Magazine Psicologia

Il ’68 de L’Espresso come fonte antropologica

Da Davide

Mi capita spesso di passare ore a cercare materiale che possa fornire strumenti concettuali utile per comprendere, in chiave antropologica, la nostra società.

Mi interessa una prospettiva pubblica, applicata e non accademica e, pertanto, le ricerche sono spesso deludenti. Trovo si libri di applied anthropology americani e inglesi, qualche articolo prodotto in Italia dal titolo e contenuto piuttosto vago, diversi blog interessanti ma poco organici…un pò frustrante come esperienza

Ciò che ho notato però mettendo insieme questi diversi materiali e vedendo le tendenze che propondono anche come settori di ricerca in antropologia pubblica (conflittualità sociale, antropologia dello sviluppo, potere e conoscenza, ecc) è che, a voler ricostruire con un pò di pazienza le origini dei discorsi che oggi costituiscono l’impalcatura di una certa antropologia pubblica si finisce sempre ai nodi problematici del famigerato ’68.

Un momento di straordinaria rottura sociale planetario che dà inizio ad un nuovo modo di intendere l’analisi sociale e la comparsa stili di vita e modalità di pensiero radicalmente diverse dalle precedenti. Dal punto di vista dell’antropologia pubblica gli anni 65-70 hanno più valore ideale e propulsivo che i precendenti 100.

La lettura delle cronache e delle riflessioni intellettuali di quegli anni mi pare un punto di vista imprescindibile per una prospettiva antropologica che trova nella società ampia e nelle articolazioni della vita pubblica la propria ragion d’essere, anzichè nella produzione di conoscenza secondo i canoni e i dettami dell’accademia delle scienze sociali e umane.

A tal proposito segnalo questo link http://temi.repubblica.it/espresso-il68/category/tematiche/ che porta alla collezione dei contributi giornalistici de L’Espresso fatti in quegli anni. E’ disponibile anche la versione cartacea, in due volumi, che per me sta rappresentando una reale miniera d’oro in quanto a spunti concreti e nuclei tematici per approndire antropologicamente questioni come il lavoro, i nuovi stili di vita, questioni giovanili e di genere, rapporti tra potere e informazione.

Il materiale disponibile, sia testuale che fotografico, permette di apprezzare a distanza di mezzo secolo l’energia e la vitalità di quel periodo, probabile momento storico ineguagliabile ma non per questo esaurito nella sua capacità di trasmettere una idea di vita sociale e comunitaria certo conflittuale ma anche profondamente umana.

Mezzo secondo dopo, buon Sessantotto a tutti.


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