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Il figlio di Silvia e Francesco

Da Lundici @lundici_it

Era una notte di giugno a Varsavia. L’aria estiva invitava al piacere di una passeggiata sulle rive della Vistola, ma per gli italiani in città c’erano ragioni più importanti per essere felici. In una partita che per molti aveva avuto il sapore di una vendetta sportiva di fronte alle umiliazioni economiche, la Nazionale aveva sconfitto 2-1 la potente Mannschaft tedesca e si era qualificata per la finale degli Europei di calcio 2012.

Al contrario della tradizione, questa era una Nazionale che giocava all’attacco. I giorni del catenaccio erano lontani. E, come se questo non fosse abbastanza, i due gol italiani erano stati segnati da un personaggio atipico. Non aveva gli occhi verdi come Buffon, ma scuri come la notte polacca. Il colore della sua pelle sapeva di Mediterraneo come quella di Pirlo, bensí nero come un figlio del Sahel. Nonostante avesse lo stesso nome del Presidente del Consiglio in carica e di chi fu console più volte nell’antica Repubblica romana, i suoi tratti africani contrastavano con la sua nazionalità e con il colore che vestiva in quell’occasione. Quella notte, l’Italia aveva di nuovo un re, però un re diverso da qualsiasi altro re che aveva regnato in passato. Il nuovo re era Mario Balotelli.

Il figlio di Silvia e Francesco

Mario Balotelli dopo il secondo gol in Italia-Germania 2-1 agli Europei 2012

Balotelli è particolare in ogni suo modo di essere. La foto della sua esultanza dopo il secondo gol ai tedeschi fece il giro del mondo. Dopo il gol, semplicemente si mise in piedi in mezzo al campo, si tolse la maglietta ed esibì i muscoli, fermo, come una statua di un superuomo, come un Ercole al negativo, pieno di arroganza, come a voler mostrare che non solo i suoi rivali, ma anche i suoi compagni erano degli ominicchi.

Assai spesso i comportamenti di Balotelli sono quelli di un macho. Fa di tutto per farsi notare, non importa in quale modo, se segnando un gol eccezionale o facendosi fotografare attorniato da top models nel mezzo di una festa ad Ibiza. Il motto della sua vita sembra essere la frase di Oscar Wilde: “’ll be famous, and if not famous, I’ll be notorious”. E’ difficile non avere un’opinione su di lui. O lo si considera un idolo o un mezzo idiota. Come accade con Maradona. Forse Mario, così come Diego, è fatto di quella materia di cui sono fatti gli immortali, che illumina, ma brucia allo stesso tempo. La sua storia, per questo, è degna di essere raccontata.

Il racconto ha inizio nel luogo, in cui si sono intrecciate mille altre storie altrettanto inverosimili. La Sicilia è stata per secoli una terra singolare, sin dall’epoca in cui greci e cartaginesi lottavano per il suo possesso. Questi ultimi credevano che la fucina di Efesto si trovasse dentro l’EtnaFu in Sicilia che visse il famoso Damocle, che chiese di essere re per un giorno ed una notte e fu esaudito, a condizione che, per tutto il tempo, pendesse su di lui una spada, perché avesse chiari i rischi che porta con se il potere. Per la fertilità del suo suolo e per il dolce clima mediterraneo, l’isola fu terra di conquista di numerosi popoli e questo le donò il suo carattere variopinto. Oltre a cartaginesi e greci, romani, bizantini, arabi, normanni, francesi e aragonesi si stabilirono in Sicilia. I giovani dell’aristocrazia inglese dei secoli XVIII e XIX si recavano in Sicilia per perfezionare la loro formazione (e ovviamente anche per spassarsela qualche mese). In tempi più recenti, mentre la Sicilia si liberava dai Borboni prima, e finiva nell’occhio del ciclone del Risorgimento poi, nacque l’organizzazione siciliana attualmente più famosa: la Cosa Nostra. Circondato da questa atmosfera di festa e mafia, di vino e vulcani, venne alla luce nella città di Palermo il nostro eroe Balotelli.

Il figlio di Silvia e Francesco

Balotelli (a destra) quando aveva 3 anni, con un amico.

