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IERI ACCADDE: Quando storia e politica diventano alta strategia aziendale

Creato il 09 marzo 2012 da Sirinon @etpbooks

Che i Turchi siano stati grandi protagonisti della storia nessuno può metterlo in dubbio. Tra le caratteristiche che ne hanno fatto dei conquistatori e degli abili governanti non mancava senza dubbio né l’astuzia, né il fine gusto per la politica e per i suoi mille giochi ed intrighi. Figli naturali delle popolazioni che giunsero con Gengis Khan unitamente agli antichi popoli abitanti la Persia, si sono sempre mostrati popolo coriaceo, capace di sopravvivere in condizioni estreme, popolo feroce anche ma, soprattutto, capace di adattare la propria intelligenza al mutare degli eventi.  turchia2Su tutti sia dirimente l’esempio del grande padre della moderna Turchia, quell’Ataturk che nell’arco di un ventennio, mentre altri ventenni d’italica memoria distruggevano, creava, con metodi probabilmente non meno draconiani e con complicità di fatti che la storia ha posto quanto meno tra i molto discutibili, le basi per quello stato che oggi vediamo. Uno stato dove ancora una volta il fine esercizio della politica si coniuga con il persistente non completo godimento di diritti, con una economia che potrebbe non essere in grado di gestire la continua crescita demografica in un futuro prossimo, ma che ha ritmi di crescita folli se paragonata a quella europea. In ogni caso un merito va loro indiscutibilmente riconosciuto, ovvero, di saper condurre con polso fermo e, nel contempo, con rara e fine maestria la politica internazionale .

Stavolta due sono gli eventi, accaduti proprio ieri.

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Giornata particolare ieri per quella ricorrenza che tutti conosciamo ma che ricordo unicamente per dovere di cronaca. Ebbene ieri il parlamento turco ha votato una più dura legge contro la violenza sulle donne. Violenza molto radicata nelle abitudini familiari, connivente così com’è da secoli, con certe interpretazioni della legge coranica quantunque molti studiosi ne abbiano più volte messo in dubbio la veridicità. Violenza che indistintamente, nell’ultramoderna Istanbul così come nelle campagne, presenta ancora oggi delle percentuali altissime, intorno al 50% con, inoltre, un numero di uxoricidi, sempre interni alla cerchia familiare, operati da parenti di mariti in qualche modo “disonorati”, se non dagli stessi, che si aggira intorno ai 1.000 (mille!!!) all’anno. Senza contare che di tali violenze familiari, il cui numero è senza dubbio fuori da ogni occidentale (e qui ben a ragione possiamo dire: civile) comprensione, sempre fonti governative dichiarano che viene denunciato solo nella misura dell’8%.

Ebbene, con evidente soddisfazione, visto il giorno prescelto, ad hoc questa legge viene approvata dal Parlamento turco in data 8 marzo 2012. Legge severa come lo sono un poco tutte da quelle parti, giuste o meno che siano. Legge che prevede braccialetti elettronici per i violenti, pesantissime sanzioni, servizi per aiutare la denuncia delle donne e così via. Probabilmente ad uno stato non si poteva chiedere di più, anche se ciò non sarà sufficiente perché quella che va scardinata è una abitudine millenaria e, specie nelle lontane e semidesertiche province dell’interno, prima di sentirne gli effetti, occorrerà non poco tempo, inutile illudersi. Certo che il risultato in termini di immagine è stato grandioso. Ma questo è solo l’ultimo fiore all’occhiello di una gestione politica che sta promuovendo, in campo internazionale, una campagna fatta di colpi di scena, di meraviglie tali da suscitare una bella invidia a molta Europa, che fa la vecchia signora schizzinosa nell’accettare o meno la domanda del turco ingresso, proprio in virtù di quei diritti umani che ancora non sono in certo qual modo degni dello standard nostro casalingo, pur avendo la stessa Europa (che in ogni caso in tema di diritti tipo quello al lavoro o alla salute o al futuro sta non poco arrancando), bisogno di un partner strategico in buona salute, a salvaguardia di un Mediterraneo sempre più difficile da gestire, oltre che a guardia di una possibile minaccia orientale  (Iran) che, nel caso, non potrebbe certo fronteggiare la scheletrica Grecia anzi, Troikaland, così come ribattezzata dal 22 febbraio u.s. (leggi pure qui per seguirne la genesi). Non se ne fa menzione ufficiale questo è certo, ma è indubbia la soddisfazione turca per tale situazione anche perché la disfatta della storica rivale ha più che altro messo a disposizione un più ampio palcoscenico per l’espansione commerciale e, perché no, anche quella turistica per la bontà dei servizi e l’offerta sia di luoghi naturali e la ricchezza della storia che nulla hanno da invidiare alla vecchia Grecia. E mentre dunque in Troikaland si pensa - ahimé - di noleggiare o dare in gestione ad altri persino il Partenone (o ciò che ne rimane per gli anni di incuria), ecco che, sempre ieri, la Turchia annuncia in grande pompa che a Patara, nel sud, è stato completato il restauro del parlamento della Lega Licea.

