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Il Caporalato questo emerito sconosciuto.

Creato il 23 settembre 2015 da Postik @postikitalia

Chi è un caporale? Tralasciando le definizioni militaresche il sostantivo può indicare sia una persona ridicolmente autoritaria che un bieco sfruttatore che specula sull’indigenza altrui. Ma ora basta parlare di Renzi e concentriamoci sul fenomeno del caporalato in generale.

Il caporalato rappresenta una delle realtà più criminose e incivili ancora presenti nel nostro paese. Nonostante l’attuale società civile si fregi – grazie al solo accidente di sostare nel qui ed ora di un’immotivata vanagloria- di aver oltrepassato la soglia del terzo millennio esistono ancora donne e uomini costretti a sottostare e a dipendere senza alcuna forma di tutela da criminali incalliti. Parliamo dunque di una moderna schiavitù, non ci sono altre definizioni. Nonostante tutto c’è stato, e c’è ancora, chi colloca, con deviato quanto arcaico sentimentalismo passatista, questo fenomeno all’interno di un lontano retaggio latifondista.

Va detto che questi nostalgici del “si stava peggio quando c’era il peggio” non hanno tutti i torti. La nostra società “sotto sotto” ha sempre mantenuto, attraverso ceti incartapecoriti nei loro privilegi, una coriacea quanto rozza mentalità latifondista, ma questa piaga ha ben poco a che fare con il caporalato, trattasi piuttosto dell’ assoluta mediocrità di famiglie industriali che tentano di sopravvivere rosicchiando qualsiasi cosa e dove possono prima di “delocalizzare”.

Il caporalato moderno è ben altra cosa, ben più grave e vergognosa, esso non ha niente di buono e ben poco si è fatto sino ad oggi. Tanto è vero che in tempi di crisi e grazie al massiccio sfruttamento di manodopera proveniente da paesi extracomunitari il fenomeno si è esteso anche nel civilissimo nord della nostra distratta nazione. Anche tra le vigne Piemontesi, ad esempio, i caporali schiavizzano persone.

Come sempre in questo Paese tutto va bene finché non ci scappa il morto  e proprio nella torrida estate appena trascorsa qualcuno si è accorto che le cose non andavano bene.

Ben 13 morti sospette e sale ai disonori delle cronache il caso della 49 enne Paola Clemente, deceduta nelle campagne di Andria il 13 luglio scorso e tumulata sospettosamente in fretta e furia. Gli inquirenti indagano e un governo pressato dall’opinione pubblica, quando non può lavorare di retorica o riparare nel gnorreggio serrato, si è visto costretto a svegliarsi e ha millantato per qualche giorno di dare un colpo mortale al fenomeno del caporalato. I ministri Martina e Poletti hanno promesso una severa legge per ottobre; ma intanto il caldo afoso è passato e i raccolti si accingono ad esser archiviati  solo come assolati e protobucoloci ricordi. La strategia del rimandiamo tutto all’autunno ha sempre funzionato.

Detto ciò  un morso di idee buttate giù da dare in pasto all’opinione pubblica c’è e prevede di tutto, tranne come estirpare il fenomeno dalla radice.

Martina e Poletti ci vanno giù duro di retorica e prevedono, come per i mafiosi, la confisca dei beni per le aziende che si macchiano dello sfruttamento di manodopera in nero, e, inoltre – qui c’è tutto l’impegno dello stato – è prevista una forma ancora non delineata di tutela legislativa dei lavoratori sfruttati.

Andiamo al sodo: chi lavora in nero non esiste, non deve esistere. Non esiste per lo stato e tantomeno per il fisco, allora come tutelare legalmente chi non esiste? Condizione necessaria e sufficiente per chi sfrutta il lavoro altrui è l’annichilimento della persona a lui sottoposta: il caporale pretende il silenzio e lo sfruttato pur di lavorare accetta qualsiasi condizione, l’omertà è reciproca e in questo contratto criminoso lo stato non esiste … come non esiste in tanti altri posti!

Ma continuiamo: il genio congiunto di Martina e Poletti ha ancora altre perle da regalarci. Altra proposta è quella di creare una sorta di regia centrale con la collaborazione delle regioni preposta a vigilare sul censimento, da parte delle aziende agricole, dei lavoratori stagionali. Anche qui torniamo al solito discorso: come è possibile censire chi non esiste? Chi garantisce se non le stesse aziende – potenzialmente sfruttatrici – la veridicità sul numero degli stagionali dichiarati? Il cane, oltre alla ottusità, continua a mordersi la coda.

Infine nel summit dei due ministri si è parlato “nientepoodimenoche” di responsabilità solidale per chi “sfrutta il lavoro nero”, non di responsabilità individuale, azione che prevederebbe anche sanzioni  penali, ma solidale: quindi chi si macchia di “moderna schiavitù” ne risponderà “in gangbang” solo in termini amministrativi o civili.

Muore un bracciante in nero? Se per miracolo si individua l’azienda che lo sfruttava, ma deve essere proprio sfiga,  allora saranno mosse verso quest’ultima solo accuse amministrative e civili. Mica si possono fare miracoli? Mica si conosce chi ha assoldato il povero malcapitato? Men che meno si può sapere se lavorava davvero per quell’azienda o si trovava lì per puro caso. E poi chi garantisce che è morto per la fatica, il caldo o gli stenti? Ci sono fior fiori di testimoni che lo hanno visto sudare copiosamente già da casa.

Ma arriviamo alla ciliegina sulla torta, alla parte sommersa che non si vuol tirare fuori. Nella nebbiosa mente dei nostri governanti il caporalato è una sottospecie di impresa individuale. Il caporale si sveglia la mattina e decide di raccogliere braccianti sottopagati di sua sponte. Non è coordinato o assoldato da nessuno. E’ un libero professionista che fa da tramite illegale tra le aziende e i lavoratori. Il caporalato è dunque il collocamento dei lavoratori in nero e la cosa finisce qui!

Come storiella è carina, piace a tutti e non alza polveroni. Quindi, soprattutto al sud, c’è tanto spazio per la libera iniziativa … se proprio le cose non vanno basta iniziare a fare il Caporale e stai tranquillo che nessuno ti dà fastidio.

Tanti bei discorsi sul filo perimetrale del “non tocchiamo poteri forti” ma tutti si sono guardati bene dal pronunciare la parola mafia . In questo paese esistono intere regioni in mano alle mafie ma il caporalato per lo stato non è “Cosa Loro”. Lo stato sul tema lavoro più che assente è addirittura latitante e la criminalità organizzata ha campo libero per fare il bello e il cattivo tempo sullo sfruttamento del lavoro nero ma preferisce lasciare questo proficuo business a questi discutibili soggetti armati di spirito imprenditoriale. E’ proprio vero, non esiste più la mafia di una volta!

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vignetta di PV Pietro Vanessi 


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