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Il caos della rete

Creato il 26 settembre 2014 da Cicciotopo1972 @tincazzi

Il dottor Gonzo è rimasto a lungo ad osservare. Spesso osservare è meglio che fare qualsiasi altra cosa. In questo caso ha osservato il comportamento dei media in merito alla questione irachena/siriana dell’Isis, Isil, Is o come vi pare di chiamarlo (pure Daesh).

Il dottor Gonzo, ha rilevato che la stampa viaggia su un treno chiamato ‘totale isteria collettiva’. La diagnosi è arrivata dopo l’ennesimo episodio di violenza attribuito all’Isis. Purtroppo molto probabilmente questo fatto è vero, ma siccome in precedenza ci sono state diverse notizie rivelatesi poi dei falsi clamorosi (infibulazione, donne vendute al mercato, un caso di massacro di centinaia di persone non avvenuto, il dubbio permane).

Prima di continuare una doverosa precisazione: al dottor Gonzo l’Isis fa schifo, non ne appoggia nessun metodo di lotta, non condivide la sua ‘disumanità guerriera’, non apprezza le sue metodologie e per inciso non gliene frega un cazzo di tutte le religioni.

Il dotto Gonzo potrebbe essere definito un agnostico con simpatie per le protoreligioni. Ma andiamo avanti. Ieri è rimbalzata in tutto il mondo la notizia della morte dell’attivista

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irachena, avvocato (prominente avvocato, viene definita) Samira saleh al Naimi o Al Nuaimi o Sameera Salih Ali al-Nuaimy

BAGHDAD (AP) — Militants with the Islamic State group tortured and then publicly killed a human rights lawyer in the Iraqi city of Mosul after their self-proclaimed religious court ruled that she had abandoned Islam, the U.N. mission in Iraq said Thursday”.

Di lei abbiamo quindi una foto e sappiamo che è stata fucilata in piazza durante una manifestazione pubblica, come rilevano anche altre fonti. La notizia è stata data in rete dal Gulf Center for Human rights, organizzazione basata in Libano.

C’è un piccolo problema però: la fotografia che è rimbalzata in tutto il mondo non è quella dell’avvocato iracheno ma di una esperta in educazione scolastica di Dubai che scrive su un quotidiano locale, l’Emarat al youm . La donna in questione si chiama Samira al-Naimi. Probabilmente l’omonimia ha fatto sì che venisse presa una foto su internet senza verificare se fosse o meno la stessa persona.

Waseem, un blogger iracheno (cristiano) di Mosul,  insiste però nel dire che il caso è totalmente inventato. “News recently  spread about an lawyer activist was executed  in Mosul by ISIS her alleged name is Samira Saleh Al-Naimi  . After research, we found that the news is fabricated and complete false, and the woman appearing on the alleged photo is really a journalist on education from UAE under the same name”.

Qui potete leggere le sue considerazioni.

L’Onu intanto interviene con una dichiarazione  di Nickolay Mladenov, Inviato Un in Iraq: “By torturing and executing a female human rights’ lawyer and activist, defending in particular the civil and human rights of her fellow citizens in Mosul, ISIL continues to attest to its infamous nature, combining hatred, nihilism and savagery, as well as its total disregard of human decency” , said in a statement, referring to the group by an acronym. The statement did not say how she was killed.

L’attivista irachena per i diritti umani Hanaa Edwar, sentita dall’Afp, però conferma la sua identità e il fatto: “I have also had contact with the morgue and sadly I can confirm that she is dead,” Hana Edward, a prominent Iraqi rights activist who knew Nuaimi“.

Il New York Times riferisce che la donna è stata arrestata per aver criticato l’Isis nella sua pagina Facebook. Il Washington Times,che cita l’Ap, riferisce che il suo sito  Facebook “appears to have been removed since her death“.

Dubbi sulla vicenda ne escono. Perché non si riesce a trovare una fotografia di un avvocato iracheno, donna, conosciuta e impegnata sul fronte dei diritti umani? Perché non c’è traccia di essa in rete a proposito di report, video, foto, conferenze, convegni, dichiarazioni? Siamo nel 2014 e internet esiste da un po’ di anni, anche a Mosul, che non è un villaggio di pastori fuori dal mondo ma una città con tre milioni di abitanti. E visto che la donna utilizzava facebook sarà rimasto qualcosa di lei nei motori di ricerca. O foto condivise, o altro che ci può aiutare a chiarire la vicenda.

Io ovviamente spero che sia tutto un errore, per lei, perché non si può morire in quel modo, ma se è tutto vero, tragicamente vero, bisogna tornare a capire quanto ci può essere utile l’informazione in rete e quanto invece ci causi danni. Una foto errata di un fatto, come è successo già centinaia di volte, porta a pensare che sia tutta una montatura, quando invece sarebbe realtà.

Questa confusione nella quale si ricade continuamente porta a creare una serie di informazioni facilmente attaccabili e criticabili. I media diventano così bersaglio perché accusati di negligenza o di non verificare le fonti o peggio di manipolarle.


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