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Il comandamento di vivere

Da Mammapiky @mammapiky
IL COMANDAMENTO DI VIVEREUn ragazzo di 16 anni muore in discoteca dopo aver assunto una pastiglia di ecstasy, la madre al pronto soccorso urla ai medici "Vi prego, ridatemi il mio bambino". 

È straziante tutto questo anche solo a leggerlo su un quotidiano, figuriamoci a viverlo. Ho due bimbi ancora piccoli ma una notizia così, ci accomuna tutte e credo che nessuna di noi possa dirsi immune. Lo ammetto lì per lì ho storto il naso, un ragazzino di 16 anni alle quattro di notte in discoteca, non ci sta. In vacanza da solo, nemmeno. "Non lo permetterei" mi sono detta e per un attimo mi son sembrata mia madre quando diceva "no" a delle banali feste di compleanno in casa o al circolo del paese, a quanto quel no mi sembrasse strano, eccessivo e ovviamente, ai miei occhi, incomprensibile e di sicuro ingiusto. Lei che provava a trattenermi, io che volevo fuggire. Lei per la quale "ero ancora piccola" io che già da un pezzo mi vedevo maggiorenne. Lei che era meglio "non bruciare le tappe" io che le tappe le volevo addirittura saltare. Era così per me e sarà così anche per loro lo so. Non c'è scampo. Non ho scampo. E allora che si fa? Dirò raffiche di "no"? Li barrerò in casa e passerò al lanternino tutti i loro amici? Oppure vivrò/vivremo con il cuore in gola ogni volta che usciranno dalla porta? Di sicuro se il cielo me ne darà l'opportunità (e speriamo che mi accontenti), mi troverò anch'io a dover rispondere a "Posso andare in discoteca?" (o in qualunque altro posto) e come mi comporterò in quel caso, non è certo che io lo sappia. Ora posso dire che certe cose non gliele permetterò, che cercherò di spiegare e di essere un buon genitore ma con fermezza, posso pure azzardare che i miei figli saranno così "bravi" da non fare nemmeno certe richieste, posso fare la dura ed essere supponente insomma, ma il fatto è che Leo ha cinque anni, Teresa due, ne deve passare acqua sotto i ponti prima che succeda, e quando arriverà il momento, forse tutta questa certezza che ho ora, sarà andata a farsi benedire, io sarò diversa, i miei figli lo saranno, lo sarà il mondo, le abitudini e le convenzioni... voglia a far programmi ora. E allora che si fa?Prima di tutto non si giudica, non si giudica un genitore mai, men che meno davanti ad una tragedia così. Ritenersi migliori, è il primo passo per sbagliare. Poi c’è la rabbia verso un mondo che è al più completo sbaraglio, e dove fa paura dover far crescere i figli. Tutti indignati di fronte allo spaccio alla luce del sole, ma Signor Cocoricò, quanti gestori di locali predispongono controlli veri? Non serve poi molto eh, qualche buttafuori che giri intorno a pista e tavolini, può far già tanto. E poi ci siamo noi (e non ho fatto un elenco per importanza eh?!), noi come famiglia ma anche scuola, e istituzioni. Ci siamo per trasmettere i valori quelli veri, per comunicare che vivere di passioni è bello, che l’amore è passione, lo è la musica, il ballo, le vacanze con gli amici, che vivere è un comandamento. Ci siamo per aiutarli a riconoscere “belzebù” e a non esserne attirati, a dire di no a quell’amico un po’ “sciocco” che nemmeno sa cosa sta facendo, anzi a prenderlo per mano e a tirar via pure lui. Facciamo educazione nelle scuole, partiamo dalla base, se gli strumenti che hanno in mano non bastano, diamogliene degli altri. Ascoltiamo ciò che dicono, guardiamo ciò che fanno. Che si applichino misure vere, non spaventapasseri e che nessuno si nasconda dietro alcun dicastero, perché quando un ragazzo di 16 anni muore così, non possiamo dire che, a parte lo spacciatore di turno, “nessuno è responsabile”. 



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