIV secolo a.C., gli stessi Lukka compaiono nelle cosiddette Lettere di Amarna in compagnia di Danuna e Shardana. Si tratta della richiesta di aiuto inviata dal Re di Biblo al faraone Amenophi III o a suo figlio Amenophi IV (noto come Akenaton, il faraone eretico inventore del monoteismo), per la minaccia costante a cui era sottoposta la città da parte di soldati delle suddette etnie, forse mercenari al soldo di un non meglio specificato sovrano siriano. In particolare, vengono citati gli Shardana, alcuni dei quali uccisi nel tentativo d’assalto alle mura della città. Di questi misteriosi guerrieri, destinati ad egemonizzare le attenzioni di studiosi e appassionati sardi data l’evidente omonimia con il nome dell’isola, nelle Lettere di Amarna non si fa cenno alla loro provenienza. Così, per lungo tempo li si è associati alla capitale della Lidia, Sardi, senza tener conto che città e regno sorsero come conseguenza del crollo dell’impero Hittita, causato proprio dai Popoli del mare nel XII secolo, e raggiunsero l’apogeo nel VI secolo, ottocento anni dopo i fatti narrati nelle Lettere di Amarna! Tanto più che quando gli Shardana riappaiono alla ribalta della storia, stavolta per recitare da protagonisti per un secolo e mezzo, le fonti li indicano provenienti dal mare aperto (il gran verde), presumibilmente occidentale, circostanza che terrifica ulteriormente gli egiziani, dato che, per un popolo tanto devoto al culto del sole, l’occidente era il regno della morte. E’ il grande Ramsete II, il faraone più longevo (1276-1213 a.C.), a dover fronteggiare, già dai suoi primi anni di regno, le scorribande degli Shardana e dei loro alleati libici, nella zona ad occidente del delta. Impressionato dall’ardore bellico dei pirati sardi, il faraone, mostrando una volta di più la sua statura politica, li irreggimenta nella sua guardia personale, in particolare in una delle più importanti battaglie dell’antichità pre-classica, combattuta a Qadesh nel 1274 a.C. tra Ramsete II e l’imperatore Hittita Muwatalli II, conclusasi con un sostanziale pareggio.

Una prassi, questa dell’irreggimentazione degli Shardana come mercenari, destinata a durare anche tra i successori di Ramsete, Merenptah e Ramsete III, ma ciò non valse a scongiurare nuovi tentativi di invasione, in coalizioni sempre più allargate e con donne, vecchi, bambini, bestiame al seguito. Accanto agli Shardana, ai Libici e ai Lukka, comparvero, tra gli altri, gli Achei, i Siculi, i Teucri, i Tursa e i Pheluset, questi ultimi due legati ugualmente alla Sardegna. Prima di vedere come, una considerazione personale sulla provenienza degli Shardana: a mio parere, questo popolo appartiene alla grande calata indoeuropea verso il Mediterraneo avvenuta intorno al 2000 a.C., della quale facevano parte gli stessi Micenei , gli Hittiti e gli Hurriti; il suffisso dana richiama i danai (achei) e i Dardani (troiani, Hittiti) citati nelle opere omeriche, il mito di Danao, re della Libia e fratello del re dell’Egitto, e delle sue 50 figlie (in parte avute da Polisso, tenete a mente il nome!), erranti per sfuggire al matrimonio con i cugini egizi, ma anche toponimi come Danubio e Danimarca, oltre alla tribù israelita di Dan. Il loro arrivo in Sardegna è da datare all’inizio del II millennio a.C. e potrebbe essersi manifestato con la comparsa tardiva nell’isola, rispetto al continente europeo, del Vaso Campaniforme e con la cultura protonuragica di Bonnanaro.

