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Idee di democrazia partecipativa

Creato il 08 novembre 2013 da Webnewsman @lenews1
Idee di democrazia partecipativa

Il mondo è notevolmente cambiato da almeno vent’anni. In realtà, continui ed importanti mutamenti non hanno mai smesso di susseguirsi nella storia, tracciando così,   il progresso sociale ed umano.

Lo sviluppo tecnologico che ha accompagnato gli ultimi decenni è stato tuttavia unico, per estensione e per contenuti.

La rete è oggi la forma di comunicazione e di condivisione di idee più diffusa nel mondo proprio per la capacità di condivisione globale che sa garantire.

Un primo approccio teso alla riaffermazione dell’idea di educazione potrebbe consistere nell’utilizzare la rete come strumento di scambio di idee e di progetti tra le famiglie e gli istituti educativi condividendo, poi, con altre famiglie ed altri istituti educativi le opinioni ed i progetti che ne emergono.

E’ straordinario constatare come gli strumenti tecnologici di questa fase storica siano in grado di funzionare da collante per il recupero di valori antichi o, se si vuole, di quei principi che richiamano l’importanza dell’idea di comunità solidale aggregata.

Rafforzare la conoscenza diretta delle problematiche di interesse generale significa estendere il potere ( ed il diritto )  di partecipazione collettiva  anche sotto forma di comunità spontanee che operino nella rete creando vere e proprie figure professionali deputate alla costituzione ed al coordinamento per la raccolta dei pareri e la formulazione delle decisioni.

Ad oggi, un limite piuttosto intenso è rappresentato dai forum telematici di discussione non in grado di tradurre il materiale raccolto in un’ organica decisione collettiva da trasmettere successivamente alle istituzioni.

Il caso dell’Islanda merita, certamente, un’attenzione particolare. Si è parlato di quella islandese come la prima costituzione in Crowdsourcing. Questa attenzione non deriva certamente dal percorso referendario quanto, tuttavia, dalla scelta dei quesiti referendari che hanno avuto esito positivo coinvolgendo su  questioni fondamentali quali il rapporto tra Stato e Chiesa, il rapporto tra pubblico e privato nell’economia, la rappresentanza,  i cittadini.

E’ pur vero che l’Islanda è un paese con poco più di 320.000 abitanti. L’esiguo numero dei suoi cittadini pesa sulla scelta del coinvolgimento dei medesimi nel disegno costituzionale. Ma è un precedente che se in qualche modo fosse estensibile ad una platea decisamente più vasta porrebbe una serie di interrogativi sul mantenimento dell’attuale sistema rappresentativo.

Non credo che abbia rilievo la quantità di argomenti o materie  rimessi al cittadino per misurare in un paese  il grado di diffusione della democrazia partecipata, quanto piuttosto la qualità e l’importanza degli argomenti. Ed il sopracitato caso islandese è in ciò esemplare. Su tutti, infatti, temi inerenti il rapporto Stato – Chiesa o la gestione dell’economia attraverso la compresenza del privato e del pubblico possono considerarsi strategici nel disegno delle politiche economie ed industriali così come nella soluzione di importanti questioni etiche.

Non vi è dubbio che in un prossimo futuro un coinvolgimento più sensibile della collettività sarà decisivo per attuare le riforme. E la rete avrà il compito di promuovere la e – democracy.

Sin dall’inizio degli anni ‘90 sono stati portati avanti interessanti esperimenti online che hanno riguardato sia la pubblica amministrazione, con l’obiettivo di rendere più trasparente e attivo il rapporto con il cittadino, sia progetti spontanei, nati grazie all’impulso dato da blog e social network alla formazione di discussioni in Rete.

Basti citare Epracice, il portale per le comunità professionali creato dalla Commissione Europea e Voice, progetto europeo per raccogliere le opinioni dei cittadini dell’Unione in merito ad alcuni temi di interesse comunitario.

Tra i primi, pionieristici tentativi, va ricordato il caso di Iperbole, una fra le prime Reti Civiche promosse da una pubblica amministrazione in Europa e nata a Bologna nel 1995. Finalizzata alla diffusione e all’utilizzo delle nuove tecnologie al servizio dei cittadini, è divenuta negli anni uno strumento importante di discussione e valorizzazione del territorio locale

Stati Uniti e Brasile, invece, sono due tra i paesi più all’avanguardia per quanto riguarda il sistema di votazione online, sperimentate per aumentare la partecipazione civica soprattutto tra i giovani.

L’Italia, probabilmente più indietro rispetto ad altre realtà, ha comunque al proprio interno realtà locali in grado di utilizzare creatività e competenze per stimolare la nascita di comunità di discussione virtuale.

Nel Venezuela guidato dall’allora presidente  Hugo Chavez Frias il modello della democrazia partecipativa era molto sentito poiché tra le novità dell’azione di governo vi era la sottoposizione a giudizio popolare del  il piano politico 2013 – 2019. Decisione, questa, non di poco conto solo se si considera quale importanza possa avere il giudizio dei cittadini su di un atto cardine del programma dell’esecutivo.

Per garantire la massima partecipazione era stato previsto un sistema di raccolta delle idee su base collettiva che garantiva i punti rossi del Psuv Partito socialista, la collocazione di buche postali “pensa per la patria” negli uffici postali dei 23 stati del paese e una serie di assemblee popolari organizzate nel territorio.

E’ importante notare come il coinvolgimento dei cittadini riguardava non solo la politica interna ma anche altre importanti questione che vedevano al centro del dibattito la discussione sull’egemonia paralizzante del capitalismo e le disuguaglianze dilaganti su scala mondiale.

Ripensare in questa direzione il modo di far politica significa anche incentivare la creazione di nuovi posti di lavoro. Organizzare la rete così come allestire centri di dibattito potrebbe rappresentare la possibilità per creare nuove figure professionali in grado di intermediare tra la classe politica ed i cittadini.

La politica dovrà infatti seriamente ripensare non solo la possibilità di tornare a formare dirigenti politici in apposite scuole o accademie ma anche organizzare su scala nazionale ed internazionale la collaborazione tra i cittadini e le classi dirigenti se si vorranno veramente affrontare le sfide globali attraverso un Europa che sia una vera confederazione di stati, sotto il profilo politico ed economico.

Cristian Curella

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