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Il chimico sfuggente e la sua molecola elusiva

Creato il 20 maggio 2012 da Gifh

Il chimico sfuggente e la sua molecola elusivaC’era una volta un ragazzo friulano che aveva sviluppato un’insolita simpatia per la chimica, probabilmente favorita dalle frequenti visite di un fratello della madre, tal Giovanni Carnelutti, un chimico di prim’ordine collaboratore di Stanislao Cannizzaro e in seguito Presidente della Società Chimica di Milano (ora Società Chimica Italiana), che indubbiamente contribui ad un certo sviluppo e alla diffusione della sua materia in quei tempi bui.

Il ragazzo di cui narravo, al secolo Angelo Angeli, nato il 20 agosto 1864 a Tarcento, un piccolo comune in provincia di Udine, frequenta con profitto l’Istituto Tecnico di Udine quindi, dopo l’inevitabile servizio militare, si iscrive all’Università di Padova, dove ha la fortuna di conoscere il professor Giacomo Ciamician, considerato oggi come il profeta dell’energia solare per i suoi studi sulle azioni chimiche della luce.

Ciamician riconosce in lui una vivace intelligenza, e insiste affinché egli lo segua in occasione del suo trasferimento presso l’ateneo bolognese, quando nonostante non fosse ancora laureato, diventa il suo primo assistente. Consegue finalmente la sua laurea all’età di 27 anni e dopo soli due anni gli viene conferita la libera docenza. Quattro anni più tardi vince con votazione unanime il concorso per la cattedra di Chimica Docimastica, un ramo della chimica che si occupa della natura e della composizione dei materiali, minerali e metalli, che oggi si potrebbe definire come chimica merceologica. Tuttavia, nonostante l’importanza dei suoi lavori nel campo e 52 pubblicazioni al suo attivo, vede svanire l’ambita cattedra per la mancanza di titoli specifici in materia da parte del Consiglio Superiore, che con una lunga e indolente arringa riportata sul n. 153 della gazzetta ufficiale del 1898 annulla in toto l’esito del concorso per motivi probabilmente discutibili.

Il chimico sfuggente e la sua molecola elusiva

Angeli nel suo laboratorio. Imagecredit: Dr. Marco Fontana and Prof. Maria Grazia Costa (Dipartimento di Chimica Organica, Università di Firenze)

Angeli era un uomo introverso e molto timido, una vita modestissima schivando la notorietà che meritava, quasi sprezzante degli onori al punto da rinunciare agli agi che la sua intelligenza poteva concedergli. Per questo aveva anche difficoltà con gli studenti ed evitava accuratamente ogni invito a comparire in pubblico e a partecipare ai congressi, un comportamento che sicuramente non giovava alla sua fama di eccellente scienziato, in particolar modo nell’Italia post-rinascimentale che necessitava di riscattare la propria immagine dinanzi al mondo. Ciò nonostante, non manca di essere notato dalle menti più illuminate, infatti Richard Willstätter, premio Nobel per la chimica nel 1915, scrive “L’opera del professor Angeli supera quella di tutti i chimici italiani, e per la sua originalità e per il suo valore è degna della più alta considerazione“, e l’interesse all’estero per i suoi lavori era vivissimo, nessuno più di lui raggiunge mai risultati comparabili, dati i suoi modesti mezzi a disposizione, ma grazie alla sua tenacia nella sperimentazione e la sua spasmodica passione per la ricerca, rimane uno dei chimici italiani più noti dell’epoca, per ben nove volte candidato al Nobel, da personalità come von Baeyer, Pellizzari e Baker, rimasti purtroppo senza esito per i motivi più svariati.

Nel 1897 Baeyer lo convince ad accettare la cattedra di chimica farmaceutica all’Università di Palermo e nel 1905 si stabilisce a Firenze dove rimane fino alla sua morte, ottenendo nel 1915 la cattedra del defunto Ugo Schiff e successivamente quella di chimica organica, creata appositamente per lui. Con 220 pubblicazioni frutto di quarant’anni di lavoro, e 5 memorie riassuntive divulgate all’estero, Angeli è stato uno dei chimici più prolifici dei suoi tempi e le sue esperienze si concentravano sulla chimica dell’azoto, dai suoi acidi ossigenati fino ai diazocomposti, un campo già più volte battuto dai suoi predecessori di cui riesce a rinnovare nella sua profonda dottrina, conferendogli un impronta ancora oggi indelebile.

