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Il futuro dei promotori finanziari e dell’industria del risparmio gestito

Da Robertopesce

Il futuro dei promotori finanziari e dell’industria del risparmio gestitoNell’ultimo articolo pubblicato rispondevo ad una domanda di un mio allievo e cliente che riferiva di una surreale conversazione avuta con il proprio promotore finanziario (se hai perso l’articolo CLICCA QUA).

Al seguito dell’articolo si è sviluppata una interessantissima discussione tra Renato (promotore finanziario di lunga data), tra le altre cose anche mio amico e allievo dei corsi, e Fabrizio che pur non avendo ancora frequentato nessun seminario con me è tuttavia un attento lettore del blog e appassionato commentatore.

Aggiungo alcune righe alle considerazioni sviluppate da Renato e Fabrizio.

Concordo con te Renato quando dici che la “categoria” dei promotori (e le stesse banche) stiano attraversando un momento di trasformazione epocale a cui mi piace pensare sopravviveranno solo quei professionisti veri che lavorano in un’ottica “vincere-vincere” con il cliente senza raccontare frottole e fandonie e senza vendere prodotti finanziari che nemmeno loro stessi hanno capito ma abbinando ai prodotti almeno quel minimo di consulenza che prevede da un lato la comprensione delle reali esigenze del cliente e dall’altro almeno un minimo di “timing” sui mercati, perlomeno quando vengono commercializzati veicoli di investimento basati sui mercati azionari.

Onestamente parlando, non mi faccio però troppe illusioni al riguardo, soprattutto riguardo alla lungimiranza delle grandi banche e istituzioni finanziarie e di chi le governa, troppo focalizzate sul business immediato (leggi fatturati e numeri in aumento con conseguenti ricadute a pioggia sui compensi dei manager legati ai numeri dell’azienda e all’andamento borsistico del titolo) per andare ad imbarcarsi in un discorso di consulenza più articolato, complesso e costoso anche e soprattutto per quanto riguarda la formazione dei promotori, fino ad oggi (vale la pena ricordarlo) formati soprattutto a livello commerciale piuttosto che finanziario. Per approfondire tecnicamente questo discorso può valere la pena di dedicare un’oretta alla lettura dell’efficacissimo “Sopra la banca il bancario campa, sotto la banca il cliente crepa“.

Per essere ancora più esplicito, è sicuramente più facile e economico per la banca (e purtroppo, ahinoi, anche più produttivo commercialmente parlando) spiegare al promotore che “il prodotto tal dei tali è eccezionale e va spinto” piuttosto che farlo lavorare realmente da consulente e spingerlo ad impegnarsi per comprendere i mercati azionari e le proprie dinamiche.

D’altra parte, per citare le espresse parole di un noto personaggio che ama sovente promuovere la propria banca e sè stesso in televisione: “In borsa si investe solo il denaro di lungo termine perchè sul lungo termine le borse sono sempre e solo rialziste!”

Se lo dice lui, chi siamo noi per dubitarne?

Quanto poi si intenda per “lungo termine” sarebbe interessante definirlo una volta per tutte, così come cosa dovrebbe fare il povero cliente investitore a cui è stato sempre detto e ribadito “Compra, tieni, non vendere e comprane ancora!” quando (ad esempio nel 2008) vede ridursi il proprio patrimonio del 40-50% dilapidando così in pochi mesi il lavoro di risparmi dei dieci anni precedenti e magari, visto che lui non ha le entrate del suddetto miliardario, ha necessità di disinvestire per le proprie esigenze personali e familiari.

Tutto ciò, sono d’accordo con Fabrizio, non vale per la “nuova razza” dei consulenti indipendenti che giocoforza devono essere più preparati e puntare maggiormente (anche) all’interesse dei clienti essendo il rinnovo dei propri onorari più immediatamente legato ai risultati conseguiti e alla relazione attiva con il cliente.

Va però anche detto che i consulenti indipendenti sono ad oggi solo una sparuta minoranza rispetto all’esercito di decine di migliaia di promotori e bancari di stampo “classico”.

Tornando al discorso dell’industria del risparmio gestito e alle proprie truppe, ribadisco il mio scetticismo su una loro illuminazione perchè, ragionando in un’ottica strettamente commerciale e buttando l’etica e la deontologia professionale alle ortiche, hanno purtroppo dalla loro una grandissima forza data dai due principali punti di debolezza del grande pubblico dei risparmiatori: pigrizia e ignoranza

Ignoranza nel non conoscere almeno i meccanismi di base del mondo degli investimenti e di una efficace gestione finanziaria personale e pigrizia nel non cercare di porre rimedio alla stessa, cosa peraltro potenzialmente oltremodo semplice, rapida e economica frequentando in sole due giornate e con una spesa irrisoria ad un corso come INTELLIGENZA FINANZIARIA che, al suo interno, condensa più di 15 anni di mia personale esperienza e permette in un colpo solo di colmare l’80% del gap di conoscenza.

Contro tali avversari (pigrizia e ignoranza), tutti i consulenti indipendenti del mondo, i Roberto Pesce della situazione che cercano di rendere i risparmiatori un pò più preparati e meno sprovveduti e, non ultimi, i promotori come Renato che cercano comunque di differenziarsi investendo in prima persona su una formazione che la banca per cui lavorano non gli passa, non possono che ottenere un effetto sulla massa assolutamente minimale.

Tu stesso Renato, cercando in prima persona di migliorare la tua formazione e lavorando su un approccio  al cliente diverso da quello standard sai benissimo di essere una mosca bianca, non unico nel tuo genere ma sicuramente non in folta compagnia.

Mi piacerebbe riprendere anche il vostro concetto di “conflitto di interesse nella vendita” ma mi rendo conto che l’articolo si è ormai oltremodo dilungato.

Vorrà dire che ne parleremo in un prossimo post.

Alla prossima e, rivolto a tutti i lettori del blog, un invito a seguire l’esempio di Fabrizio e Renato commentando gli articoli e alimentando la discussione che, quando argomentata e civile, diventa un importante fattore di crescita collettiva.

Roberto Pesce


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