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"Il buio oltre la siepe" di Harper Lee

Creato il 09 aprile 2014 da Postscriptum

by Michele 

C’è chi dice che il mondo visto dagli occhi dei bambini appare surreale, complicato e semplice allo stesso tempo, comunque difficile da capire. E c’è anche chi dice che sono proprio i bambini ad aver capito come va realmente il mondo. Io sono tra questi ultimi.
I bambini sono come libri con le pagine bianche, vanno cresciuti come se si scrivesse un libro, riempiti di parole, concetti, idee ma bisogna anche lasciare lo spazio necessario affinchè elaborino le loro idee personali: il problema sta proprio in questo. Cosa è bene scrivere in un libro del genere e cosa invece va evitato?
Ci risponde un personaggio centrale de Il buio oltre la siepe di Harper Lee: Questo è il loro paese – ma possiamo anche sostituire paese con mondosiamo noi che lo abbiamo fatto così e ora ci devono vivere: tanto vale che imparino subito ad affrontarlo com’è.

Parole schiette, forse fin troppo dure, ma la sostanza è che è la realtà ad essere dura e quindi è importante imparare ad averci a che fare fin da subito.

Permettetemi una piccola digressione iniziale sul titolo del romanzo della Lee. Questo libro è passato alla storia con il titolo de Il buio oltre la siepe: bello, evocativo e scorretto. Scorretto perchè non c’entra nulla con la trama. Il titolo originale era To Kill A Mockingbird (Uccidere un merlo) che è molto meno evocativo ma infinitamente aderente alla storia narrata dalla scrittrice americana.

Siamo in Alabama intorno alla fine degli anni 30, nella piccolissima contea di Maycomb, dove i piccoli Jem e Scout trascorrono interminabili estati nell’atmosfera sonnacchiosa tipica dei piccoli paesini. La loro interpretazione della vita è filtrata dalle lente dinamiche di un paese che si sfaccetta in mille realtà diverse: c’è la misteriosa casa dei Radley che è sempre chiusa, la chiacchierona signora Crawford, la famiglia Ewell che vive a ridosso di una discarica e l’ancora più emarginata comunità nera che lotta silenziosamente per guadagnarsi il rispetto dei bianchi. In tutto questo la piccola attaccabrighe Scout (che si chiamerebbe Jean Louise Finch) e il pragmatico fratellino Jem (Jeremy Finch) oscillano tra l’educazione liberale del padre avvocato e quella formalmente granitica della scuola mentre imparano che le dinamiche degli adulti non sono così semplici come le loro.
Al centro della trama, e lo scopriamo attraverso le parole di Scout, c’è un processo, forse il più importante nella storia di Maycomb, in cui il padre dei nostri piccoli eroi, Atticus Finch, deve difendere d’ufficio Tom Robinson, un cittadino nero accusato di aver picchiato e stuprato la diciannovenne Mayella Ewell, una delle peggiori rappresentati della disonorata famiglia degli Ewell che ho presentato poco fa.
Il processo è perso in partenza dato il colore della pelle dell’accusato ma Atticus pensa che non è una buona ragione non cercare di vincere per il semplice fatto che si è battuti in partenza.

Il buio oltre la siepe di Harper Lee: la post recensione

Tra le fatiche del suo lavoro e una situazione che diventa via via più tesa, Atticus deve preoccuparsi anche di spiegare le sue ragioni ai figli e metterli in condizione di capire tutto quello che succederà durante e dopo il processo, come cambierà l’atteggiamento degli altri paesani nei loro confronti e quanto dovranno essere forti per resistere alle provocazioni in una comunità che da un lato si professa moderna e liberale mentre dall’altro si crogiola nel suo ottuso conservatorismo culturale e sociale.
Aver coraggio – spega Atticus al figlio Jem – significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda.

Poco importa alla suddetta comunità se il verdetto del processo, stabilito da una giuria popolare, sia già stato deciso prima dell’ingresso in tribunale e che un innocente paghi per un pregiudizio sociale (non è uno spoiler, è anche scritto nel retro di copertina!!).

Una volta compresa la relazione tra la trama del romanzo e il titolo (quello originale) si capisce di trovarsi davanti ad una storia in cui l’uguaglianza razziale è liberata dagli orpelli dell’eroismo (Atticus è tutt’altro che un eroe, solo un uomo onesto) e il cui epilogo prescinde dal classico lieto fine o dall’ancora più classico finale drammatico ma, si ammanta di inevitabilità e amarezza e chiarisce, una volta per tutte, quanto la realtà sia un accostamento di varie sfumature colorate e non un susseguirsi di stacchi netti da un colore all’altro.

buio oltre siepe

Una scena del film di Robert Mulligan del 1962 ispirato dal romanzo di Harper Lee. Atticus (Gregory Peck) legge il giornale alla piccola Scout (Mary Badham)

A mio avviso, Il buio oltre la siepe è un un testo essenziale alla cultura personale di ognuno di noi più di tanti altri lavori che vengono citati quando si parla di razzismo e discriminazione sociale; un testo che trova nella nostra letteratura un paragone da non sottovalutare con il ciclo dei vinti di Giovanni Verga.


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