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Il dopo Marini

Creato il 19 aprile 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Il dopo MariniPer Franco Marini bisognerebbe avere maggiore rispetto. Partigiano, sindacalista, una vita passata nelle fila del cattolicesimo democratico, uomo di fede e di coscienza, impegnato per i lavoratori in una sana prospettiva riformista. Non è certo una cattiva persona. Alcuni giudizi, frutto di una latente frustrazione nella base del Pd, sono stati severi e ingiusti al tempo stesso. Severi, perché hanno criminalizzato la moderazione dell'uomo, la pacatezza, la mitezza umana, in un paese certamente non avaro di Don Abbondio; ingiusti, perché hanno legittimato l'idea di uno strisciante servilismo nei confronti del Cavaliere, il Don Rodrigo di turno. E ciò, oltre a essere infamante, non corrisponde al vero. Se Marini è stato lealmente sostenuto dal Popolo delle Libertà durante la prima votazione, è perché dietro il suo nome si celava un tacito accordo, un nuovo e occulto patto della crostata, stipulato fra Berlusconi e Bersani a lume di candela. La strana coppia, Ber², che ha nelle proprie mani le sorti della nazione. Ora, che il Quirinale sia diventato merce di scambio nella prospettiva del varo di un bicolore Pd-Sel, è cosa nota ai più. Gli indignati dovrebbero allora manifestare le proprie rimostranze all'establishment del centrosinistra, evitando di spargere il sale sulle ferite di onesti funzionari, magari un po' troppo ambiziosi.

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Altra considerazione meritano invece le critiche “pure”, quelle che entrano nel merito della scelta, rivolte cioè al metodo di selezione che ha portato alla ribalta l'ex leader della Cisl. Da giorni i renziani andavano dicendo che il nome del Presidente del Senato emerito non era spendibile in questa partita: nelle ultime elezioni Marini non aveva ottenuto il seggio in terra d'Abruzzo, sia pur rifiutando il posto da capolista nel rispettivo collegio (a proposito, chapeau). Portare il suo nome sullo scranno più alto di Roma sarebbe stato un pessimo segnale per il paese. Inutile negarlo: anche stavolta l'opposizione interna è stata ripetutamente ignorata. In questo scontro dialettico, peraltro duramente osteggiato da Bersani, che non vuol sentire parlare di fuoco amico, Grillo ha saputo cogliere gli elementi di una contraddizione insanabile. Presentando Rodotà, ed invitando il Pd ad un gesto di distensione, ha modificato gli elementi sulla scena, ha mischiato le carte costringendo gli statisti della domenica ad improbabili contorsioni concettuali. Per chi ha il gusto della metafora calcistica, era come vedere il giovane Peluso inseguire sul prato dell'Olympiastadion quel marziano di Robben. Come spiegare alla base che Rodotà non è un uomo di garanzia? Come ignorare la sua estrazione politica e culturale? Come fermare il massacro del circo mediatico anti-casta?L'immagine plastica di Bersani che abbraccia Alfano è un capolavoro di stupidità politica, celebrato sotto gli obiettivi indiscreti delle telecamere. Quel ritratto fotografa una realtà arcinota e vale più di mille parole: l'inciucio c'è, esiste, il Pd tratta regolarmente, non ha intenzione di liquidare il Caimano, bensì ha la precisa volontà di discutere con l'amico Silvio i termini della posta in gioco. Ecco perché l'eventuale passo indietro di Marini non costituisce una tragedia greca: altre alchimie potranno portare a nomi nuovi (si fa per dire). Da D'Alema ad Amato, da Cassese a Violante, su su fino a Grasso. Si tratta solo di pescare il coniglio giusto dal cilindro del mago. Un coniglio che non dovrà garantire fermezza o legalità, né dovrà ribadire la necessità di applicare davvero la Costituzione. Nossignore, dovrà essere il garante di determinati equilibri. Lo ha spiegato bene La Russa, con un'infelice battuta che la dice lunga sulla statura politica dell'uomo. La destra ha il suo candidato. E’ una donna. Di nome si chiama Salva e di cognome Condotto. Chi debba tutelare è inutile che lo scriva.

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