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Il Brasile dopo il voto: vecchie e nuove sfide per Dilma Rousseff

Creato il 28 ottobre 2014 da Bloglobal @bloglobal_opi

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di Francesco Trupia

Il Brasile ha scelto. La campagna elettorale che ha condotto Dilma Rousseff verso la sua tutt’altro che agevole vittoria ha dimostrato che le potenzialità endogene al gigante sudamericano possono manifestare scenari non più scontati come quelli dell’ultimo ventennio.

Appena giunta la notizia della vittoria della Rousseff – la Presidente è stata rieletta con il 51,64% contro il 48,36% del conservatore Aécio Neves –, i maggiori mezzi di comunicazione del Paese hanno criticato il sistema in cui si è svolta la stessa campagna elettorale appena conclusa. Le accuse maggiori sono ricadute sull’horario eleitoral gratuito [1] e sugli strateghi del marketing politico di cui la Rousseff si è circondata. Nonostante le critiche, Dilma Rousseff è fuoriuscita vincitrice da una battaglia elettorale che ha visto svanire già al primo turno il pericolo Marina Silva, clamorosamente sconfitta contro tutti i pronostici della vigilia, e poi Aécio Neves che in alcuni momenti precedenti al ballottaggio aveva superato, sebbene di pochi punti percentuali, la stessa Presidente oggi riconfermata.

È però innegabile che il Brasile fuoriuscito da queste ultime presidenziali, nonostante la conferma del “vecchio corso” del Partido dos Trabalhadores che mantiene salda la sua leadership politica dopo quattordici anni, non ha mantenuto le stesse caratteristiche che lo avevano reso uno dei Paesi economicamente più forti nel Sud del mondo, sullo scenario internazionale e, soprattutto, in America Latina.

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Fonte ed elaborazione immagine O Globo

Un nuovo Brasile: crisi strutturale o lenta trasformazione?

Il Brasile ha affrontato le elezioni presidenziali in piena recessione tecnica e dinnanzi una comprovata crisi economica, caratterizzata da un importante calo degli investimenti ed una palese deindustrializzazione. Tutto ciò è stato confermato nel periodo di avvicinamento alle ultime elezioni presidenziali dai dati del PIL nazionale negli ultimi due consecutivi trimestri. L’attuale flessione è stata fissata allo 0,6% e potrebbe raggiungere addirittura l’1% a fine 2014, aumentando ancora di più una forbice che si attestava allo 0,2% lo scorso gennaio. Dopo una delle campagne elettorali più incerte e combattute degli ultimi venti anni, l’obiettivo di ritornare su indici positivi, dinnanzi anche ad un’inflazione galoppante pari al 6,5%, appare momentaneamente pura utopia.

Gli industriali presenti nel Sud del Paese insieme ad operatori e investitori del settore finanziario, che sembrano aver preferito le ricette economiche di Neves, avevano previsto l’attuale momento disastroso dell’economia. Dal mondo accademico, invece, l’economista Benjamin Steinbruch ha recentemente affermato che la quantità di posti di lavoro persi nell’ultimo triennio dal Brasile (circa 190 mila) equivalgono alla chiusura di due compagnie statali aventi le dimensioni pari entrambe a quelle della Petrobas.

Secondo quanto ha dichiarato Neves in campagna elettorale, tale crisi economica deriverebbe soprattutto dalla demonizzazione che i precedenti governi Lula e Rousseff hanno sostenuto in merito alla collaborazione tra capitale pubblico e privato. Nonostante le accuse di Neves, cadute oggi in secondo piano dopo la vittoria elettorale della sua outsider, proprio la neo-confermata Presidente sembra voler difendere quel progetto politico iniziato dal primo governo Lula.

Oltre alla fuoriuscita di circa trenta milioni di cittadini brasiliani dalla soglia di povertà, confermato anche dal Programma Alimentare Mondiale spesso citato dalla Rousseff in campagna elettorale, è la nuova classe media la nuova sfida nei prossimi anni. Infatti, nelle sfide con Maria Silva al primo turno e Neves al ballottaggio, in uno degli ultimi comizi svolti a San Paolo, Dilma Rousseff ha dichiarato senza fraintendimenti di aver compreso le nuove istanze reclamate dalla nuova classe media. Quest’ultima non comprende più la generazione condotta fuori dalla povertà ma, bensì, in quella che non ha sofferto la fame ed a cui è stato consegnato il diritto all’istruzione, alla casa e l’accesso gratuito alla sanità pubblica. Questa generazione, calcolata per circa il 54% della popolazione, che si affaccia ai bordi della già esistente classe media brasiliana, oggi conduce uno stile di vita differente, con aspettative e standard differenti e qualitativamente migliori rispetto alle generazioni passate.

Anche rovesciando la piramide della società, altro principale problema della Rousseff sarà sicuramente legato al dramma degli esclusi. Malgrado gli ottimi risultati delle campagne governative rivolte alla società meno abbiente, vi è in Brasile un’enorme parte di popolazione a cui vengono ancor oggi negati diritti fondamentali. L’Indice Gini ha anche individuato tale settore della società all’interno della società verde-oro mappando le diseguaglianze di reddito che si presentano ancora troppo differenti.

