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Il difficile inizio dei New York Knicks

Creato il 10 novembre 2013 da Basketcaffe @basketcaffe

E’ appena la quinta partita della stagione e la logica insiste che è ancora troppo presto per giudicare i New York Knicks, che di sicuro non hanno iniziato nel migliore dei modi e ancora meno come avrebbero voluto. Ma siamo ancora all’inizio di un lungo viaggio, l’NBA è lunghissima e le cose possono cambiare.
Non siamo sempre sul pezzo“, ha detto Carmelo Anthony.
Avremo modo di fare tutti gli aggiustamenti necessari“, ha aggiunto coach Mike Woodson.

L’ultima partita persa nel rinnovato MSG (diventato ancor più bello e ancor di più “the most famous arena”) contro i Bobcats, una squadra che dovrebbe avere minime possibilità contro gli orange and blue, ha evidenziato come anche Charlotte in questo momento possa vincere una partita con disinvoltura a New York.
La scorsa notte i Knicks si sono vendicati, ma certo una vittoria a Charlotte non è esattamente un’impresa, anche se i segnali di crescita, soprattutto da parte di Bargnani (25, 8 rimbalzi e 5 stoppate, numeri che non si vedevano dai tempi di Patrick Ewing) sono incoraggianti.

La lunga lista di lamentele è risibile. C’è Carmelo Anthony, che continua a vivere l’esperienza di giocare con un set di mani in prestito, avendo sbagliato 66 dei 111 tiri presi fino ad ora (40.5%). C’è il triste spettacolo di Amar’e Stoudemire, apparso molto arrugginito, che può ben essere, e questo non è facile da scrivere, anche uno dei peggiori giocatori della NBA in questo momento.
C’è il malessere generale che ha infettato i Knicks per le due ultime uscite casalinghe contro Timberwolves e Bobcats, che è semplicemente difficile da ignorare.
L’assenza dell’unico centro di ruolo può spiegare qualche problema, ma è il linguaggio di squadra che è errato: Tyson Chandler è disteso a terra, dopo aver avuto un incontro ravvicinato ginocchio vs ginocchio con Kemba Walker; se ne sta seduto a terra dolorante senza che nessuno dei compagni si precipiti a tendergli la mano, come se standogli a distanza, si possa avere la speranza che si rialzi e tutto passi magicamente. Gli esiti della MRI confermano la microfrattura del perone destro con uno stop di almeno 6 settimane e quindi bisogno di trovare qualche soluzione alternativa per coach Woodson.

In estate, la corsa al titolo da parte di New York ha già avuto i suoi primi intoppi. Steve Grunwald, General Manager, viene rimpiazzato con l’eccentrico Steve Mills. Le paure di un ritorno in auge di Isiah Thomas, vengono però spazzate via dallo tesso Mills. Primi colpi: via Novak (forse il miglior tiratore puro della lega), Camby e Quentin Richardson per Andrea Bargnani. Un affare a prima vista: arriva il lungo tiratore che tutti aspettavano a New York. Poi Metta World Peace che atterra a NY desideroso di riscatto dopo il termine della sua “esperienza angelina” e felice di poter finalmente giocare a casa sua.
Ma Andrea Bargnani continua a vivere di alti e bassi, spesso dimenticato per quasi tutto il secondo tempo (34 minuti, la maggior parte da centro, la scorsa notte con Chandler in borghese). Metta World Peace è come sempre una bomba ad orologeria, sulla carta a parte le solite lacune offensive è stato un acquisto potenzialmente straordinario, soprattutto per quanto riguarda la fase difensiva, in quanto in grado di difendere su almeno tre ruoli. Proprio lo specialista difensivo che serviva in un roster con delle pause di intensità fuori dalla norma. Ma il problema sono le sue scelte offensive, e soprattutto la sua posizione in campo, che troppo spesso collima con quella di Anthony (e Bargnani e Stoudemire e Chandler…).

In effetti, tornando a Bargnani, non sta sorprendendo in maniera positiva lo staff Knicks, in quanto molto titubante, quasi emozionato nelle prime uscite stagionali. In estate preso con l’intenzione di attuare variazioni sul tema “Melo da 4 e lui da falso 5”, si ritrova a darsi battaglia con Kenyon Martin per minuti di qualità da pivot puro. Il tutto aspettando il ritorno di condizione di Stoudemire. Le sensazioni dell’ultima nottata non sono però negative: il quintetto piccolo con il Mago da centro ha dato estrema pericolosità ad una squadra che in attacco stava facendo fatica, pur con tanto talento a disposizione. Staremo a vedere.

Intanto, dopo pochi giorni dall’inizio della stagione, i rumors sulla gestione Woodson si amplificano. Un articolo apparso pochi giorni fa sulla stampa newyorkese criticava come l’ex coach degli Hawks sia sempre più influenzato dalle sue superstar, non riuscendo a tenere a bada i capricci di Carmelo Anthony: l’ex Syracuse infatti ha dichiarato la sua intenzione di rendersi disponibile come free agent a fine stagione, salvo poi ritrattare con un “voglio chiudere la mia carriera con questa maglia”. Sembra infatti strano come possa andarsene avendo la possibilità, che solo New York può dargli, di ottenere una multi deal option pari a 130 milioni di dollari e soprattutto potendo rimanere nel più grande mercato e parquet della Lega. Ma Melo, da leader vero, in questo momento vuole concentrarsi soprattutto sul giocato.

Credo che arriveremo ad un punto morto“, ha detto Anthony. “E’ facile finire a brancolare nel buio se ascoltiamo tutte le negatività che ci stanno arrivando addosso. Dobbiamo essere positivi, pazienti e lavorare di squadra“.

Intanto oggi, ore 18.00 italiane in diretta su Sky Sport3, in casa contro gli Spurs (sfida tra Mago e Belinelli) è previsto il rientro di JR Smith dopo la squalifica per uso di marijuana. Forse questo aiuterà Woodson a ritrovare il secondo violino che può dare man forte a Carmelo. L’ex stella dei Nuggets deve però, prima di tutto, uscire dal letargo che avvolge la squadra e in cui è entrato dopo l’espulsione negli scorsi playoff per una gomitata a Terry.

Questi Knicks, costruiti per andare fino in fondo alla Eastern Conference, dovranno dimostrare prima a loro stessi e poi ai loro rivali, di esserci, soprattutto con la testa e con le idee chiare in ambito tecnico tattico. La stagione a NY è già ad un bivio.
La cosa buona – ha detto Anthony – è che è presto“.

Siamo solo all’inizio, è vero, ma a volte, soprattutto a Manhattan, si fa presto ad arrivare tardi.

Ludovico Santon


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