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Il discorso del re

Creato il 01 marzo 2011 da Pim

Il discorso del re Un film di attori, parole e voci: non poteva essere diversamente. Un film sull'acquisizione dell’identità attraverso il linguaggio e sulle differenze di classe attraverso l'ottica di una amicizia inusuale. Paradossale il climax che conduce il protagonista al superamento dell’handicap con un discorso che, invece, calerà l'Inghilterra nel baratro del secondo conflitto mondiale. Sceneggiatura romanzata che va giù come una tazza di tè, ricostruzione ambientale minimalista stile BBC, fotografia patinata, regia invisibile. Salta all'occhio la splendida direzione degli attori, un cast di caratteristi azzeccati nella tradizione anglosassone (tranne Timothy Spall nei panni di Churchill, fastidioso), capitanati dal grande Geoffrey Rush che tiene testa a un Colin Firth nel ruolo della vita. Enorme impegno il suo, fatto di balbettitii, silenzi, dizione, cambi di tono e accenti, canzoni, poesie, brani teatrali. Emozionante perché sa rendere, con sfumature freudiane, il conflitto fra l'uomo (fragile, complessato, spocchioso, testardo) e il re, cui la nazione chiede di essere un simbolo. Un premio Oscar annunciato – che rimedia in parte al torto subito con A Single Man. Per questa ragione, più che altre volte, è necessaria la visione in lingua originale poiché il gran lavoro sull’emissione di parola è troppo castigato dal doppiaggio italiano.

Il discorso del re, di Tom Hooper, con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham-Carter, Guy Pearce, Derek Jacobi (Gb/ Australia, 2010, 111’). In programmazione al Greenwich Village di Torino.


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