I retroscena di un Paese apparentemente forte seguono una crisi economica ed un malcontento popolare esploso all’indomani dell’ufficializzazione dei fondi stanziati dalla Rousseff per l’evento di Fifa 2014. Le elezioni presidenziali, coincidenti con quelle dei governatori degli Stati federali, hanno provocato un cambiamento tanto radicale da consegnare al Paese un Congresso decisamente “a destra” in cui si è ridimensionato il numero di eletti provenienti dai movimenti sindacali. Secondo molti analisti politici l’ultimo Congresso eletto è probabilmente uno dei più conservatori che il Brasile abbia conosciuto dopo quello del 1964, anno del golpe.

L’elezione al primo turno di Geraldo Alckim (57% dei consensi) a Governatore di São Paolo, lo Stato più ricco e popoloso del Brasile, conferma ulteriormente l’avanzata dell’ala conservatrice brasiliana e del Partido da Social Democracia Brasileira.

La polarizzazione della società resa evidente dal voto ha, difatti, dimostrato che la nuova classe media, insieme a quella già esistente, è il vero ago della bilancia. Dilma Rousseff, che ha sempre cercato di intercettare anche prima della sua campagna elettorale tale nuova parte di elettorato brasiliano, ha dovuto constatare la definitiva ribellione di milioni di brasiliani al governo di Brasilia.

Secondo un sondaggio realizzato dall’istituto Datafolha, la campagna elettorale appena conclusa ha registrato la presenza di nuove issues all’interno delle proposte sostenute dai vari candidati. Temi come la lotta all’aborto (tutt’oggi reato in Brasile), l’inasprimento delle sanzioni all’interno del codice penale o l’opposizione ai matrimoni gay, hanno contraddistinto gli ultimi dibattiti politici anche su temi storicamente brasiliani. Le tematiche legate alle lotte ambientali, ad esempio, come la difesa dell’Amazzonia e la salvaguardia delle popolazioni indigene, protette dai dettami costituzionali [2], hanno perso gran parte del loro appeal tra gli elettori.

La crisi delle storiche arene del dibattito politico brasiliano è stata inaugurata dalla rottura tra il Partito Ecologico Nazionale ed il Partito Verde che, non più apparentemente legati da battaglie comuni e unità d’intendi, confermano quanto pubblicato da Datafolha. L’Amazzonia, come tradizione in Brasile, potrebbe diventare argomento di lotta politica non solo per il vasto numero di movimenti sociali e partiti ecologisti ma anche tra il Pt della Rousseff e l’ala socialdemocratica di Neves [3].

Altri segnali arrivano direttamente dai nuovi membri del Congresso. Infatti, circa il 30% totale dei neoeletti tra deputati e senatori è stato membro delle forze dell’ordine, come testimonia l’elezione di Jair Bolsonaro, ex ufficiale dell’Esercito brasiliano, omofobo, sostenitore delle lotte antiaborto e favorevole all’introduzione della pena di morte. Nonostante la sconfitta di Marina Silva, i forti temi legati agli aspetti etici e morali dei brasiliani hanno dato nuova linfa alle spinte dei leader religiosi, soprattutto pastori evangelici, che insieme ai ruralistas (n.d.r proprietari terrieri) si confermano essere i volti nuovi del Congresso. I personaggi più celebri che rispecchiano le due categorie sono rispettivamente il pastore evangelico Marcos Feliciano, già Presidente della Commissione sui Diritti Umani alla Camera, e Luís Carlos Heinze, il proprietario terriero del Rio Grande del Sud che ha condotto in passato forti campagne contro la protezione dell’Amazzonia sostenendo le potenzialità economiche attraverso lo sfruttamento totale di tale zona.

Al di là dei celebri nomi eletti, è importante constatare come il nuovo Parlamento si presenti assai frammentato a causa degli oltre trenta partiti eletti – ciascuno al di sotto del 10% dei consensi – pronti a sostenere il mandato della Rousseff ma altrettanto capaci di ricollocarsi nel prossimo futuro nel blocco politico opposto.

La corsa alla leadership regionale come àncora di salvezza

La vittoria della Rousseff, sancita grazie ai milioni di voti provenienti dalle zone più povere del Nord, Nord-Ovest e Nord-Est del Paese, deriva dalla paura di circa il 30% di quei brasiliani che da oltre undici anni hanno usufruito dei programmi socio-assistenziali come Bolsa Familia, Luz para todos, Programma Universidade para todos, Minha casa minha vida [4].

È apparso chiaro fin dai mesi precedenti la campagna elettorale che il nuovo Brasile, qualora fosse stato guidato da Silva o Neves, avrebbe obbligato ad un inaspettato cambio di strategie per il nuovo Presidente. Oggi Dilma Rousseff trova davanti a sé un mandato presidenziale caratterizzato da una strada molto più impervia rispetto a quello precedente, sebbene la neoeletta Presidente abbia già affrontato una simile situazione costituendo lo scorso governo con 39 Ministri dimissionari a causa dei tanti casi di corruzione.

