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Il cimitero delle fontanelle ed il culto delle anime pezzentelle

Creato il 21 settembre 2014 da Vesuviolive

cimitero delle fontanelle napoli 1

E’ quasi impossibile cercare di riassumere in un breve e semplice post quell’incredibile mescolanza di storia, archeologia, religione, folklore e tradizioni popolari che costituisce il cimitero delle Fontanelle (rione Sanità). Una visita alla scoperta delle meraviglie di Napoli, dei suoi misteri e della sua vera essenza, non può prescindere dallo scendere all’interno di questo enorme ipogeo adibito ad ossario, in assoluto il luogo destinato al culto delle le anime del Purgatorio più noto della città. Il luogo è stato per quasi un secolo, da fine ‘800 fino alla chiusura del 1969, meta di un culto per alcuni quasi pagano, per altri  dettato dalla pietas nei confronti delle anime dei defunti, che portava le donne del popolo ad adottare un teschio (la capuzzella) ed a pregare per l’anonimo defunto (anima pezzentella in quanto abbandonata) affinchè questo, una volta giunto in paradiso, potesse concedere grazie come segno di riconoscenza.

Il luogo è un’ antica cava di tufo, utilizzato a partire  dalla seconda metà del XVII secolo  per raccogliere i resti dei morti durante le grandi epidemie di peste e colera e, più generalmente, di quanti non avessero la possibilità economica tale da garantirsi una degna sepoltura all’interno delle chiese cittadine.  In particolare furono qui seppellite le vittime dell’epidemia di peste del 1656 e di quella di colera del 1836, durante la quale morì anche Giacomo Leopardi.

Grazie all’opera del parroco dell’adiacente ottocentesca chiesa di Maria Ss. del Carmine, Gaetano Barbati, nel 1872 il luogo fu aperto al culto e le ossa furono collocate nella disposizione attuale, con i teschi posizionati su cataste di femori ai lati delle tre grandi navate che costituiscono l’ipogeo tufaceo.

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Secondo antiche leggende popolari pare che all’interno del cimitero delle fontanelle siano conservati i resti di circa otto milioni di persone, il che non è improbabile tenuto conto che sotto il pavimento vi sono migliaia e migliaia di ossa.  Il numero dei resti ordinati e riposizionati dal Barbati è di circa 40.000 cadaveri.  Nel corso degli anni furono poi aggiunti altre ossa, come ricordato da alcune lapidi, quelle rinvenute durante i lavori per la realizzazione di via Acton, accanto al Maschio Angioino e quelle provenienti dalla chiesa di San Giuseppe Maggiore, distrutta nell’ambito dei lavori di riqualificazione del rione “Carità” (1934).  Del resto è noto a chiunque voglia visitare il Castel Nuovo che quella è zona di antiche sepolture e di necropoli.  All’interno del cimitero vi è una cappella con presepe e sono presenti alcune statue: fra queste vanno ricordate quella di Gaetano Barbati e la statua nota come “il monacone”, una riproduzione di San Vincenzo Ferrer decapitata, il cui capo in passato era stato sostituito con un teschio.  Molti dei teschi ammassati hanno un numero stampato sulla fronte e presentano fori e lesioni: si tratta di scheletri prestati ai medici per studi e lezioni di anatomia.

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Camminando silenziosamente all’interno del cimitero mito, leggenda e realtà storica sembrano fondersi assieme in un unico, emozionante, racconto.  Tutti i morti seppelliti all’interno del cimitero delle fontanelle sono senza nome, eccezion fatta per le ossa riposte nelle teche all’interno della navata di sinistra. Si tratta di  Filippo Carafa, conte di Cerreto, e della moglie Margherita, il cui volto mummificato è legato alla curiosa leggenda secondo la quale costei sia morta affogata da uno gnocco.

Nonostante l’assoluto anonimato di tali ossa, chi entra per la prima volta nell’ipogeo non potrà fare a meno di notare che centinaia di teschi sono stati gelosamente messi da parte, custoditi in teche di ogni materiale, dal prezioso marmo al cartone, passando per vetro, ferro e persino scatole di biscotti: si tratta dell’adozione dei teschi da parte dei fedeli,  che spesso indicavano anche nome, cognome ed anno dell’adozione, segno di una devozione popolare tanto forte e radicata da causare persino la risposta della Chiesa ufficiale, che vietò queste forme di culto delle anime del purgatorio, un po’ troppo simili a certi riti pagani di antichissima memoria.

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Fino agli anni ’50 il culto era tramandato di generazione in generazione, con teschi messi da parte o segnati anche a penna con “è già occupato” (è il caso di un teschio sulla sinistra della statua di Gaetano Barbati), nonostante gli anni di chiusura, un po’ per curiosità, un po’ seguendo i racconti delle proprie nonne, il culto è ripreso negli ultimi quattro-cinque anni, con forme del tutto differenti. Dato che infatti non è più possibile entrare nel cimitero, spostare un teschio e metterlo in disparte come in precedenza, alcuni gesti dei “devoti” attuali mostrano come si possa facilmente sfociare nella superstizione: oggi c’è chi semplicemente posa su un teschio una moneta, un santino, un braccialetto o persino un biglietto dell’autobus senza alcun messaggio sopra o uno scontrino fiscale, quasi a prenotare idealmente teschio ed anima del Purgatorio…

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Sono tante le leggende popolari che animano il cimitero delle fontanelle,  una delle più note è quella della “capa che suda” (il teschio che suda): sono in tantissimi ad essere convinti che il teschio “di donna Concetta” in condizioni particolari trasudi lasciando umide le mani delle persone che le impongono sul bianco cranio e la terra circostante. E’ facile da individuare fra i tanti conservati nel cimitero, i quanto è l’unico cranio  lucido a causa delle ancora oggi continue cure delle devote, circondato da  santini, monete, fotografie e persino una spilla di partito (almeno al momento dello scatto fotografico, risalente al 2012).

La leggenda più famosa è però quella del “capitano” (wikipedia). Quanti ancora oggi si recano al cimitero delle fontanelle per devozione, hanno particolare cura dei resti di bambini, alcuni dei quali sono stati raccolti e riposti a parte in teche con all’interno anche giocattoli.

cimitero delle fontanelle napoli, teschio di donna Concetta

 

Queste (ed altre) fotografie riguardanti il cimitero delle Fontanelle sono state originariamente pubblicate sul mio blog: laboratorionapoletano.com


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