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Non manca nemmeno di esplorare i composti aromatici come i derivati del benzene, e degli eterociclici come il pirrolo, il furano e l’indolo, arrivando a riscrivere il concetto di oscillazione concepito da Kekulé con il suo famoso serpente, gettando le basi per la sua evoluzione in risonanza delle strutture quanto-meccaniche come descriverà nel 1928 Linus Pauling, grazie alla scoperta di due derivati isomeri del tipo:

R’.N(=O)=N.R”

R’.N=N(=O).R”

che si differenziavano nettamente nel loro comportamento chimico con reazioni originali e criteri fondamentali di riconoscimento. Angeli riesce anche a far crollare le venerate assunzioni del chimico tedesco Arthur Rudolf Hantzsch sui rapporti di semplice stereoisomeria fra i normali composti diazotati e gli isodiazotati il cui comportamento chimico, anche in questo caso, li differenziava profondamente.

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Eumelanina

Scoprì inoltre lo stretto legame che esisteva tra i neri del pirrolo (composti ossidati e policondensati a struttura pirrolica) e le melanine naturali, cioè i pigmenti scuri della pelle, dei peli, dei tumori, del nero di seppia, ecc. Secondo Angeli infatti, esisteva la possibilità che la tirosina si trasformasse in pirrolo e quindi nelle varie melanine a causa dell’azione ossidante della tirosinasi che così chiariva non solo la natura delle melanine, ma anche il processo biochimico della loro origine. Questa previsione viene poi confermata nel 1927 grazie alle ricerche di Henry Stanley Raper, consolidando la brillante affermazione italiana anche nel campio della biochimica.

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Tra i suoi contributi alla chimica delle sostanze naturali, oltre al proseguimento delle ricerche sulla Santonina, sostanza già esaminata dal suo primo mentore Carnelutti e in seguito da Cannizzaro, di cui riesce a definirne la corretta struttura da loro erroneamente assegnata, mentre prosegue ad una serie di ricerche in gran parte teoriche, sulle analogie di comportamento fra i derivati del benzene in posizione orto- e para-, individuando una corrispondenza inaspettata con gli analoghi alifatici.

Enuncia così la cosiddetta “Regola di Angeli” I due sostituenti X e Y separati tra loro da catene insature (doppi legami coniugati) oppure posti in posizione orto o para di un anello benzenico, possono reagire fra loro o con altre sostanze come se l’anello benzenico non esistesse. Su questa base, nei casi in cui l’effetto elettronico risulta determinante per l’azione di una molecola, l’interposizione di un gruppo vinilico o di un gruppo aromatico tra i due gruppi responsabili di tale effetto può produrre composti che mantengono l’attività, purché naturalmente ciò non interferisca con altre caratteristiche essenziali per l’interazione, come la forma e il volume della molecola.

Pirrolo, tiofene e furano sono molto simili fra di loro e nella formazione dei loro composti seguono la regola di Angeli delle analogie. Risultava quindi ragionevole supporre che durante il processo di sintesi biologica dei derivati della proteina da tali composti possono verificarsi reazioni chimiche e fisiologiche analoghe e condizioni particolari in cui un gruppo pirrolico può essere sostituito da un simile gruppo tiofenico o furanoide. Con questo riscuote nuovamente le glorie dal mondo accademico all’estero, per esempio in Germania, dove la teoria veniva definita con la locuzione Die Theorie der Vernachlässigung des Benzolkerns (la teoria che trascura il nucleo benzenico, secondo il mio maccheronico tedesco), ricerche raccolte nella sua monografia del 1924 “Sulle analogie di comportamento tra alcuni derivati del benzolo e i corrispondenti derivati della serie alifatica” che presenta uno dei capitoli più salienti delle moderne teorie della chimica organica, poiché tocca i problemi della struttura più intima del nucleo benzenico, anticipandone le più recenti revisioni. All’avanguardia erano anche i suoi studi pionieristici fra “costituzione ed odore”, dove si associa l’attività olfattiva alla capacità di ossidazione, mettendo in evidenza la chimica e la fisiologia dell’olfatto. Durante la prima guerra mondiale diventa Presidente della commissione dei mezzi protettivi contro i gas asfissianti, riuscendo ad attrezzare efficacemente il nostro contingente nelle offensive del Piave e a Vittorio Veneto, concorrendo con valore alla vittoria.