Dicevo di altri due popoli in stretta relazione con la Sardegna. Dei Pheluset, i filistei della Bibbia, desta sorpresa come non siano mai stati associati, a parte un timido tentativo quasi 150 anni fa, alla città di Pelusio, sita ad oriente del delta e luogo fatidico nella storia dell’Egitto, in quanto teatro della battaglia che fece cadere la terra dei faraoni in mano persiana, nel VI secolo a.C., decretando la fine dell’indipendenza. Il nome Pelusio apre a diversi rimandi etimologici indoeuropei, tutti perfettamente calzanti: polis, palude, pelasgici. Da dove è spuntata questa città? La mia idea è che si sia sviluppata da un avamposto militare frequentato dagli Shardana e dai loro alleati come base per le loro scorribande; oppure, dato volontariamente dal faraone agli Shardana irreggimentati nel suo esercito, per difendere la zona nevralgica del delta dalle incursioni piratesche, i quali, una volta ricongiuntisi coi fratelli sardi,  decisero di risaltare il fosso. Nelle pitture dei templi ramessidi, i Pheluset si differenziano dagli Shardana esclusivamente per il caratteristico elmo piumato e per dei tratti egittizzanti; i due popoli condividono gli stessi episodi bellici, fianco a fianco, qualcosa di più di una semplice alleanza militare.

Restano i più misteriosi: i Tursha, o Teresh, o Tirseni, o Tirreni. Anche qui, una interpretazione viziata da un evidente anacronismo: i greci chiamavano Tirseni gli etruschi, ma il popolo italico si affacciò alla storia due secoli dopo lo scontro finale con Ramsete III. Poi, per gli stessi greci, la parola Tirseni, derivata dal suffisso protomediterraneo Turs (torre), significava “costruttori di torri”; e allora, chi più dei nuragici poteva ambire a un simile nome? Ma ho già detto che gli Shardana erano nuragici: e che è, abbiamo due popoli nuragici? E perché no? Non abbiamo forse due culture protonuragiche ben distinte? Dell’una, Bonnanaro, ho già detto; dell’altra, Monte Claro, più arcaica di qualche secolo, concedetimi di azzardare un’associazione con i veri ideatori della tipologia nuragica, i Tursi, dominatori dei mari e della fusione del bronzo, esperti mercanti, pastori e all’occorrenza guerrieri, costretti alla subalternità dalla superiorità militare e numerica  degli Shardana e a costruire le loro regge. Ma da dove saltano fuori questi Tursi? Le raffigurazioni e le notizie egizie sono decisamente più scarne di quelle dei loro alleati, ma se diamo per buona l’identificazione con la figura centrale della copertina di quest’articolo, salta subito agli occhi la differenza fisionomica con gli altri popoli del mare, tutti rapportabili a caratteristiche indoeuropee o semitiche. I Teresh-Tursi appaiono piuttosto di origine indo-etiopica, con evidenti ascendenze culturali mesopotamiche, come confermano alcuni bronzetti nuragici come il seguente, erroneamente identificato come Shardana.

tursha
E allora, perchè non cedere alla suggestione degli Jam, il popolo di navigatori, mercanti, pastori e guerrieri che ha lasciato centinaia di costruzioni simili a protonuraghi lungo la costa meridionale dell’Arabia, negli odierni Yemen e Oman (toponimi derivanti entrambi dal nome del popolo). Dopo essersi arricchiti grazie alla loro posizione strategica di cerniera tra Egitto, Mesopotamia e Valle dell’Indo, abbandonarono i loro territori intorno alla metà del III millennio a.C., forse sotto la pressione degli egizi, intenzionati ad impadronirsi delle loro miniere di rame. Risalendo il corso del Tigri o dell’Eufrate, arrivarono nelle coste del Mediterraneo sud-orientale, in una migrazione del tutto simile a quella di Abramo e di suo padre Thera (vi dice qualcosa questo nome?). Da qui, si spostarono nel Mediterraneo occidentale, in cerca di zone meno concorrenziali per i loro traffici. La Ziqqurat di Monte d’Accoddi potrebbe essere l’atto votivo di ringraziamento per l’avvenuto approdo nella terra promessa e per l’alleanza sancita con le popolazioni già presenti in Sardegna. Con la fine dell’apogeo nuragico, i Tursha si sarebbero stabiliti sulle coste dell’Italia centrale, dando vita, con le popolazioni villanoviane presenti in quei territori, alla civiltà etrusca.



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