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Il Britannico

Creato il 20 maggio 2012 da Darioanelli @dalmessico

Il Britannico La scuola superiore dove do lezione di biologia ed ecologia ama i maestri stranieri perché, contrattandone qualcuno, può scrivere sul manifesto pubblicitario: “sistema di educazione di qualità europea” e ai genitori pare vada bene così. Ci mettono circa cinque mesi a rendersi conto che sono tutte palle e ritirare i loro figlioli.
Durante il colloquio di assunzione mi era stato detto che la scuola già contava con un maestro britannico. Pensavo fosse, come me, un giovane europeo, scappato dal vecchio continente alla ricerca di un po' di senso della vita. Però non si trattava di un giovane, bensì di un uomo maturo, sulla cinquantina, capelli folti e grigi e un volto dai tratti delicati, quasi femminili. Indossava un paio di pantaloni casual e la giacca di una tuta sportiva. Si chiama Robert, nome inventato.
Quando mi incontrò mi parlò in inglese e mi fece qualche domanda di circostanza. Con i messicani presenti però si rivolgeva in un ottimo spagnolo con un accento marcato tipo Ollio e Stanlio.
Ci incontravamo spesso a scuola durante il cambio dell'ora e ci scambiavamo qualche parola. Un giorno gli chiesi come era finito in Messico. Vent'anni fa, mi disse, era giunto in Messico, precisamente a Città del Messico con il proposito di imparare la lingua e distrarsi un attimo. Non specificò da cosa volesse distrarsi.
Condusse una vita leggera ed errante nella capitale fino a dar fondo ai suoi risparmi. Così dovette cominciare a lavorare. Nel frattempo si fidanzò con una ragazza messicana, si sposò ed ebbe figli.
Quando finalmente realizzò che la parentesi messicana si poteva considerare conclusa invitò la moglie a visitare l'Inghilterra con il fine di trasferirvisi, ma lei, donna di deserto, nelle nebbiose e umide brughiere inglesi proprio non ci si trovava.
Robert inoltre realizzò che, dopo quindici anni di Messico, sarebbe stato per lui difficile reinserirsi nel mondo del lavoro del suo paese. Al massimo avrebbe potuto insegnare inglese agli stranieri ma, mi disse, è un lavoro mal pagato con il quale difficilmente avrebbe potuto sostentare la sua famiglia.
Così se ne tornò in Messico sapendo che nel suo paese natale non vi avrebbe più fatto ritorno.
Non per questo però è giù di corda, anzi. Come tutti gli inglesi che ho incontrato anche Robert affronta la vita con senso dell'umorismo. Tutto ai suoi occhi diventa surreale e buffo ma allo stesso tempo affascinante e di grande interesse.
Ama vivere bene però, i suoi, sono i lussi più autentici. Gli piace pranzare in famiglia, fare passeggiate, andare in campeggio con i suoi figli.
Una volta mi chiese: “Posso farti una domanda personale?” “Certo.” Risposi. “Sei felice qui?” Che strana domanda. Mi chiesi se, in quei giorni, mi stessi presentando a scuola con una faccia particolarmente buia. Risposi che c'erano aspetti nella mia nuova vita da aggiustare ma altri che andavano molto bene. 
Robert annuì. Non seppi mai la ragione di questa domanda, forse voleva fare un confronto con la sua esperienza di espatriato.
Incontrare Robert a scuola è una delle piccole fonti di gioia che mi regala il Messico.
Ci scambiamo opinioni sugli studenti, sul tempo, su dove comprare una buona bicicletta o la località da visitare nel prossimo viaggio.
Durante i rari giorni nuvolosi Robert è raggiante.
Esclama: “Ah! Finalmente un po' di cielo inglese!”

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