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Il Circolo continua a farsi del male (ma ride)

Creato il 22 dicembre 2015 da Annalife @Annalisa

2015-12-22_17h06_44Conosco un bravo disegnatore di fumetti (che non è Schultz, qui di fianco) che spesso rallegra le mie giornate squadernando sotto i miei occhi le sceneggiature del mio personaggio preferito. Io disegno abbastanza bene, ma è tutta tecnica, mai mi azzarderei a realizzare, che so, un fumetto o cose del genere. Dice: eh, ma non te l’hanno mai chiesto. Rispondo: eh, no, che me lo hanno chiesto, una volta, e io prima ho detto, sì, ci penso, e poi: ma meglio no.
Questo per dire che Ofelè, fa el to mestè ha ancora una valenza, dalle mie parti.
L’altra cosa che volevo dire è che, sempre dalle mie parti, quando qualcuno ti racconta di qualcun altro e comincia a tirarla in lungo con parenti, vicini e conoscenti, salta fuori la citazione di quella che spiegava di Mario che era andato a trovare il fratello dello zio di Napoli, cognato della cugina della prozia Angela, sorella della Camilla che aveva sposato il fabbro, che l’era el fioeul del por sugamàn ch’lè mort. Quando si comincia a parlare del por sugaman ch’lè mort, uno qui comincia a capire che bisogna smetterla di tirare in lungo.
Fatto sta che trovo un libro con un nome che riconosco, un titolo curioso (che non dirò); in sovrappiù, una bella copertina (che non mostrerò), e, nelle prime cinque pagine, queste rivelazioni:
– una virgola tra soggetto e predicato (sta diventando la mia ossessione, che abbiano cambiato le convenzioni con cui ci parliamo e scriviamo e nessuno mi abbia detto niente?);
– cinque pagine senza nemmeno un “a capo”, un mezzo paragrafo, un attimo di respiro;
– un personaggio (non affezionatevi, ché non c’entra niente con la storia) che finisce sotto un motocarro “in quanto quel motocarro non era guidato da nessuno, si era semplicemente rotto il freno a mano mentre era parcheggiato in discesa davanti al negozio di Alcide, negozio che in seguito fu acquistato dalla Susy (ma di questo parleremo più avanti)”, cosa che ci rivela
– uno scarto di almeno un grado nell’uso della punteggiatura: niente quando ci vorrebbe una virgola, virgola quando ci vorrebbe un punto, ecc.;
– “a un tratto, echeggiò uno sparo!” Ecco, io non so l’inglese ma mi viene da dire: really?
E qui temo di dover cominciare con degli spoiler, perciò, se volete approfittare della lettura, smettete di leggere.
[qui sotto spoiler, ve l’ho detto]
Nelle pagine successive, i due protagonisti vengono minuziosamente ma disordinatamente descritti, a partire dai nomi: Adelino e Adelina (really?). Poi c’è Ampelio (e Adelino –A-de-li-no– pensa, insieme a voi: “che nome del cavolo!”).
Ampelio è innamorato di Silvana, che ha trent’anni più di lui ma “gli ricordava in maniera impressionante Irene, la migliore amica di sua madre, la quale lo aveva visto accidentalmente nudo una mattina d’estate quando era entrata in casa e, di stanza in stanza, era finita nella sua camera mentre egli dormiva ignudo e aizzato da una polluzione mattutina” (no, ma… really??). Comunque, tranqui, il suo sogno d’amore con Irene non fu mai coronato perché Irene muore di infarto (dopo aver visto l’ignudo)(giuro). Certo, qualche pagina dopo Irene risuscita perché qualcuno si confonde con Silvana, ma poi sparisce di nuovo.
In ogni modo: “in una notte buia e tempestosa [no, seriamente, c’è qualcuno che può mettere questo dopo aver scritto ‘ad un tratto echeggiò uno sparo’?] si rese conto che Adelina usciva la sera per inseguire di nascosto Ampelio, il quale pedinava Silvana, la quale aveva una storia clandestina con il padre di Adelino” (che amava Adelina). E, una manciata di righe più sotto: “l’unico ad avere il quadro completo era lui che vedeva Adelina seguire Ampelio, che seguiva la Silvana che seguiva suo padre”.
C’è anche una pistola e un parroco che guarda giornali porno ma tre pagine dopo è al funerale (il suo). Ecco, la trama si infittisce (cit.).
E tutto per dire che Ofelè, fa el to mestè ha ancora una valenza, dalle mie parti.



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