Magazine Informazione regionale

I soci della Cantina Settesoli: “Il nostro obiettivo è vendere prodotti migliori”

Creato il 09 settembre 2013 da Comunalimenfi
Vineyard tour 2013

Menfi. I soci della Cantina Settesoli: «La Sicilia ha un grandissimo appeal: il nostro obiettivo è vendere prodotti migliori anche se in minore quantità».

Una scelta di cuore e di testa. Ignazio Luigi Botta, 21 anni, studente in Agraria, ogni volta che torna nella sua città, a Menfi, si ferma a guardare il panorama delle vigne che si tuffano nel mare.

«Penso che l’agricoltura sia uno dei lavori del futuro, perché non è solo un’attività primaria, è anche alimentazione, è conservazione del territorio, è amore per la natura ed è anche guadagno, mentre altri settori oggi sono in declino. Certo, ci vuole passione, amore per le piante, per l’ambiente e non tutti hanno questa inclinazione».

Un amore che va dalla concimazione fino alla raccolta dei frutti. «Per me – racconta – ogni fase del lavoro sulla pianta è come prendersi cura di una vita. Alla fine, è come se avessi contribuito, con il mio impegno, a coltivare non solo l’uva, ma anche quella bellezza interiore che sento ogni volta che metto piede nel vigneto. Non so se rendo l’idea».

Rende l’idea benissimo, Luigi, strappato per una chiacchierata sotto un pino, al lavoro sui filari di Chardonnay, due ettari già appartenuti al nonno in contrada Finocchio, a Menfi, è uno dei tanti ragazzi siciliani che hanno deciso di non andare all’estero per lavorare, ma di legare il proprio futuro al territorio. Un esempio di quelle nuove generazioni riportate con i piedi (e le mani) per terra, nel senso letterale del termine, che hanno visto nel ritorno all’agricoltura la nuova possibilità per lo sviluppo economico della Sicilia.

E qui, a Menfi, terra di vino, patria della più grande realtà cooperativa di viticoltori siciliani, la Cantina Settesoli, con i suoi 2.377 soci e un fatturato annuo che sfiora i 50 milioni (e i quasi 20 reinvestiti sul territorio), parlare di un futuro in agricoltura non solo è possibile ma anche realizzabile.

Lillo Mistretta, 47 anni, e Giuseppe Piazza, 44 anni, soci, figli di soci, ne sono la dimostrazione.

«Ci stiamo orientando – afferma Mistretta – verso mercati internazionali nuovi come Brasile, India e Cina. La crisi, mi dispiace dirlo, c’è, ma a questi livelli solo in Italia, non nel mondo. Certi produttori l’hanno capito prima, noi ci stiamo arrivando. Abbiamo scalzato gli australiani e i californiani da certi mercati, la Sicilia ha un grandissimo appeal all’estero. E’ vero che il consumo del vino statisticamente è calato, ma si consuma vino di qualità. Il nostro obiettivo è vendere prodotti di qualità a prezzo più alto, anche se in minor quantità».

Per i vini in Sicilia si è passati dalla moda all’elevata qualità.

Ma il boom del vino siciliano, regge ancora? «Si sta modificando – prosegue -: la moda è servita a far conoscere la Sicilia e i suoi vini, fino a 15 anni fa dei fantasmi. Oggi la moda è passata, soldi in tasca non ce ne sono più ed è rimasta la sostanza, vale a dire la competenza e la qualità. Chi ce le ha, resta sul mercato, chi qualche anno fa si era messo a fare vino dall’oggi al domani per investire non c’è più, tante piccole aziende si sono dissolte. Adesso, però, dobbiamo riuscire a costruire un sistema di produzione che valorizzi la qualità delle nostre uve».

La sfida ora è conquistare nuovi mercati esteri.

«Prima – conferma Giuseppe Piazza – su ogni ettaro c’erano 2800-3000 piante e si tendeva più a spingere il vigneto sulla quantità. Adesso abbiamo aumentato la densità per ettaro – 4000-4500 piante – diminuendo la produzione per pianta che, al massimo, fa un chilo e mezzo due chili di uva. Il risultato della produzione totale è lo stesso, ma la pianta ci consegna un elevato livello di qualità. Io so cosa vuol dire questo cambio di passo».

E, in effetti, il “messaggio” della qualità deve essere “passato “. Lo dimostrano i quasi 5.000 visitatori che hanno preso d’assalto Menfi per il “Vineyard 2013″ l’unico tour in Sicilia interamente dedicato al vino che si è concluso proprio ieri e che ha portato i winelowers di ogni parte d’Italia e non solo, in giro per case di campagna e cantine. La frammentazione del territorio, la realtà di piccoli coltivatori avrebbe potuto essere un handicap e, invece, vedere i turisti del vino fare la spola tra una casa rurale e l’altra, tra un vigneto e l’altro, assaggiare i piatti della tradizione contadina delle signore della “Brigata di cucina Mandrarossa”, degustare i vini ad ogni angolo, è stata la scommessa (vinta) dagli organizzatori, a partire dal presidente di Cantine Settesoli, Vito Varvaro, manager del marketing “prestato” alla viticoltura con il pallino di riportare i giovani al territorio.

«Essendo una cooperativa non abbiamo un sito che ci identifica – spiega Mistretta – mentre la cantina Antinori o Villa Banfi, tanto per fare esempi illustri, oltre la cantina hanno il casale antico, tutte cose che costituiscono una forte attrattiva. Però noi abbiamo un vantaggio: a noi ci rappresenta l’intero territorio. E’ questa la nostra forza: la cultura dell’accoglienza».

Carmen Greco LaSicilia


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :