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Parole, parole parole... non soltanto parole.
La sceneggiatura di Osange County (adatta dallo stesso Tracy Letts dalla sua opera teatrale) si compone principalmente di dialoghi a due, di lotte verbali senza un vero vincitore.
Parole dette con rabbia, parole urlate, parole gridate, parole che svelano verità, che rompono un'armonia precaria, una verità che ferisce, che non aiuta e che viene usata come strumento per ferire e sobillare.
Parole che dentro la bocca (non a casa affetta da tumore) di Violet sono vere e proprie armi, che lei senza remore scaglia contro le sue tre figlie, tornate nella casa natale dopo la scomparsa momentanea e poi definitiva del padre.
La riunione famigliare che fin dal suo inizio ha l'aspetto di una bomba carica che sta per esplodere, mette finalmente assieme tutte le donne di una famiglia per nulla unità e per nulla felice: Barbara, la figlia maggiore, con un matrimonio in pausa e una figlia adolescente nella fase dell'autodistruzione, Ivy, sacrificatasi per anni accanto alla madre e ora (forse) pronta all'amore, Caren svampita ed effimera, come l'uomo che la accompagna e Mattie Fae loro zia e sorella di Violet, con cui ha condiviso l'infanzia di privazioni e meschinità, e che come lei non risparmia al figlio pesanti rimproveri e sberleffi.
Bene, mettete queste 6 personalità a tavola e quello che avrete, in pochi minuti, sarà un'esplosione di ira, di urla e di verità buttate in faccia con tanta di quella rabbia da far tremare.
Chi si aspettava da Julia Roberts e Meryl Streep una classica commedia dei sentimenti famigliari rimarrà alquanto deluso ma allo stesso tempo sorpreso, trovandosi davanti, invece, un film classico, di quelli ad impianto solido, che di famiglia parla, ma di tutti quei veleni, quei risentimenti che con il tempo e con la mancanza d'amore crescono senza mai smettere di germogliare.
Non si stupisce infatti a vedere in Barbara i primi segni di cattiveria gratuita della madre, così come tutto si comprende dagli stralci di racconto che Violet fa della sua stessa madre, causa primaria (forse) di anni di abuso di pillole e scatti d'ira.
Gli uomini in questa vicenda sono così solo un contorno, troppo deboli, o troppo anestetizzati per far fronte alle urla, o pronti a tirarsi indietro prima dell'inevitabile fine.
Vista la profusione di parole qui espresse (pari -ma non a temi- a quelle delle Gilmore Girls), va' da sé che il vero merito per un film così riuscito sta tutto in Tracy Letts, sceneggiatore già apprezzatissimo per il culto Killer Joe. Ma non di meno è JohnWells che con una regia asciutta che spesso si sofferma su quell'Oklahoma torrido che fa da sfondo, traduce in immagini sapienti queste parole.
Capitolo a parte, ovviamente, spetta agli attori, impegnati ognuno a dare il meglio di sé, con la Streep che si rende sempre più odiosa con la sua perfezione e la fisicità uniche, con la Roberts nuovamente sdoganata dalle commediole e ancora in forma, più comprimari eccellenti come Ewan McGregor, Juliette Lewis, Benedict Cumberbatch e un'incredibilmente cresciuta Abigail Breslin, sì, proprio lei, Little Miss Sunshine!
Osage County accantonato ogni dubbio, è così ineccepibile sotto molti punti di vista, con colpi di scena calibrati al momento giusto, e un finale sospeso (forse fin troppo) in cui non si sa che speranze riporre.
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