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Su Berlusconi si è detto tutto, si è scritto tanto, si è anche discusso tanto e i giudizi su di lui hanno sempre e profondamente diviso l’Italia a metà. "E’ un grande imprenditore! E’ tutta invidia!", "E’ un perseguitato!", "E’ un uomo che si è fatto da solo!", quante volte abbiamo ascoltato questi commenti, nei bar, con gli amici, in tv, per strada, ovunque. Opinioni contrapposte che si traducevano in voti, e quelli sì che fanno la differenza. E allora, alla luce delle parole di Gaber, come ricorderemo Berlusconi? Lo ricorderemo come un perseguitato o come un ladro? Vivremo contrapposizioni come quelle che ancora oggi ci sono su Mussolini e sul ventennio fascista, oppure emergerà una verità storica (se davvero esiste), univoca e oggettiva? Perchè ciò che ha maggiormente colpito di lui, è stato il modo con cui ha utilizzato lo strumento della legge per risolvere le proprie questioni personali, e si potrebbe fare un lungo elenco dei provvedimenti che hanno avuto una ricaduta sulle sue aziende o sui suoi processi. Come il d.lgs. 61/2002 che ha depenalizzato il falso in bilancio, reato per cui Berlusconi era imputato in ben cinque processi, che si sono poi quasi tutti conclusi con la formula "il fatto non è più previsto dalla legge come reato". O ancora la legge Ex Cirielli, la 251/2005, la quale ha, tra le tante cose, anche diminuito i tempi di prescrizione da 15 a 10 anni del reato di corruzione giudiziaria, reato per il quale era imputato l’avvocato David Mills, che non è stato condannato proprio perchè il reato si è prescritto pur essendo stato commesso, e poi il Lodo Alfano, dichiarato incostituzionale dalla Consulta perchè tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, compreso il Capo del Governo. Il Berlusconismo è stato anche questo.
Un nuovo linguaggio, un nuovo modo di relazionarsi con la realtà, di chiamare le cose con vecchie e nuove parole, come "comunista", un vocabolo gettato nel dimenticatoio per decenni e riesumato per bollare chi la pensava in maniera differente e magari, con il comunismo, non aveva e non ha nulla a che fare. Tuttavia il Fascismo, seppur in assoluto contrasto con i moderni principi costituzionali democratici, aveva una sua ideologia di fondo, un suo perchè. La causa dell’attuale dibattito sul periodo fascista sorge proprio sulla base del fatto incontestabile che, in effetti, in Italia durante il regime, vennero fatte anche tante cose positive. La "grandezza" di Berlusconi oggi invece, sta nell’essere riuscito a far credere agli italiani di aver fatto tanto, quando in realtà ha fatto poco o pochissimo. Del resto non a caso Montanelli lo definiva "il più grande piazzista del mondo". Ecco appunto, le televisioni: nessuno meglio di lui ha capito come potessero essere utilizzate nella maniera più utile. Spesso ci si chiede: "Ma è capitato anche a lui di perdere le elezioni, e in quei momenti dove erano le sue televisioni?", in realtà la domanda che ci si dovrebbe porre è:"Anche quando ha perso le elezioni, di quanto le avrebbe perse se non avesse avuto le televisioni?".
Il conflitto d’interessi è l’elemento che segna il deficit di democrazia italiano rispetto agli altri Stati esteri, in nessun altro Paese del Mondo il Presidente del Consiglio è anche il più grande industriale nel ramo delle telecomunicazioni e dell’informazione. Nel 2001 durante la campagna elettorale per le presidenziali, circolava nelle case degli italiani un libricino chiamato Una storia italiana, dove veniva raccontata la storia del Cav. Berlusconi per primo aveva quindi deciso di porre la propria vita privata al centro della politica italiana, salvo decidere poi di marchiare come "gossip" le inchieste che ruotavano intorno a quella sua stessa quotidianità, fatta anche di escort e feste nei palazzi istituzionali. L’aver attirato su di sé e sulla propria vita l’attenzione mediatica è stata quindi, per un primo periodo, una mossa vincente, che in seguito si è tuttavia rivelata un’arma a doppio taglio, perchè anche la condotta privata di un uomo pubblico è di rilievo pubblico se ci si rende ricattabili. E quante cose in tv non ci vengono raccontate? Come quando nel 2002 Berlusconi pronunciò il famoso "Editto bulgaro" contro Santoro, Luttazzi e Biagi, i suoi ordini vennero prontamente eseguiti da una Rai addomesticata.