Qualcuno si domanderà: dunque Balotelli è un siciliano purosangue? La risposa è no. I suoi genitori biologici si chiamano Thomas y Rose Barwuah. Giunsero dal Ghana in terra europea, in cerca di fortuna. Avevano già una figlia, Abigail e quando arrivò il secondogenito, si ritrovarono in una difficile situazione economica. E come se i problemi non fossero abbastanza, il bambino cominciò a soffrire di problemi intestinali che lo obbligavano a frequenti ricoveri in ospedale. Dopo due anni, in cerca di migliori opportunità, si trasferirono ancora, finendo dall’altra parte dell’Italia, a Bagnollo Mella, un sonnolento paesino in provincia di Brescia, nel profondo Nord. Il signor Barwuah ricorda che il figlio trascorreva ore e ore giocando a pallone. Vedendolo correr senza stancarsi mai, un amico di famiglia, gli diede il soprannome di Super Mario che ancora oggi lo accompagna.

Però neanche Super Mario era invincibile. La famiglia si trovava sempre in situazioni precarie, quando dovette essere operato per un problema intestinale. I genitori si arresero e chiesero aiuto ai servizi sociali, che proposero che il piccolo Mario fosse accolto in una famiglia che potesse offrirgli uno spazio adeguato dove poter trascorrere la convalescenza. Fu scelta la famiglia formata da Francesco e Silvia Balotelli, che vivevano a Concesio, nei dintorni di Brescia. Si decise che Mario sarebbe stato con i Balotelli per un anno, però, una volta trascorso questo periodo, venne concessa una proroga di altri 12 mesi e così, poco a poco, quel bambino di origini ghanesi si allontanò sempre più dalla sua famiglia biologica.

Mario Balotelli è rimasto in contatto con i Barwuah. In alcune occasioni si è incontrato con i suoi fratelli a cui ha regalato biglietti per assistere a qualche partita, però niente di più. I suoi genitori conservano ancora le foto di quando era piccolo a Bagnollo Mella. Thomas Barwuah ogni tanto rimane a fissare una foto in particolare, in cui è ritratto Mario a tre anni con un pallone in mano, e gli vengono le lacrime agli occhi. E’ doloroso per lui ricordare che suo figlio ha dichiarato di essere stato abbandonato in un ospedale e che lui e la madre lo avevano cercato solo quando era diventato ricco e famoso. “Sapete cosa ha detto?” – dice il signor Barwuah – “Che lo picchiavamo quando era piccolo. E’ una bugia. Gli abbiamo dato solo amore”. Un’altra immagine dell’album di famiglia sembra dargli ragione. Si vede la madre, Rose, con Mario e suo fratello Enoch, che giocano sorridenti. Tuttavia la verità probabilmente non si saprà mai.

Mario Balotelli entrò nel mondo del calcio professionistico molto giovane: a 15 anni giocava in una squadra di serie C. Il suo allenatore dell’epoca, Walter Salvioni, ricorda: “Mi è bastato vederlo 5 minuti per convincermi che era un giocatore straordinario. Era incredibile. Toccava il pallone in modo fantastico. Nonostante Balotelli passò poco tempo con Salvioni, quest’ultimo ebbe modo di notare aspetti del suo comportamento dei quali si sarebbe discusso molto negli anni a venire: “Se ne andava subito finito l’allenamento: non rimaneva mai quando si parlava di tattica”. Diceva che doveva studiare, ma in realtà andava ad incontrare i suoi amici. Salvioni dovette anche avere a che fare con le sue reazioni eccessive quando non era scelto tra i titolari per la partita. In quel momento, non fu data troppa importanza a questi atteggiamenti ed un anno dopo Mario fu ingaggiato da una delle squadre di calcio più prestigiose: l’Inter. La sua ascesa non conosceva soste.

