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Il Califfo e la carezza di Gesù

Creato il 03 aprile 2013 da Giulianoguzzo @GiulianoGuzzo
Il Califfo e la carezza di Gesù

Strana storia, quella del legame fra Franco Califano e Benedetto XVI. Il cantante dalla vita spericolata e l'uomo che ha dedicato la sua vita a Dio, l'artista playboy e il raffinato teologo divenuto Papa: due mondi separati da un abisso. Così almeno sembrerebbe e così, per molto tempo, probabilmente è stato. Poi la conversione e, da parte del Califfo, il desiderio di incontrare Joseph Ratzinger, di vederlo, di farsi addirittura confessare da lui. Una circostanza confermata da una stretta collaboratrice dell'artista scomparso, Donatella Diana: " Franco Califano voleva farsi confessare da Papa Ratzinger e l'aveva chiesto anche ad un suo amico prete. Voleva un'udienza riservata, non ci è mai riuscito. Riteneva Ratzinger veramente una persona grande, un po' ruvida, che non aveva nulla da dimostrare". Del resto lo stesso Califano, qualche anno fa, dichiarò pubblicamente la sua ammirazione per Benedetto XVI: " Mi è piaciuto subito. La prima volta che l'ho visto ho sentito qualcosa dentro e mi sono molto riavvicinato alla fede ".

Ma questo come si spiega? Lo dicevamo poco fa: il Califfo era - per il suo stile di vita, di cui non faceva mistero - decisamente distante dalla dottrina cattolica. Eppure, negli ultimi tempi, la fede era tornata. Decisa. Chiara. Lucida al punto da spingerlo a sperare in una confessione dal Santo Padre. Un'apparente follia e in ogni caso una contraddizione in termini per un uomo che aveva fatto di una vita " di quelle che non dormi mai" - direbbe Vasco - una bandiera. Dunque, com'è possibile che Califano, da distante che era, si fosse riavvicinato così tanto alla fede? Tutto merito del carisma di Benedetto XVI? Certo, Papa Ratzinger, diversamente da quel che i mass media hanno fatto di tutto per farci credere, era una figura di grande carisma, di immenso spessore culturale e anche di una dolcezza arginata solo da quella timidezza che, a dispetto dello stereotipo di inquisitore che gli è stato cucito addosso, gli era propria. Però dietro la conversione del Califfo c'è sicuramente dell'altro.

Anzi, c'è Qualcun altro: Gesù di Nazareth. Colui che sedeva e mangiava abitualmente con i peccatori, accettandole senza problemi l'ospitalità (Mc 2,15; Mt 9,10; Lc 5,29), fino ad arrivare ad " un gesto di palese rottura: le leggi della purità vietavano severamente la comunanza di mensa con i pagani e i peccatori. Si pensava di onorare Dio separandosi dai peccatori. Gesù, invece, fa il contrario, mostrando in tal modo una diversa concezione di Dio" (Maggioni B. Le parabole evangeliche, Vita&Pensiero, Milano 2008, p. 217). E' senza dubbio Lui, Cristo, che, attraverso Benedetto XVI, ha messo Califano sulle tracce della fede. E pazienza se per anni, anzi per decenni il popolare cantante ha vissuto con la testa altrove: la Chiesa non lo aspettava col timore che fosse peccatore, ma proprio perché lo era. Il Buon Pastore infatti esiste per questo: per andare a riprendersi le pecore date per spacciate, prima ancora che per sorvegliare quelle già al sicuro; per amare, prima che per intrattenere.

E la Chiesa questo è: refugium peccatorum. Le persone perbene, quelle piene di sé, che sono pronte a certificare la propria trasparenza davanti a chiunque e sbandierano fiere la loro onestà, difficilmente sentono il bisogno di implorare perdono: non ne avvertono la minima necessità. La loro presunzione rischia pertanto di essere la loro condanna, perché cancella dai loro cuori il bisogno di Dio e del perdono. Viceversa il peccatore che si riconosce tale, che si scopre debole e, col pensiero di doversi confessare - come il Califfo -, teme che per lui la carezza di Gesù non arriverà mai - per un paradosso tipicamente evangelico e cristiano - è colui che certamente la riceverà. " È il tuo peccato che lo chiama - scrive don Divo Barsotti (1914-2006)- nulla più efficacemente della tua miseria lo attrae, purché tu gliela doni [...] In un istante i tuoi peccati sono distrutti, non sono più. Egli solo è ". Per quanto dunque possa apparire singolare, la vicenda di Franco Califano non lo è.

Gesù infatti non si arrende di fronte alle nostre debolezze, non si da per vinto quando gli viene sbattuta la porta in faccia. Per lui, che ha portato la croce, queste sono delusioni relative; non lo stupiscono. Siamo noi, semmai, a rimanere stupiti dal suo Amore quando scopriamo che, nonostante la nostra indifferenza, Lui è ugualmente rimasto sulle nostre tracce. Quando lo sentiamo bussare alla nostra vita e lo troviamo appena fuori, come un amico fedele fino alla fine, pronto a riabbracciarci; a confermarci che pur di ritrovarci ci avrebbe inseguiti - per dirla con Olivier Clément (1921-2009) - anche " nella parte più profonda dell'inferno ". E' questa, in fondo, la grande notizia del Cristianesimo: Dio non si limita ad amare l'uomo a distanza. Non si accontenta: vuole dimostrarglielo. Senza invadenza, però: lasciandoci liberi di accoglierlo, com'è successo a Franco Califano, anche dopo mille follie. Ora, com'è possibile rimanere indifferenti a un fatto così bello? Nel suo animo di persona semplice, il Califfo ne è rimasto abbagliato. E non ha potuto fare a meno, prima di andarsene, di cercarla, la carezza di Gesù. Che non aspettava altro.


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