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Il delitto Matteotti e la svolta autoritaria del fascismo

Creato il 30 aprile 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il 3 gennaio del 1925, Benito Mussolini rivolgendosi alla Camera dei Deputati rivendicò la responsabilità del clima che aveva portato all’uccisione del deputato socialista Giacomo Matteotti e avviò la svolta autoritaria del regime

Il fascismo si era ormai affermato, Mussolini era a capo del governo e aveva grande seguito e appoggio tra parte della popolazione: non era ancora però del tutto un regime autoritario e gli schieramenti antifascisti tentavano con grande fatica di creare una efficace opposizione.

Il delitto

Giacomo Matteotti il 30 maggio del 1924 aveva denunciato con un discorso alla Camera le violenze e i brogli compiuti dai fascisti in occasione delle elezioni di aprile, durante le quali avevano intimidito con minacce e violenze gli schieramenti e le forze antifasciste. Da queste elezioni (anche grazie alla legge Acerbo, una legge elettorale di tipo fortemente maggioritario approvata dal parlamento nel corso del 1923) il Partito Nazionale Fascista uscì enormemente rafforzato e si formò un governo principalmente fascista appoggiato da gran parte dei liberali e da alcuni dei cattolici più conservatori: l’appuntamento elettorale portò infatti alla coalizione guidata da  Mussolini il 64,9% dei voti. Dieci giorni dopo aver pronunciato questa accusa Matteotti fu rapito e, come si seppe in seguito, fu immediatamente ucciso. Nei mesi che trascorsero prima che fosse ritrovato il corpo e in quelli ancora successivi fino alla fine dell’anno il fascismo attraversò un momento di fortissima crisi: quello che passerà alla storia come “delitto Matteotti” provocò malcontento e ostilità al regime e il fascismo ebbe un momentaneo calo di consensi. Le opposizioni però non seppero cogliere l’occasione per creare un fronte unitario in grado di opporsi efficacemente all’azione del fascismo e decisero di abbandonare i lavori parlamentari con la “secessione” dell’Aventino (il nome deriva dalle secessioni compiute dai plebei di Roma nel corso dei conflitti con i patrizi, durante le quali tutti i plebei lasciavano la città lasciandola senza forza lavoro e soprattutto senza difese). Le opposizioni oltre ad abbandonare il parlamento chiesero l’intervento della monarchia, che però confermò la fiducia a Mussolini esigendo in cambio una vera normalizzazione del fascismo e l’eliminazione dei suoi aspetti illegalisti.

La “rivoluzione legale”

Il discorso di Mussolini alla camera segna quello che si potrebbe definire il passaggio dalla fase “liberale” del regime a quella autoritaria.

matteotti

Photo credit: Dominio pubblico

“Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento ad oggi”.

Come scrive Emilio Gentile, importante storico del fascismo, “la trasformazione del sistema politico italiano in un nuovo regime a partito unico avvenne attraverso una specie di “rivoluzione legale”, cioè con l’approvazione, da parte del Parlamento dominato dai fascisti, di un complesso organico di leggi autoritarie”.¹ Il giurista che curò gran parte di queste leggi (anche dette “leggi fascistissime”) fu Alfredo Rocco, il cui codice penale è ancora oggi in uso (con modifiche e aggiunte introdotte nel corso della repubblica). Tra il 1925 e il 1926 dunque il fascismo liberò le sue tendenze totalitarie, che raggiungeranno il loro massimo sviluppo tra il 1936 e il 1939, e iniziò la trasformazione dell’assetto politico italiano: nel novembre del 1925 fu abolita la libertà di organizzazione ed entro la fine del 1926 tutti i partiti erano sostanzialmente fuori legge eccetto il Partito Nazionale Fascista (PNF), inoltre la Camera dei Deputati dichiarò decaduti i parlamentari dell’opposizione “aventiniana”; la stampa fu fascistizzata, i giornali che non si adeguarono alle direttive del regime furono chiusi o ne furono sostituiti i giornalisti; tra il 24 dicembre 1925 e il 31 gennaio 1926 alcune leggi stabilirono la supremazia del potere esecutivo e la subordinazione dei ministri e del parlamento al capo del governo, figura nominata dal re e responsabile solo di fronte a lui; nel febbraio del 1926 il regime intervenne pesantemente nell’amministrazione locale imponendo a capo dei comuni i podestà, nominati per decreto reale e subordinati ai prefetti. Un altro importante atto del regime fu la reintroduzione della pena di morte per i reati contro “la sicurezza dello Stato” e la creazione del “Tribunale speciale per la difesa dello Stato”, che tra il 1926 e il 1941 emanò 9 condanne a morte, 27’735 anni di prigione per complessivamente 5’135 oppositori politici, 15’000 condanne al confino. Se il delitto Matteotti fu dunque uno degli ultimi episodi eclatanti della violenza di “strada” del fascismo segnò però l’inizio della sua sistematica regolamentazione.