Nella storia di Mario c’era qualcos’altro di particolare: era senza nazionalità. Può sembrare incredibile, ma questa era la sua situazione. Siccome i Balotelli non avevano seguito un procedimento formale di adozione, la legge italiana lo obbligava ad attendere la maggiore età per diventare cittadino del Bel Paese. Balotelli crebbe dunque in un paese che lo ha sempre trattato come uno straniero, non solo dal punto di vista legale, ma anche da quello sociale. Il colore della sua pelle lo rendeva “diverso” dai suoi coetanei. L’Italia è un paese che non è stato oggetto di un processo di immigrazione così rilevante come quello di altre nazioni europee ex-potenze coloniali ed un ragazzo di colore in una squadra di calcio è questione delicata e fonte di problemi. Buona parte della società italiana fatica ancora ad accettare gli stranieri, soprattutto se neri. Il carattere di Mario Balotelli, ribelle e trasgressivo, è tale probabilmente proprio per essere sempre stato trattato come un “oggetto estraneo”. Come se avesse dentro una rabbia che non è ancora riuscito a smaltire.

Il figlio di Silvia e Francesco

Balotelli riceve la cittadinanza italiana: è il 13 agosto 2008

In ogni caso, nel 2008 Balotelli compie 18 anni e riceve il passaporto italiano. I suoi commenti sono esemplari: “Sono italiano. Mi sento italiano. Giocherò sempre nella Nazionale italiana”. Parole d’insegnamento per quegli europei che ancora credono che l’Europa sia un continente bianco e cristiano.

Mario Balotelli lancia una sfida interessante agli italiani: imparare ad accettare che lui è uno di loro ed è fiero di esserlo. Ed a maggior ragione quando regala trionfi al suo paese al punto da diventarne l’immagine davanti al resto del mondo. Il suo caso ci obbliga ad aprire gli occhi di fronte alla realtà di un’Italia plurale e multietnica.

A quell’epoca, l’allenatore dell’Inter era José Mourinho che era appena giunto al posto di Roberto Mancini. E’ noto che Mourinho possegga una gran capacità di confrontarsi con gli ego che si trovano in una squadra di alto livello, però anche per lui, scontrarsi con la personalità di Balotelli, che già cominciava a far parlare di se, costituì un problema: “Potrei scrivere un libro di 200 pagine sui due anni che ho trascorso all’Inter con Mario”. In un’occasione, tutti gli attaccanti dell’Inter erano infortunati e l’unico disponibile era Balotelli. Nel primo tempo fu ammonito. Mourinho dedicò l’intero intervallo a pregare Balotelli che non andasse in cerca di problemi e rimanesse calmo. Appena rientrato in campo, nel primo minuto, l’arbitro lo espulse. Situazioni come questa, sommate ad uno scarso impegno, continuarono a ripetersi spesso, fino a quando Mourinho lo mise da parte. In seguito, Mario riuscì a farsi perdonare dal tecnico e tornò a giocare. Ma al termine di una partita nella quale fu fischiato, scatenò l’ira della tifoseria quando si levò la maglietta e la gettò a terra. Alcuni tifosi lo andarono a cercare dopo la partita per aggredirlo. Fu la goccia che fece traboccare il vaso: la dirigenza dell’Inter decise di venderlo. Lo ingaggiò il Manchester City, dove il tecnico era una vecchia conoscenza: Roberto Mancini.

Avendolo già avuto all’Inter, si sperava che per Mancini fosse facile gestire il temperamento di Balotelli. Inoltre non si trovava in Italia, dove, in un ambiente familiare, molti atteggiamenti gli venivano perdonati. Niente da fare. Mario fu più Mario che mai. Due settimane dopo essere arrivato a Manchester, distrusse la sua Audi R8 in un incidente. Un’altra automobile la ridusse in pezzi quando andò a sbattere contro un muro di una carcere femminile, semplicemente perché voleva dare un’occhiata a cosa c’era dall’altra parte. Mentre stava sparando dei fuochi artificiali dalla finestra del suo bagno, per sbaglio diede fuoco agli asciugamani e l’intera casa si incendiò. Fu multato per attaccare con delle freccette i giovani della primavera del Manchester City.

