Il cibo italiano vince nel mondo perché esiste uno specifico modello italiano, quotidiano, minuto, di massa, virale, di rapportarsi all'alimentazione. Sono 29,4 milioni gli italiani che si definiscono appassionati, ovvero persone a cui piace informarsi e parlare di cibo; 12,6 milioni si ritengono intenditori, capaci di discutere con buone nozioni su preparazioni, ricette e tradizioni; 4,1 milioni si considerano veri esperti. E sono 19,7 milioni gli italiani appassionati di vino, 7,2 milioni gli intenditori e 1,9 milioni gli esperti. L'enogastronomia è il nostro grande tema nazionale, pervasivo sul piano sociale, una componente fondamentale dello stile di vita, della cultura e dell'identità italica.È quanto emerge dalla ricerca del Censis "Gli italiani e il cibo. Rapporto su un'eccellenza da condividere" realizzata per il Padiglione Italia di Expo 2015, che affronta il tema chiave "Nutrire il pianeta" in relazione alla situazione sociale italiana.
L'identità alimentare italiana: una virtuosa articolazione di tipicità territoriali
La tipicità per gli italiani è fatta delle tante eccellenze dei nostri territori. Ma non vince l'autarchia gastronomica localistica, bensì l'orgoglio nazional-gastronomico, la predilezione per il complesso delle tipicità italiane intese come garanzia di qualità e di sicurezza alimentare. Nella vita quotidiana, la certezza delle radici si unisce però alla voglia di sperimentare: 38,5 milioni di italiani preparano pietanze e ricette innovative apprese da ricettari o da programmi televisivi, 29 milioni mangiano piatti tipici di altri Paesi europei (come paella, crepes, gazpacho), 25,7 milioni gustano piatti etnici (come guacamole e cous cous).
Mai più senza qualità nel piatto
Anche negli anni della crisi, per gli italiani la ricerca di prezzi convenienti non è andata a scapito della qualità. Nella scelta di un alimento, per l'87,6% conta la tipicità e il radicamento territoriale del prodotto, per l'86,3% la certificazione Doc, Docg e Dop, per il 59% la marca. Territorialità, trasparenza e certificazione sono al cuore delle scelte alimentari degli italiani come garanzia di qualità, sicurezza e salubrità del cibo.
Ma no alle ortodossie alimentari
Fatti salvi i fondamentali, gli italiani sono però refrattari a qualunque ortodossia alimentare. Con la crisi si è potenziata la logica soggettiva di combinare stili alimentari diversi con grande pragmatismo. Ecco perché nel quotidiano vince l'estrema articolazione delle diete. Nel Paese della dieta mediterranea, a oltre 20 milioni di italiani capita di mangiare nei fast food (2,8 milioni lo fanno regolarmente). E i prodotti tipici locali o di sicura provenienza italiana possono convivere con i surgelati (34,3 milioni di italiani acquistano surgelati e 24,7 milioni congelano pietanze preparate da loro stessi). Nelle abitudini degli italiani la qualità si unisce alla praticità in una logica combinatoria all'insegna del "politeismo alimentare".
Salute, relazioni e identità: le tante cose che il cibo ci dà
Salutare, divertente, relazionale, identitario: il cibo per gli italiani è tutte queste cose insieme. Per il 27,9% il rapporto con il cibo è salutare, perché è il modo per prendersi cura della propria persona. Per il 26,7% il legame con il cibo è divertente, perché stare a tavola fa parte del nostro modo di stare bene insieme. Per il 17,9% il cibo è anche un motivo di orgoglio e un fattore identitario. Insomma, per gli italiani il cibo aiuta a vivere bene, a stare bene con gli altri e a sentirsi parte di una comunità.
Cibo e relazioni, una lunga storia d'amore italiana
Sono 36,6 milioni gli italiani a cui capita di mangiare fuori casa e la convivialità è il motivo prevalente. Sono 19,6 milioni quelli che mangiano fuori per incontrarsi con gli amici in un ambiente diverso da quello casalingo, 10,3 milioni lo fanno per svagarsi e non cucinare, quasi 7 milioni per sperimentare pietanze nuove, di cucine etniche e tradizioni diverse. La ragione principale della scelta di un locale in cui mangiare è proprio la ricerca di un ambiente tranquillo che consenta di stare bene a tavola con i propri commensali: lo afferma il 39,4% degli italiani.
La tavola però non è imbandita per tutti: 2,4 milioni di famiglie non hanno acquistato alimenti necessari a causa di difficoltà economiche (un milione in più nel periodo 2007-2014: +85%). Sono 2,4 milioni le famiglie italiane (il 9,2% del totale) che però nell'ultimo anno non hanno avuto i soldi sufficienti per comprare il cibo necessario. Sono un milione in più rispetto al 2007, c'è stato cioè un aumento dell'84,8%. Puglia (16,1%), Campania (14,2%) e Sicilia (13,3%) sono le tre regioni con la quota percentuale più alta di famiglie che vivono in condizione di disagio alimentare.
Più figli, più disagio alimentare
Il 12,2% delle famiglie con figli minori (830.000 nuclei) nell'ultimo anno non ha potuto acquistare il cibo necessario a causa di difficoltà economiche. Le famiglie con figli sono anche quelle che hanno subito di più i tagli alla spesa alimentare negli anni 2007-2014: -15,6% le coppie con due figli, -18,2% le coppie con tre o più figli.
Le distanze sociali si ampliano anche in ambito alimentare
Con la crisi si sono acuite le preesistenti disuguaglianze alimentari. Nel periodo 2007-2014 le famiglie con capofamiglia operaio hanno registrato una riduzione della spesa alimentare del 17,3% in termini reali, mentre quelle di dirigenti e impiegati del 9,7%, a fronte di una riduzione media del 12,9%. Se la sobrietà è un valore, perché vuol dire scelta ragionata e selezione, non si può non constatare una dinamica di erosione della coesione sociale nelle nostre comunità che ha toccato anche il rapporto con il cibo.