Le tendenze totalitarie del fascismo

Alla fine del 1926 il PNF era il partito unico del regime fascista e se l’uccisione di Matteotti era stato il primo deciso attacco al precedente regime liberale, i successivi interventi continuarono su quella strada. Gli interventi nella legislazione e nell’assetto politico, amministrativo, legislativo e giudiziario non si limitarono a questi, il regime di Mussolini lungo tutta la sua esistenza vide infatti all’opera tendenze totalitarie che influenzarono il tentativo di sgretolare le vecchie istituzioni liberali, compresa la monarchia, e di creare una nuova Italia fascista, o almeno “fascistizzata” tramite l’inquadramento della popolazione in strutture di tipo paramilitare ed educativo, nelle organizzazioni femminili o del dopo-lavoro: obiettivo del regime era dunque intervenire in ogni classe sociale e in ogni fascia d’età. Queste tendenza totalitarie esplosero nel triennio tra il 1936 e il 1939, in particolare con l’impresa in Etiopia, la partecipazione alla guerra in Spagna a fianco di Francisco Franco, la creazione della Gioventù Italiana del Littorio come unica organizzazione di inquadramento giovanile, l’abolizione della Camera dei Deputati sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni Un altro importante atto che indicò la volontà totalitaria di Mussolini e del regime fu la normativa anti-ebraica del 1938: fu innanzitutto una rottura drastica con la precedente tradizione liberale poiché fu per la prima volta infranto il principio di uguaglianza. Fino a quel momento infatti il fascismo aveva colpito gli oppositori per ciò che avevano fatto o si riteneva potessero fare contro il regime, mentre ora gli ebrei erano colpiti per il solo fatto di essere tali: la normativa antiebraica ebbe una forte connotazione totalitaria poiché oltre a colpire gli ebrei aveva come obiettivo influenzare i comportamenti degli altri cittadini italiani nella loro vita quotidiana in modo che fossero essi stessi a procedere all’emarginazione della piccola popolazione ebraica italiana. Il regime fascista italiano dunque non seguì sempre una precisa e ben definita direzione ma a seconda dei momenti di successo o di crisi che attraversò il suo intervento nello Stato e nella popolazione variò anche considerevolmente in ogni ambito: esso fu influenzato certo dagli sviluppi interni alla riflessione fascista ma una parte fondamentale fu l’iniziativa di Benito Mussolini, che seppe adeguare la propria azione al momento cogliendo rischi e possibilità (con l’omicidio Matteotti ad esempio corse un grosso rischio), modificando anche radicalmente il proprio pensiero in base ai mutamenti dell’opinione pubblica italiana, della situazione politica interna ed estera.

¹: Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione”, Laterza, 2002 pag. 19.

Tags:Alfredo Rocco,Aventino,delitto Matteotti,fascismo,Giacomo Matteotti,Legge Acerbo,leggi fascistissime,mussolini Next post

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