Il figlio di Silvia e Francesco

Balotelli è nato a Palermo (Italia) il 12 agosto 1990

Allo stesso tempo però, Balotelli ha un aspetto che lo avvicina alla gente. Si racconta che nelle fredde notti di dicembre a Manchester, si travesta da Babbo Natale e vada a consegnare regali ai poveri. Ha difeso bambini che sono stati vittima di bullismo. Dopo l’incendio della sua casa, ha prestato la propria immagine per una campagna contro l’uso irresponsabile dei fuochi artificiali. La sua personalità è così piena di contraddizioni che è davvero complicato decifrare cosa gli passi per la testa. Così come può prenderti a pugni per il più futile dei motivi, così ti può invitare a vari giri di birra o regalarti 1000 Euro. Forse Balotelli, in fondo, è solo un ragazzo tranquillo e bonaccione che, con i suoi atteggiamenti, vuole far sapere a qualcuno che lo ha maltrattato quando era un bambino che adesso lui è un grande atleta, un uomo che vale milioni e che può avere tutte le donne che vuole, mentre “quel qualcuno” si starà consumando la vita in qualche oscuro ufficio in un angolo dello Stivale. Balotelli ci invita a riflettere su tutto ciò ogni volta che, esultando per un gol, si alza la maglia del City per mostrare una scritta che dice: “Why always me?” (“Perché sempre io?”).

Lo spogliatoio del Manchester City è tutto tranne un luogo di pace. Dopo essere stato la squadra perdente della città per decenni, all’ombra del nobile Manchester United, un giorno sul City cominciarono a piovere i petrodollari (o, in questo caso, le petrosterline) di un principe arabo e ora la squadra è zeppa di giocatori di massimo livello. In un contesto come questo, gli scontri tra gli “ego” sono all’ordine del giorno. Oltre a Balotelli, ci sono altre personalità difficili da gestire come Tévez, Yayá Touré e Nasri. Bisogna rendere merito al gran lavoro di Mancini che riesce a contenere ed indirizzare per il bene della squadra il temperamento di questi giocatori, resi ancora più ingestibili dal successo e dai soldi. Nel caso particolare di Balotelli, Mancini lo conosceva già dai tempi dell’Inter e ha cercato di non dare eccessivo peso alle sue bravate. “Il suo problema è innanzitutto l’età e per questo può continuare a commettere errori. Lui è Mario. E’ mezzo matto, ma gli voglio bene, perché è un buon ragazzo” ha dichiarato al termine della scorsa stagione.

Nonostante queste frasi di affetto, anche a Mancini è capitato di perdere la pazienza con Balotelli, come era accaduto a Mourinho. Durante una partita contro l’Arsenal, cosa abbastanza rara per un attaccante, fece un paio di entrate molto dure sugli attaccanti avversari e si prese tre giornate di squalifica. Il tecnico decise che non avrebbe giocato nel resto della stagione a prescindere dalla squalifica ufficiale, dal momento che si era già reso protagonista di episodi simili nelle gare precedenti. Mancini si mantenne fermo nella sua decisione fino agli ultimi 15 minuti dell’ultima partita del campionato. Il Manchester City si giocava il titolo e a rubarglielo poteva essere proprio il suo rivale storico: il Manchester United. La partita aveva preso una brutta piega: il City perdeva 2-1 contro i Queen Park Rangers ed il sogno dello scudetto stava svanendo proprio sul filo di lana. Come ultima risorsa, entrò Balotelli. Mancava solo una manciata di minuti ed alcuni tifosi già cominciavano a lasciare lo stadio sconsolati. Ma ecco che arriva il gol del bonsiaco Dzeko: è il pareggio a 3 minuti dalla fine. Non basta: il City deve vincere. Momenti difficili per i malati di cuore. Quando mancano solo pochi secondi al triplice fischio, Balotelli riceve il pallone al limite dell’area. Inciampa, però, mentre cade, riesce a passare la sfera al Kun Agüero che insacca. Gol e trionfo per il City e il ragazzaccio si redime e ritorna ad essere l’idolo dei tifosi.