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Formula di struttura dell’idrossammato di ferro (III)

Delle sue creazioni, ancora oggi si adopera (anche in pirotecnica) il saggio omonimo per il riconoscimento delle aldeidi: un’aldeide trattata con il sale sodico di nitroidrossilammina e poi con cloruro ferrico fornisce una caratteristica colorazione rossa. Insieme al chimico Enrico Rimini performa un altro saggio, da non confondere con il precedente, chiamato appunto saggio o reazione di Angeli-Rimini e sfruttato per identificare se un composto organico ignoto contiene un acido carbossilico. Allo scopo si tratta il composto incognito con cloruro di tionile (SOCl2) e si riscalda a bagnomaria all’ebollizione per 4-5 min. Si aggiunge etanolo e si scalda per 1 min. Si raffredda e si aggiungono acqua e idrossido di sodio. Si riscalda ancora brevemente e poi si lascia raffreddare, indi si acidifica con acido cloridrico per evitare la precipitazione di idrossido di ferro(III), e si aggiungono 2-3 gocce di soluzione di cloruro di ferro (III). Se si forma un precipitato rosso di idrossammato ferrico allora il saggio è positivo: il composto incognito è effettivamente un acido carbossilico. Ancora oggi l’idrossammato suscita un certo interesse nella chimica computazionale per la ricerca sulla decontaminazione da plutonio.

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Nitrosile

Quella che forse si rivela la più grande intuizione di Angeli, è la scoperta del sale sodico dell’acido nitrossilaminico, detto anche Sale di Angeli (Na2N2O3), che si trasforma prontamente nei corrispondenti nitriti e in un residuo insaturo chiamato nitrosile (HNO), un composto chimico che riscuote un rinnovato interesse nella fisiologia per il trattamento dell’insufficienza cardiaca, già ipotizzato dal nostro quasi un secolo prima, e quindi a maggior ragione la sua creazione più elusiva. In seguito alle ricerche di Fukuto et al. che riportano come il nitrosile susciti un certo vasorilassamento arterioso tramite un percorso dipendente dalla guanilato ciclasi in forma solubile (sGC), diventa evidente che l’agente donatore di tioli, la l-cisteina, riesce a discriminare le funzioni vasodilatatorie del nitrosile da quelle del monossido di azoto o dai nitrosotioli: l’azione del sistema composto dal sale di Angeli e dal nitrosile può essere bloccata da questo agente, considerato che l’effetto del monossido nitroso ne viene potenziato. In combinazione con le evidenze che il monossido di azoto è l’unica specie in grado di attivare direttamente l’sGC, si arriva alla conclusione che l’induzione della vasodilatazione da parte del nitrosile è dovuta alla sua conversione intracellulare in monossido e alla successiva attivazione dell’sGC. Per diversi anni, la confusione tra le due specie e i loro meccanismi biologici hanno relegato il nitrosile ad un mero precursore della presenza di attività biologica del monossido di azoto, negando di fatto al nitrosile stesso il proprio diritto ad esistere. Fortunatamente la rivalutazione attenta delle proprietà e della reattività del nitrosile hanno definitivamente svelato la differenza, provando che i suoi effetti sono unici e distinti da quelli di qualsiasi donatore di monossido di azoto, contribuendo a sviluppare indubbi benefici nella terapeutica del sistema cardiovascolare e nella comprensione dei meccanismi sebbene sia ancora difficile determinare se questa entità chimica è destinata a rimanere una bizzarria di un singolare mezzo farmacologico o se essa si rivelerà finalmente come un efficace mediatore fisiologico, per giunta endogeno, dato che rintracciare la sua impronta metabolica sia in vivo che in vitro rimane una sfida importante per biochimici e fisiologi.

Angeli lavora con il suo solito ritmo instancabile fino alla sera del 31 maggio del 1931, accusando qualche oppressione di respiro, senza preoccuparsene. Al mattino seguente venne trovato esanime nel suo letto: l’edema polmonare che lo affliggeva lo aveva ucciso in poche ore. Ebbe evidente percezione della sua fine, ma morì senza invocare alcun aiuto, solo, in quell’austera solitudine in cui era vissuto. Un chimico sfuggente e di grande umiltà che ha lasciato segni indelebili della sua passione per la chimica, dimostrando la grande capacità dell’eccellenza scientifica italiana nel mondo. Un mito mai troppo emulato.

Questo articolo partecipa al Carnevale della Chimica di maggio ospitato su Scienza e Musica di Leonardo Petrillo.

Riferimenti:

ResearchBlogging.org
Paolocci, N., & Wink, D. (2009). The shy Angeli and his elusive creature: the HNO route to vasodilation AJP: Heart and Circulatory Physiology, 296 (5) DOI: 10.1152/ajpheart.00243.2009

Angelo Angeli (1864-1931): Lo scienziato timido di Marco Fontani e Mariagrazia Costa

La chimica italiana antologia biografica


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