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Il discorso di putin alla duma. ma quale guerra fredda!

Creato il 05 dicembre 2014 da Conflittiestrategie

 

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Ieri Putin ha parlato al Parlamento russo nel tradizionale discorso annuale. In un clima di emergenza nazionale, aggravato dai sanguinosi fatti di Groznyj, dove estremisti islamici hanno assaltato la “Casa della Stampa”, provocando numerosi feriti ed altrettanti morti, il Presidente ha invocato l’unità dei russi e il loro spirito di sacrificio per affrontare e superare le difficili sfide di questi tempi incerti e pericolosi.
Al centro del suo intervento la situazione economica interna ed i rapporti con la comunità internazionale, fronti sui quali il Cremlino sta subendo pesanti attacchi dagli Usa e dall’Ue. Da un lato c’è la crisi petrolifera, le complicazioni monetarie che hanno visto un indebolimento del rublo a causa di speculazioni mirate a danneggiare Mosca e i suoi protégés mediorientali, la fuga dei capitali e le sanzioni economiche collegate al conflitto in Ucraina, dall’altro le provocazioni, le intimidazioni, le ingerenze statunitensi nelle aree di pertinenza geopolitica del Cremlino, con la pianificazione, nemmeno tanto mascherata, di regime change filo-Usa nei territori periferici e nei crocevia etnici del suo vasto “impero”.
Il messaggio di Putin è stato chiaro. I russi, che hanno visto ritornare il benessere e la sovranità nazionale, riconquistati con enormi sforzi dopo la tragica parentesi degli anni ’90, sono ora chiamati a difendere le loro storiche conquiste, perché niente è garantito per sempre se non si è in grado di rispondere alle ostilità e alle minacce che provengono dai nemici esterni. Un discorso difensivo e ragionevole che in Occidente è stato interpretato come un ritorno ai toni della Guerra Fredda. Devo dire che i nostri commentatori hanno molta fantasia ed un’uguale abilità nel ribaltamento della realtà. Non c’è nemmeno uno scampolo di guerra fredda in quello che Putin ha detto e, tanto meno, nella oggettività multipolare della nostra epoca storica.
Non esiste una contrapposizione netta tra due campi polarizzati ideologicamente, come nella disputa novecentesca Usa-Urss. Non c’è contrasto irriducibile tra attori strategici e nemmeno chiarezza delle alleanze che, invece, mutano rapidamente con l’evolvere delle competizioni economiche mondiali, con la corsa all’accaparramento delle risorse rare e con il moltiplicarsi degli imprevisti geopolitici.
La situazione è estremamente fluida e cangiante, siamo molto distanti dalla cosiddetta solidificazione degli schieramenti che irrigidisce lo spazio del dialogo, innalza muri tra le parti ed impedisce lo spostamento delle intese. Peraltro, la Guerra Fredda fu una fase di grandi minacce (anche nucleari) e di lievi instabilità, mentre oggi si tratta dell’esatto contrario. Mentre i partner mondiali dissimulano ponderatezza ed ampi margini di cooperazione (che in verità risultano più striminziti del passato o, persino, inesistenti) crescono esponenzialmente i conflitti, per ora ancora marginali ma destinati a spostarsi sempre più verso il centro (o i centri) delle potenze, man mano che queste concentreranno la propria forza per scavalcare gli avversari e far valere le loro prerogative strategiche e di sicurezza. Queste saranno le caratteristiche dominanti della prossima fase, allorché da questo multipolarismo ancora flebile ci si sposterà (difficile dire in quanto tempo) verso un pieno policentrismo. Ed allora si passerà davvero ai fatti, senza poter escludere altre deflagrazioni mondiali, simili a quelle delle due grandi guerre del ‘900. Siamo ancora al principio del caos e la maggior parte degli espertoni già non ci capisce una mazza. Non è di buon auspicio.
Quando i giornalisti e gli analisti la smetteranno con la propaganda (questa sì da Guerra Fredda e da minestrina riscaldata per evitarsi la fatica di pensare) riusciranno a vedere tutto con occhio più lucido e riusciranno a proporre interpretazioni degli sviluppi epocali meno abborracciate di quelle attualmente di moda. La Guerra Fredda costoro ce l’hanno nel loro cervello che, difatti, si è congelato ed ha smesso di produrre opinioni e concetti all’altezza dell’organo.


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