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Il cuore aperto della cardiologia

Creato il 13 aprile 2010 da Antonio Maccioni

Sulle pagine di Nazione Indiana l’intervento sulla responsabilità dell’autore è toccato questa volta a Marcello Fois. La domanda interessante rivolta all’interlocutore è sempre quella (Credi che il web abbia mutato le modalità di diffusione e di fruizione della nostra letteratura (narrativa e/o poesia) contemporanea? E se sì, in che modo?) e Marcello Fois risponde:

Non sempre positivamente. Da un lato il web ha funzionato come straordinaria cassa di risonanza, dall’altro però ha trasmesso l’illusione che chiunque abbia titoli per parlare di letteratura. Ha reso il lettore, anche quello saltuario o mediocre, protagonista. Ha fatto protagonista persino il non lettore, che in un sito di scrittura può affermare il suo inalienabile diritto di giudicare quanto non ha mai letto. E’ un paradosso che ha evidenziato la necessità assoluta di una critica che non abdichi al suo compito di custodire, interpretare, e mettere in campo, un patrimonio inestimabile. Il confronto diretto è solo apparentemente democratico, non vedo scrittori che discutono di operazioni a cuore aperto in siti di cardiologia, ammesso che non siano medici. Ci sono spazi in cui si va per curiosità e per apprendere e altri in cui oltre a questo, si ha titolo per intervenire. Vorrei più lettori con più argomentazioni, ma vedo solo scrittori che parlano tra loro o non lettori che farneticano. La democrazia è costosissima, e diventa sempre più rara, non dovremmo sprecarla, confondendo il sacrosanto diritto di parola con la fisiologia fonetica.

Ovviamente la mia argomentazione è pretestuosa e provocatoria, ma non più pretestuosa dell’intervento di riferimento. In buona sostanza Marcello Fois sostiene che si possa parlare e giudicare qualcosa solamente con cognizione di causa. Ovvero: posso parlare esclusivamente di ciò che conosco. In parole più povere: non posso scrivere né parlare di lettura e scrittura se scrivo malissimo e leggo zero. In questo senso la riflessione sulla democraticità della critica suona palesemente bene ma è ridondante. A patto che Marcello Fois volesse dire che per parlare di letteratura siano necessari i rispettivi titoli, intesi probabilmente anche in senso figurato, come mi pare abbia detto.

Ecco: io non credo esistano elezioni democratiche perché chi vota conosce i programmi di ogni partito. Mi piacerebbe che fosse così ma così non è. Io non ho  diritto a una tessera elettorale perché so esattamente cosa farmene. Si tratta di un diritto che non mi è concesso ma garantito dallo Stato a patto che risponda a determinati requisiti: molto bene o troppo male, ma fuor di metafora riesco a leggere e ho imparato a scrivere. La questione della democraticità dovrebbe inoltre essere fondata su un canone letterario, e in questo caso non ho idea a quale canone letterario si faccia riferimento. A meno che – per il resto – non si voglia semplicemente dire che la critica debba essere autorizzata ed investita da un non-pubblico, e probabilmente è proprio quella la questione.

Però la critica non dovrebbe abdicare al proprio compito ma interpretare e custodire, e questo mi piace,  e se le cose non avessero un loro nome e i concetti un proprio significato quello che dice Marcello Fois sarebbe vero, ed è forse anche vero, ma non sono sicuro che c’entri troppo col cuore aperto della cardiologia.


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