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Il DdL Gelmini

Creato il 15 ottobre 2010 da Bourbaki @bourbakis
Il DdL Gelmini

foto:flickr

La discussione del DdL Gelmini sulla riforma universitaria è slittata a metà novembre. Il rinvio del DdL è un piccolo segnale positivo a cui penso abbia contribuito anche la grande mobilitazione del mondo universitario e della ricerca contro questa assurda riforma.

Se a novembre verrà approvata, io sarò tra quelle migliaia di ricercatori precari che rimarrà fuori dall'Università. Sì perché le nove mila assunzioni di cui si parla, attorno alle quali ruota il problema fondi, non saranno appannaggio dei precari ma riguarderanno la promozione a professori associati di ricercatori già in servizio, ricercatori che sono già a tempo indeterminato.

Della tanto sbandierata "tenure track" potranno usufruire per il momento solo i vecchi ricercatori a tempo determinato ex legge Moratti, che sono circa 600-700. Per tutti gli altri, invece, ci saranno altri 6 anni di precariato e poi l'assunzione (previo concorso) solo se ci saranno le risorse per farlo. Se i fondi mancheranno - e non è difficile immaginare che mancheranno - il rapporto di lavoro con l'università non potrà più essere rinnovato.

Il DdL Gelmini di fatto sancisce la chiusura delle porte dell'Ateneo Italia. Chi è fuori è fuori, e chi è dentro... scivolerà tranquillo attraverso associatura e ordinariato. Business as usual, come sempre alla faccia del merito.

Per carità, per me niente di grave, preparerò la valigia - ho come la sensazione che saremo in molti, siamo circa ventimila, si dice, i ricercatori precari - e me ne andrò in un altro paese a continuare questo lavoro che mi piace, per il quale ho studiato (studi che lo stato italiano mi ha pagato dalle scuole elementari fino al PhD) e dove guadagnerò più del doppio di quanto guadagno qui.

Volevo però che il senso del post fosse un altro. Mi ha stupito in queste settimane vedere che in molti atenei si stanno tenendo assemblee, manifestazioni, incontri: tutti molto affollati. Che in tanti siamo preoccupati di questo momento che stiamo attraversando: perché in gioco c'è il futuro dell'università e della ricerca pubblica. Che poi vuol dire ricerca libera e indipendente.

Non può essere libera un'università in cui tutte le sue componenti (leggi i futuri ricercatori a tempo determinato) non troveranno rappresentanza e che ancora una volta non manifesta alcun interesse a far crescere e maturare i giovani ricercatori. Non può essere autonoma un'università al cui governo partecipano le aziende.

Tutto questo avviene non nella mia facoltà, la più baronale di tutte dove la protesta non attecchisce perché ci sono troppi favori da restituire, immagino. Anche a questo servono i precari e i ricercatori a cui far vincere concorsi farsa, no? Ma mi fa piacere, dicevo, vedere e partecipare a questa mobilitazione perché ci tengo ancora un po' a questo paese.


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