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I trentenni di oggi: ecco che fine ha fatto la (nuova) “generazione 1000 euro”

Creato il 10 marzo 2016 da Marianocervone @marianocervone

generazione 1000 euro trentenni - internettuale

Cresciuta tra anime giapponesi e serial americani, la generazione nata a metà degli anni ’80 rappresenta i trentenni spaesati di oggi che non sanno quale strada prendere. Convinti di poter diventare qualsiasi cosa, si sono inconsapevolmente trasformati in un esercito di studenti universitari, figli di un’altra generazione cui quel diritto allo studio era stato negato, e adesso sono fuori corso ingabbiati in Facoltà spesso organizzate male, per ricevere un titolo che potrà al massimo arredare casa come un complemento IKEA.

Social media manager, PR, fotografi. I fortunati si cimentano in professioni improvvisate, seguendo l’andazzo di un mercato, quello del lavoro, saturo e traballante, alla perenne ricerca di nuove figure e un modo per reintegrare chi negli anni è stato rimpiazzato da un automatismo informatico-virtuale.

Si impara l’arte del sopravvivere senza troppe prospettive e possibilità. Tra questi una piccola élite di blogger, youtubers e instagrammers che, con fortuna, abilità e qualche “spintarella”, è riuscita a crearsi una attività in rete che, cavalcando l’onda del successo “social”, ha saputo trasformare in professione cinematografica, televisiva, editoriale: Willwoosh, Francesco Sole, Chiara Ferragni sono soltanto alcuni di questa cerchia di personaggi che hanno saputo attrarre l’attenzione della gente e dei media e fare dei loro contenuti veri e propri punti di riferimento per ridere, per motivarsi, per seguire la moda e le tendenze del momento.

Ma la maggior parte invece finisce, a dispetto di lauree, capacità e titoli di studio, per arrabattarsi facendo i camerieri, i baristi o finendo a servire panini nei fast food. Chi proprio non vuole arrendersi è costretto a fuggire: Germania, come i propri nonni e padri tra gli anni ’70 e ’80, ma, soprattutto, Inghilterra. È questa la nuova “terra promessa” degli italiani, dove spiaggiarsi come immigrati clandestini in cerca di dignità. Abbandonando case, famiglie, affetti, alla disperata ricerca di quelle opportunità che l’Italia proprio non riesce ad offrire.

Cervelli in fuga o manodopera sottopagata. È questo il binomio che caratterizza le due facce di una generazione senza futuro, certo, ma anche senza presente, imprigionata controvoglia in un limbo di eterni teenagers con i soldi in tasca che mamma e papà, mortificati, provano a dare incoraggiandoli a crederci ancora.

Derisi da un governo che dovrebbe concretamente pensare al futuro dei suoi cittadini, i giovani sono bollati come “Bamboccioni”, “Choosy”, “vigliacchi che fuggono”. I politici italiani, tra il faceto e l’ingiuria, giustificano così l’inefficacia del governo, mettendo un’etichetta sulla loro incapacità di operare concretamente contro una crisi che costringe spesso i (non più) ragazzi a vivere ancora a carico delle famiglie, sentendosi un peso e un senso di frustrazione, impotenti dinanzi all’impossibilità di interrompere un circolo vizioso senza soluzione di continuità, che li porterà ad arrendersi o partire.

Gli intraprendenti provano a mettere in pratica ciò che per anni hanno imparato su quei computer che si diffondevano a metà degli anni ’90, improvvisandosi professionisti provetti dei settori più disparati: grafici, fotografi, addetti stampa. Software, macchine semi-professionali e internet spesso consentono di raggiungere un buon livello, o quantomeno passabile, per una manciata di euro fino al prossimo lavoro occasionale, ledendo di fatto anche quella categoria di liberi professionisti che vede decrescere le commissioni per una manciata di spiccioli, con grande svalutazione economica del proprio operato.

Spulciare giornali e siti di job hunting si trasforma essa stessa in un vero e proprio lavoro. Consegnare curriculum a mano, elemosinando un posto, diventa inutile, l’immissione infatti si fa sempre più on-line, e inviare lettere di presentazione, PDF e mail è come lanciare una sonda spaziale nell’universo sperando che giunga a destinazione.

Grazie al “Progetto Giovani” il Governo Renzi ha sì fatto incrementare le assunzioni degli under 29, ma senza una reale garanzia sul futuro, danneggiando chi decide di farsi letteralmente sottopagare legalmente, lavorando ben oltre l’orario stabilito, e al contempo quei trentenni rimasti fuori da una fetta di mercato del lavoro, benché di fatto lavoro “nero”.

Generazione 1000 euro la chiamava Massimo Venier nel suo film omonimo del 2009, ritrovando in quella somma il massimo cui i giovani potevano ambire fino a qualche anno fa. Ma, tra crisi finanziaria e riduzioni dell’organico, anche quella cifra diventa un traguardo irraggiungibile, finendo, sempre più spesso, per lavorare per meno di 500 euro al mese tutto il giorno in un call center.

Diminuiscono le nascite e diventano più sporadici i matrimoni. Anche i sentimenti e la voglia di genitorialità sono provati dal caro fitti e mutui, che riducono i conviventi a coinquilini che si dividono le spese per andare avanti, o a restare eterni fidanzatini.

Il posto fisso è ormai un’utopia di pochi, e anche sottoporre la propria domanda di assunzione presso aziende pubbliche è come intraprendere un inutile iter di cui non si comprendono i criteri di valutazione, con bandi truccati e raccomandazioni dei soliti noti che scoraggiano persino il più meritevole, che, inesorabilmente, prepara le valigie sperando di trovare altrove ciò che qui gli è stato negato.

Insomma nel nuovo millennio persino fare il commesso da Feltrinelli si è trasformato in una vera e propria posizione cui ambire come anni fa lo era il posto in banca: sogni che cambiano di una generazione, tutta italiana, completamente alla deriva.


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