Solo due mesi dopo la vittoria del titolo in Inghilterra, Mario è in Europa Orientale con la maglia azzurra numero 9, nuovo idolo di un’altra tifoseria. Dopo la semifinale dell’Europeo contro la Germania, Balotelli è il goleador del torneo e parte di una squadra di cui tutta la stampa dice meraviglie. Per raggiungere la massima gloria, bisogna battere la Spagna, detentrice del titolo, che però non ha brillato nelle gare precedenti e con cui l’Italia ha pareggiato nella partita d’esordio. Sembra che esistano le condizioni perfettie per regalare una nuova gioia ai tifosi italiani, che ripongono tutte le loro speranze in Balotelli che, per molti sembra arrivare da Kinshasa e non da Palermo.

Il figlio di Silvia e Francesco

Nocerino consola Balotelli al termine della finale degli Europei 2012

Il primo fu David Silva. Poi Jordi Alba. E, alla fine, Torres e Mata. Quattro duri colpi inferti al cuore dell’orgoglio azzurro. La Spagna si laurea campione e la festa non è nelle piazze italiane, bensì in Plaza de Colón a Madrid. E anche in questo frangente, Balotelli non passa inosservato. Appena terminata la partita, infila furioso il tunnel degli spogliatoi, senza guardare in faccia nessuno. Poco dopo ritorna in campo, sicuramente dopo essere stato rimproverato da qualcuno e va a prendersi la sua medaglia d’argento. Ancora una volta si manifestano i misteri che racchiude la sua personalità, perché l’uomo duro e scorbutico cede il passo all’essere umano sensibile e fragile. Il volto che solo pochi giorni prima aveva mostrato alterigia e potenza, come se fosse quello di un robot sterminatore arrivato dal futuro, ora si riempie di lacrime. Balotelli piange sconsolato la propria sconfitta sul prato di Kiev. Piange perché il suo ego è ferito, certo, ma anche perché la squadra i cui colori ha giurato di difendere per tutta la vita, questa volta non è riuscita a conquistare la gloria.

Cosa c’è nel futuro di quest’uomo? Ha solo 22 anni, ma è al centro di ogni attenzione. Guadagna milioni di sterline all’anno. La sua ex-fidanzata, una supermodella, dice di aspettare un figlio suo, anche se lui non è così certo di esserne il padre. Riuscirà a calmare il suo temperamento? Si trasformerà da attaccante di potenza pura a leader capace di ispirare i compagni? Oppure si farà cacciare da una squadra dopo l’altra, incapace di rispettare anche la minima disciplina imposta dai vari allenatori? Queste sono le domande che si pongono gli appassionati di calcio, però ce ne sono altre più trascendentali che sono altrettanto importanti. Ci piacerebbe sapere se Balotelli, in quanto personaggio pubblico, sarà non solo completamente accettato dai suoi compatrioti, ma si trasformerà in un esempio per i migliaia di discendenti di immigrati che ancora combattono contro la discriminazione in Italia ed in altri paesi europei. In Francia, ad esempio, la presenza di immigranti e figli di immigrati nella nazionale di calcio non ha funzionato come elemento integratore perché il calcio è più popolare tra chi viene da fuori piuttosto che tra i bianchi, che continuano invece a preferire il rugby. In Italia, al contrario, tutti sono appassionati di calcio: gli italiani “di prima” ed i “nuovi italiani” e per questo ciò che accade in questo sport può essere un veicolo di trasformazioni sociali molto interessante.

C’è molta strada da fare ovviamente. Per esempio, quando giocava nell’Inter, Balotelli è stato varie volte oggetto di canti razzisti da parte della tifoseria juventina, mentre alcuni tifosi della Roma gli tirarono delle banane mentre si allenava con la Nazionale Under 21. Però, è proprio perché  accadono fatti come questi che giocatori come Balotelli devono dimostrare di avere ogni diritto, come chiunque altro, di essere riconosciuti come parte del paese. Inoltre, avendo un legame molto forte con l’Italia, sono disposti a lottare spalla a spalla con i loro concittadini per costruire e migliorare la società. Oltre le polemiche, oltre le sue follie, il ruolo che può svolgere il figlio di Silvia e Francesco nelle attuali circostanze è cruciale. Speriamo che anche lui la veda allo stesso modo.


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