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Il doppio delitto di Tosca – TransAssassinazione di Desiré, come un canto

Creato il 12 agosto 2011 da Fabry2010

Mentre posavi il trucco sul comò
per lapidare occhiaie similmente a una pace
dal viso cacciavi via dalle labbra
il suono assomigliato a noi.
Era canto tuo mia Signora?
O note acuminate di uno strillo?
Pugnale è la gelosia che vantavi
stiletto che affondavi a lama di pennello:
tela tragica rimasuglio di colore occhi gialli
e la tua voce: limone per le mie orecchie
santarelle.

Voi come una Signora a Voi prego Desirée,
vogliate scusare il tono della voce mia
fibrilla su le consonanti
e il timbro diatonico mi innamora.
Vi prego, come se non bastasse, è febbraio
il corpo dell’inverno martoriato
trova ragione – dal vecchio cielo disabile -
nelle urla della neve. Come una signora
Voi siete amante credente
di ogni minima tortura seviziante
nella calura della battaglia Voi
un lamento – nemmeno – riusciste a
perdonarvi.

Eri nel letto divisione a 5 cifre
- le hai mai sapute fare?-
che a dividerti pezzo per pezzo
- tu che non dai resti -
nemmeno un sufficiente
quoziente di intelligenza
mi davi per risolverti
- almeno capirti.
Tu cerchi la memoria
nel delirio primo
de l’età che ho stamattina
che non scompone
non semplifica o riduce.
E mentre riposavi
- statua di male e grazia ridonata -
il trucco sul comò, riguardavi.

Non vogliate voli, Ve ne prego
Mia Amore nel proponimento
dell’oblio non c’è ala che consoli
né cera che disubbidisca
alle carezze del solito sole.
Pure ogni carceriere
ha un evaso da custodire
pure un evaso ha la sua prigione
da ripiangere, semmai.
Per disamore di un accordo di chitarra
Voi infine – ostinata –
non mentivate più di quanto.

Ebbene certa, come la luce,
mi moltiplichi l’affanno del respiro
- grano di fiato sperduto -
e se mi alzo per farmi un caffè
capisco la faccia che ancora dorme
nei chicchi zuccherini
agguantati nel cucchiaio
troppo grande a contenerti.
Mischio le allegrezze sconfortate
alle docili anidridi del tuo respiro.
Fuori, dalle tende meschine,
la vita fermata
nel volo schivo di un uccello
condannato alla morte.
Io a te dipinto, il viso e le labbra
sempliciotte con ago e filo
dischiuse.

“Scherza coi fanti e lascia stare i santi!”
Uguale a un muto immobile Vi prego,
ho parole da darvi, non mi distraete.
Voi triste ubriaca, lanciata
da Castel Sant’Angelo, caduta
sul fiume che ritirò da tempo i suoi argini
(qualcuno li modificò
sapendo che un giorno Voi)
ora cemento ora sgomento
ora braccia spezzettate ora testa stracciata
la gonna spettinata i capelli rotti.

Tu cerchi la memoria
aggiungi un ricordo a modo tuo,
lo modifichi, lo scordi e lo ricordi
ancora in altro dove.
Una finzione finta nel vero
del vero che c’è.
E mentre a Roma stamattina
c’è nebbia, io sottraggo pianto
al nostro libero cercare
e vivo disperato.

Mentre nel prezzo della vita
che non pagaste ma di morte salva
vi salvaste io lanciavo una parrucca
e un proiettile all’indietro, lo sparo
di parola per il trucco deflagrato.
“Io lascio al mondo una persona cara”,
così Vi dicevo. O… O eravate Voi
a dirmi questa bugia?

Sotto le banali stelle lucenti
avete scambiato il nostro sangue per amore.
Voi, alla fine di Voi, nell’inganno finale
che slabbra gli orli dell’intorno sguardo,
con un mantello svolazzante tra le carni,
un pugnale ferocemente antico,
e uno specchio per vedervi precipitare,
sola mentre.

da Certi Ragazzi



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