Il primo obiettivo prefissato da Dilma Rousseff in politica estera è la ripresa di più costruttive relazioni con le altre potenze regionali sulla scia di un ripristino della crescita economica. Forse, mai come oggi, proprio le strategie interne al Continente dovranno improntarsi sulla crescita dell’intera area latinoamericana nel tentativo di aiutare il Brasile a fuoriuscire dall’impasse degli ultimi mesi.

Un primo sguardo sulla macro-regione ci conduce inevitabilmente alle dinamiche interne al MERCOSUR che, soprattutto nell’ultimo anno, ha vissuto un periodo sicuramente poco positivo. Le previsioni di inizio 2014 hanno confermato un serio rallentamento dello storico blocco economico rispetto alla crescita esponenziale dell’Alianza del Pacifico, aiutata dalla crescita dell’asse asiatico e dalle opportunità di crescita di Cina e Giappone.

Le ultime parole del diplomatico brasiliano Vieira Vargas, già Ambasciatore in Germania ed oggi in Argentina, sembrano confermare il ripristino delle favorevoli relazioni proprio con il Paese della Kirchner. Entrambi in difficoltà economica, soprattutto dopo l’ennesimo default tecnico dell’Argentina, hanno già previsto nuove relazioni strategiche all’interno del MERCOSUR che oggi appare l’àncora di salvezza dei due Paesi.  Proprio come confermato da Vargas, «è in questi momenti di crisi e difficoltà che bisogna incontrarsi e cercare nuove strategiche volte alla risoluzione dei problemi sulla scia della crescita del MERCOSUR» [5].

Anche il Presidente della Camera di Commercio di Argentina e Brasile (CAMBRAS), Jorse Rodriguez Aparicio, sostiene da tempo che la priorità all’interno del MERCOSUR è quella di fortificare ed ampliare con maggiore attività l’integrazione dei governi brasiliani ed argentini. Rispetto al passato, in cui l’Alianza del Pacifico rappresentava il nemico per il modello economico promosso dai Paesi del MERCOSUR, le ultime dichiarazioni di Aparicio confermano che il blocco economico ad Est delle Ande non può essere messo più in discussione o definito illegittimo da alcuni governi membri del MERCOSUR.

La volontà del Brasile sembra essere quella di armonizzare il più possibile le relazioni proprio con i Paesi dell’Alianza e produrre una cross-fertilization capace di far rientrare il Paese all’interno della Trans-Pacific Partnership. Pur di giustificare il suo ingresso anche come paese osservatore, Dilma Rousseff sembrerebbe pronta ad affermare che le critiche dirette all’Alianza del Pacifico sarebbero state un errore. I due blocchi economici, dopo gli obiettivi prefissati a Miami nel novembre 2003, sembrerebbero molto vicini e capaci definitivamente di succedere al North American Free Trade Agreement.

* Francesco Trupia è Dottore in Politica e Relazioni Internazionali (Università di Catania)

[1] L’horario eleitoral gratuito è in Brasile il sistema che gestisce gli spazi tv autogestiti dai diversi partiti politici. Nonostante i messaggi elettorali vengono trasmessi gratuitamente ed a reti unificate, come previsto dalla legge, i tempi allocati per ciascun partito variano in base alla rappresentanza parlamentare di ogni coalizione. Una indagine comparata ha dimostrato che mentre Dilma Rousseff ha potuto contare a blocchi televisivi di 12 minuti, Aécio Neves e Marina Silva hanno usufruito di 4 minuti il primo meno di due minuti la seconda.

[2] “A settembre, l’ente no-profit Imazon ha dichiarato che sono stati rasi il 290% in più di Amazzonia rispetto allo stesso mese del 2013, mentre da agosto a settembre i chilometri quadrati persi sono stati 838, pari a un incremento del 191% su base annua. Il rapporto sulle foreste degradate, cioè molto sfruttate dal disboscamento o arse, ha dimostrato che negli ultimi 50 anni l’Amazzonia ha perso un quinto della sua superficie.” Da Roberto Da Rin, Brasile al ballottaggio, tra Rousseff e Neves la vera sfida è il rafforzamento del welfare, in “Il Sole 24 Ore”, 21 Ottobre 2014.

[3] Dal 1988 il testo costituzionale del Brasile stabilisce una nuova relazione tra lo Stato nazionale e i popoli indigeni che abitano il suo territorio, fissando con molta esattezza e arditezza i loro diritti sociali e territoriali.

[4] I più importanti sono sicuramente Bolsa Familia, che ha interessato 14 milioni di assegni sociali per nuclei famigliari con redditi bassi a cambio dell’impegno di mandare i figli a scuola, e Minha Casa Minha vida, che ha consegnato 3 milioni tra case e finanziamenti super-agevolati dalla banca statale alle famiglie meno abbienti.

[5] Fonte: El embajador brasileño defendió la relación estratégica con Argentina y se prenunció a favor de una mayor integración del Mercosur, in “Télam – Agencia Nacional de Noticias”, 21.10.2014.

Photo credits:  Ichiro Guerra/Divulgação

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