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Per chi non lo sapesse, trattasi del più antico parlamento federale che la storia antica ci abbia trasmesso. Così, in un colpo solo, la paternità della democrazia, l’attenzione ed il rispetto per l’antichità vengono di fatto a spostarsi in Turchia anche se, Omero in testa a tutti, già al tempo ebbe a precisare che i Lici, abitanti quelle zone, erano provenienti presumibilmente dall’isola di Creta, fulcro della civiltà minoica e dunque, popolazione greca, anche se in verità le poche testimonianze scritte pervenute mostrano un alfabeto di origine anatolica e quindi più facilmente da attribuirsi a popolazioni Hittite e Persiane che, non a caso poi, parteciperanno a fianco di Serse all’invasione della Grecia. Ma, tant’è, la storia non è certa ed in ogni caso … siamo in Turchia. E sono stati il governo e l’Università turca (quella di Antalya nella fattispecie) coloro che hanno provveduto. Il più antico parlamento del mondo, almeno nel bacino europeo è quello di Patara dunque, parlamento che anche in tempi a noi più prossimi venne esaltato e riconosciuto come emblema di stato democratico addirittura da Montesquieu, che la portava ad esempio. Così infatti si esprimeva nel suo “De l’esprit des lois”: “…LIVRE 9, CHAPITRE III. 
AUTRES CHOSES REQUISES DANS LA RÉPUBLIQUE 
FÉDÉRATIVE. Dans la république de Hollande, une province ne peut faire une alliance sans le consentement des autre. Cette loi est très bonne, et même nécessaire dans la république fédérative. Elle manque dans la constitution germanique, où elle préviendroit les malheurs qui y peuvent arriver à tous les membres, par l’imprudence, l’ambition, ou l’avarice d’un seul. Une république qui s’est unie par une confédération politique s’est donnée entière, et n’a plus rien à donner. Il est difficile que les États qui s’associent soient de même grandeur, et aient une puissance égale. La république des Lyciens étoit une association de vingt-trois villes; les grandes avoient trois voix dans le conseil commun ; les médiocres, deux ; les petites, une. La république de Hollande est composée de sept provinces, grandes ou petites, qui ont chacune une voix. Les villes de Lycie payoient les charges selon, la proportion des suffrages. Les provinces de Hollande ne peuvent suivre cette proportion ; il faut qu’elles suivent celle de leur puissance. En Lycie les juges et les magistrats des villes étoient élus par le conseil commun, et selon la proportion que nous avons dite. Dans la république de Hollande, ils ne sont point élus par le conseil commun, et chaque ville nomme ses magistrats. S’il falloit donner un modèle d’une belle république fédérative, je prendrois la république de Lycie…”. “… Libro nono, Capitolo III: Altre condizioni sono richieste per la costituzione di un repubblica federale. Nella repubblica Olandese una provincia non può costituire un’alleanza senza il consenso delle altre. Questa legge è molto buona oltre che necessaria in una Repubblica federale. Manca ad esempio nella costituzione tedesca anche se sarebbe capace di prevenire le difficoltà che potrebbero insorgere a ciascun membro per l’imprudenza, l’ambizione o l’avarizia di uno solo di essi. Una repubblica che è nata da una confederazione politica si concede alla confederazione senza riserva alcuna. E’ difficile che gli stati che si associano siano della stessa grandezza ed abbiano la stessa potenza. La Repubblica dei Lici era una associazione di ventitre città: le più grandi avevano tre rappresentanti nel consiglio comune; le mediocri due rappresentanti e le piccole uno. La Repubblica olandese è composta da sette province, grandi e piccole e ciascuna di esse ha un rappresentante. Le città della Licia pagavano un tributo proporzionale alla loro presenza nel parlamento. Le province olandesi non possono seguire una regola proporzionale, bisogna che seguano quella della loro potenza e ricchezza. In Licia i giudici ed i magistrati delle città erano eletti da un consiglio comune e secondo la proporzione detta. Nella Repubblica olandese essi non possono essere eletti dal consiglio comune e ciascuna città nomina i propri. Se occorresse presentare un modello di bella Repubblica Federale, io prenderei la Repubblica di Licia …..” (sono stati trovati tra alcuni antichi documenti a Washington degli appunti sulla Licia che non sembravano ad una prima lettura se non delle note a queste parole di Montesquieu. Ciò che è curioso è che fra tutte le antiche Repubbliche federali quella di Licia è quella che più assomiglia a quella degli Stati Uniti).