Berlusconi è stata una grande occasione per l’Italia. Purtroppo persa. Con la maggioranza parlamentare che aveva a disposizione, senza precedenti nella storia Repubblicana, avrebbe potuto davvero migliorare il nostro Paese, colmare le lacune e le mancanze dei governi precedenti. E invece dov’è la "rivoluzione liberale" dopo 17 anni? Di concreto, guardando la realtà delle cose, non si è fatto quasi nulla: la legge anti-fumo, quella sullo stalking e la patente a punti. Non proprio una rivoluzione. Ma certe cose in Italia ce le meritiamo. Non siamo mai stati veramente in grado di scendere dal carro dei vincitori, anzi siamo sempre stati pronti ad assaltarlo, come in un teatro affollato dove si fa a gara per avere le poltrone migliori. Non siamo mai attenti "a quelli che verranno dopo", forse perchè, come diceva Ugo Jetti: "L'Italia è un Paese di contemporanei, senza antenati né posteri perché senza memoria di se stesso". Ed è questa la preoccupazione più grande: la paura che si possano dimenticare le mancanze di questi anni e che il "Berlusconi che è in noi" possa ripresentarsi in altre forme, magari tra le fila del centrosinistra. Sì perchè in fondo il Cavaliere poteva stare benissimo anche nella fazione politica opposta, di destra ha davvero poco. La sua caduta è quindi un segnale di respiro per questa democrazia italiana malata perchè favorisce un’alternanza e una riorganizzazione della linea conservatrice, magari più conforme agli altri partiti appartenenti alla medesima tradizione europea, i quali vantano, ad esempio, donne musulmane come chairman di partito (vedi i "Tories" inglesi). Anche se il Cav se n’è andato resteranno i suoi programmi televisivi importati dall’America, che oggi influenzano le ambizioni e le diete di milioni di italiani, il suo modo di vedere le donne e la politica, la sua capacità di saper indicare sempre la scelta più conveniente e mai la più giusta.
L’uomo di Arcore non sarà stato la causa di tutti i problemi ma di sicuro era il problema più grosso, il più evidente, quel problema senza la cui soluzione, non si potranno risolvere tutti gli altri. Semplicemente perchè "il Berlusconi in sé" era la scusa per tutti "i Berlusconi in me", i quali si sentivano quasi autorizzati a comportarsi di conseguenza, "Se lo fa lui che è il Presidente del Consiglio, perchè non dovrei farlo io che sono un comune cittadino?". Questo sillogismo, che obiettivamente non fa una piega, per anni ha fatto passare atrocità politiche di qualsiasi livello e di qualsiasi fazione, come normali banalità spicciole, bazzeccole, frutto d’invenzioni di giornalisti e magistrati. Indro Montanelli nel ‘94, scrisse: “Con Berlusconi la parola destra diventerà impronunciabile per almeno 50 anni, per ragioni di decenza” e credo che i cittadini italiani di destra, e non meno quelli di sinistra, meritino ormai una risposta concreta dai propri rappresentanti in Parlamento.
La fine del Berlusconismo sembra quindi essere ancora molto lontana ma abbiamo in Italia degli esempi che si muovono in una direzione opposta e da cui possiamo senz’altro attingere per le nostre condotte future. L’importante è essere attrezzati, l’importante è restare vigili.
Mario Pagano
Fonte: Ilrenudo
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