Anno: 2014
Nazionalità: Italia
Durata: 116’
Genere: Thriller
Regia: Paolo Virzì
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 9 Gennaio 2014
Tratto dal romanzo di Stephen Amidon, The Human Capital (2004), Paolo Virzì scrive a sei mani la sceneggiatura de Il Capitale umano insieme con Francesco Piccolo e Francesco Bruno: partendo da un noir ambientato nella provincia americana, il regista livornese rilegge in chiave italiana una storia raccontata attraverso l’introspezione psicologica dei personaggi, alto-borghesi o aspiranti tali, accomunati a quelli del romanzo di Amidon per la rincorsa sfrenata alla felicità, che la si può intuire, riconoscere e cercare di raggiungere, attraverso sentimenti puri e autentici, ma ci vuole tempo, fatica, passione e dolore; la maggior parte è più propenso a comprarsela, si fa prima ed è più comodo.
Il titolo della storia prende spunto dal linguaggio delle compagnie di assicurazioni che quantificano nel “capitale umano” il risarcimento da liquidare ai superstiti in caso di morte di un assicurato, tutto questo calcolato in base al suo valore economico in vita; il film si suddivide in quattro capitoli, “Dino”, “Carla”, “Serena”, “Il Capitale Umano”. I primi tre entrano nella psicologia dei personaggi e raccontano da tre punti di vista differenti lo stesso arco temporale che precede un incidente stradale al quale fatti e persone sono più o meno direttamente legati.
“Dino” (Fabrizio Bentivoglio), immobiliarista, arrampicatore sociale, è avido e sensibile soltanto ai facili guadagni, compagno di Roberta (Valeria Golino), fiera di aiutare il prossimo nella sua attività di psicologa di sostegno in una struttura pubblica; “Carla” (Valeria Bruni Tedeschi) è una ricca signora borghese moglie del finanziere-speculatore Bernaschi (interpretato in maniera impeccabile e senza sbavature da Fabrizio Gifuni), che vive comoda e agiata ma deve fare i conti col fatto che i soldi che le permettono tutto quel lusso provengono da speculazioni che scommettono sulla rovina dell’Italia stessa; “Serena” (la giovane Matilde Gioli), figlia di Dino e della sua prima moglie (scappata in Romania quando Serena aveva 11 anni, per inseguire il suo sogno d’amore con il proprietario di una fabbrica di scarpe), che, insieme a Roberta, nonostante le incomprensioni iniziali, si rivela un personaggio positivo. Le due donne squarciano la superficie tutta patinata delle ville e macchine di lusso e serate di gala per compiere, nell’ultimo capitolo “Il Capitale Umano”, una discesa verso “l’inferno” di chi è meno fortunato, alla ricerca della verità e di sentimenti puri. Ruotano intorno ai protagonisti anche altri personaggi secondari, che occupano uno spazio narrativo più ristretto, ma sono determinanti per l’evoluzione e la crescita di quelli principali; Donato, professore di teatro, con velleità di scrittore, nominato direttore artistico del Teatro Politeama, che la signora Carla Bernaschi si fa “regalare” dal marito; Luigi Lo Cascio conferisce a Donato spontaneità e bellezza, nonostante anche lui cerchi “nell’impresa” il suo tornaconto personale; Luca (Giovanni Anzaldo), orfano di entrambi i genitori, manipolato da uno zio sbandato e scroccone (alter-ego ad un livello sociale basso, dell’immobiliarista rampante, Dino), che aspetta che il giovane compia diciotto anni per gestirne la rendita che ha ricevuto come risarcimento dopo la morte della madre; Luca sfoga la sua visione ironicamente catastrofica disegnando fumetti macabri, ma in realtà crede nelle persone e nei sentimenti veri, nonostante le brutte esperienze provate nella sua giovane vita; Massimiliano (Guglielmo Pinelli), figlio viziato arrogante e fragilissimo dei Bernaschi, sente l’oppressione delle aspettative del padre, e per questo abusa spesso di alcol e si comporta in maniera rabbiosa con la madre Carla. Aggiungono spessore ai piccoli ruoli del direttore della banca e dell’ispettore di Polizia incaricato delle indagini sull’incidente anche i bravissimi Gigio Alberti e Bebo Storti.
Il film mantiene una tensione diegetica ma soprattutto psicologica: la narrazione si sviluppa per circa tre quarti del film attraverso i diversi punti di vista dei personaggi, che ricostruiscono i fatti precedenti l’incidente iniziale; si entra quindi nelle vite di ciascuno, e, senza perdere di vista il dramma iniziale, si mantiene la tensione, fino alla fine accompagnata da riflessioni amare su quello che è uno spaccato vero (e non verosimile) dei nostri tempi.
E’ senza dubbio un Virzì diverso rispetto ai suoi film precedenti: resta sempre quella ricerca disperata e vana della felicità che fa prendere un’amara presa di coscienza che la felicità non esiste, come nella sua opera prima La Bella Vita (1994), oppure nello spietato Ferie D’Agosto (1995); mantiene sempre la suddivisione dei personaggi in quelli che possono tutto, quelli che devono accontentarsi delle briciole e quelli che cercano la verità come in Caterina Va In Città (2003) e in Tutta La Vita Davanti (2008); eppure in questo film Virzì riesce a mettere insieme storia e personaggi, a dettarne le linee guida per poi “scomparire” e lasciare agli Attori il compito di costruirla e raccontarla pezzo per pezzo.
Il Capitale umano è interpretato da un gruppo di Attori che da anni costituiscono l’eccellenza del nostro cinema (e del teatro), che hanno collaborato tra loro più volte in altri film e con altri registi e che, in alcuni casi, sono stati registi loro stessi, come Luigi Lo Cascio, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Bentivoglio e Valeria Golino; Fabrizio Gifuni e Luigi Lo Cascio restano indimenticabili ne La Meglio Gioventù (2003), desiderosi di costruire un Paese forte e rispettoso della collettività e del bene comune; Fabrizio Bentivoglio e Valeria Golino sono stati compagni di lavoro in Puerto Escondido (1992) di Gabriele Salvatores e in Lascia Perdere Johnny (2007) diretto dallo stesso Bentivoglio; appartengono al “gruppo di lavoro Salvatores” anche Bebo Storti e Gigio Alberti e lo stesso Virzì, sceneggiatore di Turnè (1991), mentre Valeria Bruni Tedeschi ha recitato con Fabrizio Bentivoglio ne La Parola Amore Esiste (1998) di Mimmo Calopresti.
La ricchezza del film, oltre all’interpretazione e alla storia, è anche negli spunti che se ne possono trarre sulle miserie della società italiana degli ultimi vent’anni. E’ vero che i buoni sentimenti si sono persi per strada ma è anche vero che qualcosa di buono c’è e sta nelle giovani generazioni; Luca non si fa abbrutire dall’ambiente sociale in cui è nato e cresciuto, Serena somiglia più alla sua “matrigna” Roberta, generosa e rassicurante, che a suo padre Dino e Massimiliano, ricco e viziato, è vittima delle ambizioni di suo padre e di un mondo votato solo all’apparire, ma forse per lui c’è speranza, questo lo sapremo soltanto tra qualche anno e nella vita reale. Nell’attesa ci auguriamo che il nostro cinema continui a raccontare storie e ci guidi nella riscoperta dei valori veri, e non di quelli misurati dai numeri.
Anna Quaranta