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Che colpo! Non hanno ancora tuttavia, in quel di Turchia, e qui mi permettano una bella tirata d’orecchie, capito che internet non è buona solo per essere oscurata o spiata in funzione “difensiva” e di fatto antilibertaria, ma è veicolo che andrebbe maggiormente usato per promuovere eventi come questo, tanto più se si vuole, giustamente tra l’altro, mostrare al mondo che si sanno fare cose non solo buone ma ottime, ottenendo inoltre lo scopo - peraltro già perseguito con altri mezzi - di distogliere l’attenzione su quell'ancora un poco discutibile democraticità che è diffusa nel paese. E come se non bastasse, in barba appunto a certa offuscata democraticità proprio di due giorni fa è l’appello del rieletto presidente turco Erdogan, affinché si apra un corridoio umanitario con la Siria, caldeggiando un intervento che dia ampia risonanza in sede internazionale, ma a patto che lo stesso sia tuttavia limitato ai paesi confinanti, escludendo interventi della Nato o dell’ONU … non si sa mai dove si andrà a finire nei prossimi anni ed è bene non avere presenze che potrebbero risultare scomode o che, comunque, oggi costituirebbero un precedente nella zona, come già lo è stato in Libia, dal governo di Ankara tutt’altro che gradito. La Turchia è oggi paese ricco rispetto alla media europea, con un PIL, tanto per contentare gli economisti che, seppur rivisto al ribasso, nel 2012 dovrebbe portare un incremento positivo - è scritto bene: positivo! - di circa il 6-7% rispetto all’anno precedente (che già era stato del 12%!) e che si pone inoltre all’avanguardia tra i paesi che mostrano attenzione all’ambiente, commissionando, con altra mossa politicamente esemplare, alla Russia, la realizzazione di una centrale nucleare di quelle ultimo tipo, “catalizzata” mi verrebbe da dire, ovvero a combustibile misto e ad acqua leggera, che offrono il minimo rischio, quanto meno in base alle conoscenze attuali, per inquinamento e danni collaterali (se escludiamo il fatto che da sempre l’interno della Turchia è zona ad altissimo rischio sismico .. ma questa è un’altra storia sulla quale il Giappone ci ha già ampiamente mostrato tutto il mostrabile, nel senso che se accedessero cose peggiori non saremmo probabilmente a raccontarsele). D’altronde, pur essendo tutti amici, la questione dell’indipendenza energetica è fondamentale per ogni paese e con i tempi d’oggi, meglio far da sé che ritrovarsi con le condotte del gas tagliate o l’oleodotto seccato.

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Ebbene tutto quanto sopra non vuole dimostrare niente di particolare se non darvene notizia e notare  come la politica  possa asservire all’immagine di un paese, sia provvedendo a tenere su un secondo piano certe defaillance interne, sia a mostrare, non con le parole, ma con i fatti, come possa esserci lucidità nei programmi, lungimiranza e capacità di cogliere il significato di provvedimenti ed azioni che portino consenso in sede internazionale (chi si rifiuta di applaudire la legge di ieri contro la violenza sulle donne anche se, come ho detto, occorreranno generazioni per cambiare le millenarie consuetudini? chi obietta sul restauro di Patara?). In campo culturale ad esempio da alcuni anni a questa parte la non molto popolare Turchia sta proponendo ad un ritmo frenetico eventi su eventi il cui respiro ed importanza niente ha oramai più da invidiare alle sedi storiche europee. Ma poco se ne sa e l’ostacolo ovviamente è politico e mediatico per una certa decisione pro o contro l’occidente che questo paese, molto enigmaticamente quanto volutamente non vuole prendere, forte della sua buona salute economica e refrattaria ad avere lacci che possano compromettere la libertà d’azione, specie sul versante della gestione interna, anche se non potrà all’infinito tenere questa posizione di “desiderata”. In ogni caso, in un momento in cui i governi nostrani non stanno che pensando ad altro se non a contenere i disastri per i quali li abbiamo autorizzati, eletti e mantenuti in carica, … Chapeau! E’ un paese questo che riserverà sorprese nel futuro. Ha solo - e lo dico un poco beffardamente in verità - un tratto comune all’unica potenza europea rimasta. Sono un popolo molto nazionalista ed abituato ad obbedire, anche se magari talvolta più costretto da una legge che viene, giusta o meno che sia, fatta rispettare con la frusta. Non a caso la più grande comunità straniera in Germania è proprio quella turca, comunità che, fatti salvi sporadici episodi ha saputo ben integrarsi, accettando quel rigore che già, seppur con molta meno soddisfazione, aveva imparato a sopportare in casa propria. Ma ciò  sia accolto come una nota antropologicamente positiva,  di fatto come un esempio di integrazione, senza necessità di velarla di inutili dietrologie, ma prendendone atto, semplicemente, così come, si prenda atto che io, in fondo, preferisco  il disordine mio. Ma se è giusto dare a Cesare ciò che è di Cesare è anche giusto riconoscere a Solimano ciò che è di Solimano. Inshallah.

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