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Il capitale umano: tra le pagine e lo schermo

Creato il 17 aprile 2014 da Lucia Savoia
Il capitale umano: tra le pagine e lo schermo“Avete scommesso sulla rovina di questo Paese e avete vinto”; così chiosa Carla Bernaschi alla fine del film di Paolo Virzì.  Il capitale umano prende il titolo dall’omonimo romanzo di Stephen Amidon, ambientato nel 2004 in un freddo Connecticut dell’alta finanza. Virzì traspone la storia ai giorni nostri in un’immaginaria cittadina brianzola dal nome in –ate. Quello che ne risulta è un film lucido, amaro, perfetto ritratto di questi anni di mediocrità italiana segnata dall’ipocrisia del mondo finanziario e dall’assenza di sentimenti. La domanda fondamentale che serpeggia tra le pagine del romanzo così come nei fotogrammi del film è una sola: cosa resta del singolo individuo, della sua dignità e del suo valore se tutto è calcolato dal punto di vista del profitto?  

Difficilmente ci saremmo aspettati, leggendo il libro di Amidon, di vederlo adattato sul grande schermo da un regista che ci ha da sempre abituati all'ironia e alla tenerezza con cui ha saputo raccontare l’evoluzione della società italiana. La stessa struttura del libro, a più voci e diacronicamente irregolare, presenta non poche difficoltà così come lo slittamento dalla realtà americana alla nostra. Ma il regista livornese se la cava egregiamente; sceglie di dividere la sua pellicola in tre capitoli personali (Dino, Carla e Serena) cui fa seguire una conclusione corale, vera e cruda riflessione su quanto narrato.Il capitale umano: tra le pagine e lo schermoIl romanzo, così come il film, ha per protagonisti due famiglie: i ricchi Manning/Bernaschi e i più modesti Hagel/Ossola. Drew Hagel (magistralmente interpretato, col nome Dino, da Fabrizio Bentivoglio) è senza dubbio il personaggio più cinico e spietato, a tratti grottesco; agente immobiliare in cattive acque, Hagel cerca di sfruttare la relazione della figlia con il rampollo dei Manning per investire nel fondo azionario dello spregiudicato capofamiglia. Investe soldi che non ha. La faccenda diventa seria, le azioni crollano e Ossola/Hagel rischia di perdere tutto. Il racconto si sviluppa poi attraverso l’efficace espediente dell’incidente stradale; una notte, un uomo viene travolto da un Suv e ucciso. Le indagini si indirizzano verso Jamie/Massimiliano, figlio dei Bernaschi, e finiscono per coinvolgere anche la sua ragazza Shannon/Serena. Ecco allora che le vicende umane e finanziarie delle due famiglie si intrecciano fino all’epilogo decisamente amaro.Nel film, il cambio di prospettiva del romanzo è segnato dal ritorno del fuori strada nella villa dei Bernaschi. Da qui la sceneggiatura riparte, mostrando la vicenda in una luce nuova e inaspettata. I personaggi che colpiscono di più sono i giovani tra cui spicca Serena/Shannon. Distante dal padre per idee e sentimenti,  è una sorta di eroina moderna che, in cerca di una vita diversa e di un amore vero, capisce di non amare più il ricco Massimiliano/Jamie e s’innamora di Luca/Ian, ragazzo problematico e solo. Non è un caso che, alla fine della vicenda, riesca a trovare l’unico vero sostegno in Roberta/Ronnie, compagna del padre e unica figura positiva nel cinico mondo degli adulti.Il capitale umano: tra le pagine e lo schermo

Virzì decide di omettere alcune interessanti pagine sul passato di Carrie/Carla e del marito Quint/Giovanni, apportando  necessarie varianti come quella delle origini di quest’ultimo; il regista ha infatti spiegato come nel passato di Giovanni  non ci potesse essere una famiglia umile, così come invece nel libro, perché in Italia la ricchezza e il potere sono riservati alle famiglie che già li detengonoAlcune aggiunte risultano poi macchiettistiche, ad esempio il bacio ricattatorio di Dino a Carla e l’inserimento del gretto assessore lumbard che ha scatenato le sterili polemiche leghiste sulla pellicola. Spiace che la figura dello zio di Ian, David (tradotto letteralmente in Davide nel film) così egregiamente tratteggiata nel libro, sia invece stata relegata a margine e rappresentata solo nella sua parte più rozza e meschina. Grande ed unico punto di riferimento per il ragazzo, David è sì un uomo con i suoi difetti ma è anche mosso all’ errore dal troppo amore che ha per Ian/Luca e per la sorella defunta
 E il povero ciclista? Nel romanzo come nel film, è destinato ad essere una semplice pedina nel terribile e spietato gioco di scacchi che è la società attuale. Non c’è posto per il dolore, per il rimpianto nel mondo benestante in cui tutto ha un prezzo, anche la vita delle persone. Drew/Dino sfrutta la situazione a suo vantaggio, I Manning/Bernaschi ne usciranno puliti riprendendo la vita di sempre e anche lo stesso Luca/Ian, macerato dal senso di colpa, avrà una nuova possibilità nella pellicola di Virzì. È proprio qui che il film rivela la sua freddezza; nel romanzo di Amidon, il finale drammatico arriva come un pugno nello stomaco ma è in qualche modo immaginabile e forse troppo buonista. Sul grande schermo la scena finale ci lascia interdetti ma fa riflettere; tutti avranno la possibilità di guardare avanti anche se nessuno è innocente. Ciò che resta è il rimborso che i genitori di Massimiliano danno ai familiari della vittima, per calcolare il qualevengono prese in considerazione l’età, il lavoro svolto, la potenzialità dei guadagni persi e, soprattutto, la qualità e la quantità delle sue relazioni: lo chiamanoil capitale umano”.Articolo originale di Sentieri letterari. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore. I contenuti sono distribuiti sotto licenza Creative Commons.

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