Magazine Cucina

Il gergo del vino al tempo dei Social

Da Iltaccuvino

On-Wine Dating_1280Ogni giorno bazzicando per blog, siti, forum e facebook ricorrono e si incontrano nuovi termini a descrivere le nostre predilette bevande. Si cerca oggi di stigmatizzare un vino in una sintetica parola, di concentrare in un sostantivo o in un aggettivo o al più in un’espressione d’impatto l’emozione e la percezione sensoriale e sensazionale che è frutto di una complicata combinazione di reazioni chimico-fisiche tra la suddetta bevanda ed il nostro apparato ricettore.

Termini che peraltro scatenano accese discussioni creando fazioni e rivalità, imbastendo schieramenti e nuove religioni enologiche, il tutto cercando di affermare l’obiettività del giudizio in un mondo (quello del vino) dove la percezione personale è quantomai soggettiva.

Ed ecco quindi una lista (certamente incompleta) dei termini utilizzati con più ricorrenza a tal scopo [da me medesimo per giunta!] che voglio qui parafrasare ed esplicare anche ai meno avvezzi a questo linguaggio moderno del vino, con un po’ di ironia, perché non bisogna necessariamente prendersi sul serio, mentre è importante rispettare la serietà del lavoro di chi sta dietro al vino, che mai si potrà riassumere in una parola.

  • simpatico: è il vino che presenteresti agli amici, che vorresti come compagno nelle giornate un po’ grigie, che va benissimo per la serata disimpegnata, ma non ti ci legheresti per la vita
  • struggente: il vino che sembra una canzone d’amore anni 90, un Michael Bolton o un nostrano Massimo Ranieri d’altri tempi, ti piace fino a morire, ti ricorda i primi amori enoici e quasi ti fa soffrire, celando nella sua struttura una vena malinconica
  • bellissimo: ti conquista col colore, poi lo bevi e mentre ti obnubila i sensi con i suoi racconti dai mille aromi già te lo immagini che arrivi in sella al suo cavallo bianco (Cheval Blanc?) e ti porti in salvo da questo brutto mondo.
  • succoso: lo berresti sempre, anche nel brick con la cannuccia a merenda
  • goloso: normalmente discende dal precedente, aggiungendo calore, rotondità, opulenza ben mascherata nell’insieme. Lascia un finale di frutto dolce frammisto a senso di colpa del tipo “Da lunedì comincio la dieta”
  • tagliente (vedi anche affilato): il vino che sembra dividerti a metà la lingua, lasciandoti una quantità di liquido che continua a correre al palato che non riesci a distinguere se sia saliva o il tuo dissanguamento ad opera di quella lama di acidità che ti ha appena trafitto il palato. Sono tra i miei preferiti, ottimi anche come arma di difesa personale. Nelle versioni classiche prendono le connotazioni del rasoio, per diventare invece raggio laser nelle versioni più moderniste
  • dalla beva compulsiva: ne assaggi un sorso e vieni assalito da un raptus che ti porta a sgomitare con gli occasionali compagni di bevuta, perquisendo i loro calici e scolandoli come non ci fosse un domani. Può portare anche alla pazzia
  • dalla beva imbarazzante: segue la situazione precedente. Dopo aver dato il peggio di te per accaparrarti le ultime gocce di nettare, strizzando la bottiglia nel bicchiere e svuotando i fondi dei calici dei commensali ti assale la vergogna, mitigata solo dal piacere della salivazione ancora stimolata da quella bevanda irrinunciabile
  • consolatorio: il vino che ti offre una spalla su cui piangere, una pacca sulla spalla e ti strappa un sorriso, anche in assenza di un amico con cui condividerlo
  • gastronomico: il vino che mette fame. Normalmente già carico di materia e profumi, solitamente sbilanciato in una qualche componente (tannino, acidità, alcol), chiede un piatto accanto per trovare la sua quadratura. E’ la fortuna dei ristoratori
  • ritmato: il vino di chi non sa stare fermo, che cerca dinamismo e mobilità del liquido, che una volta giunto al palato inizia a scandire colpi di piatti, charleston e grancassa con precisione magistrale. Quando si rompe il ritmo significa che è finita anche la bottiglia
  • da merenda: arrivati a questo punto siamo sulla soglia dell’alcolismo, dobbiamo ammetterlo, e per giustificarci troviamo l’abbinamento perfetto anche con le merendine dei distributori automatici
  • completo: come un abito gessato, come uno smoking perfetto, si abbina con se stesso e in se stesso, è un unico indivisibile, perfetto ed elegante. Può risultare persino altezzoso e pretenzioso, troppo chic per situazioni nazionalpopolari, nelle quali gli si preferirà un bel vino “casual”
  • timido: anche annotabile come ritroso. Si nasconde dietro il suo colore, oppure lo cerchi nel bicchiere, ficcando il naso sotto il bordo e persino sotto la sua base, per cercarne i profumi così ben nascosti. Ti rassegni al suo mutismo e lo assaggi, scoprendo spesso che dietro a un silenzio si nasconde un carattere e una profondità che va ben oltre un clamore immediato e scenografico
  • austero: incute il timore reverenziale che si prova entrando in una cattedrale gotica. Si dichiara su toni cupi, ti trascina in un’atmosfera dominata dal mistero e può scaturire due reazioni: contemplazione o paura. Può impressionare il palato con rigore e severità, ti guarderà con quel cipiglio crucciato, ma sai con sicurezza che tra un decennio sarà ancora lì, magari più concessivo e addolcito dal tempo
  • solare: il colore, i profumi, il calore della beva e la freschezza del suo frutto ti rimandano all’estate, al mare, alla brezza ristoratrice. Porta gioia di vivere e voglia di spalancare le finestre e godere della giornata, ma è preferibile utilizzare le giuste protezioni per evitare “scottanti” postumi
  • spaziale: vino che rimanda a luoghi remoti, fuori dal mondo e forse dalla nostra stessa galassia; è senz’altro etereo ed incarna l’ennesima prova del passaggio degli alieni sulla terra
  • assoluto: nel mondo del vino dove tutto è relativo e strettamente legato al gusto personale il vino assoluto scardina tutti i preconcetti e le regole, mette d’accordo tutti, non lascia scampo alle critiche e al libero arbitrio. Lo devi bere
  • definitivo: equivalente a non avrai altro vino all’infuori di me. Quando si incontra un calice del genere il degustatore si genuflette, alza gli occhi al cielo in preda al’illuminazione divina e sa che non potrà mai bere altro, e probabilmente è destinato a diventare sommelier di acque minerali per non affrontare altri vini diversi da quello

[immagine tratta dal sito : http://cuddlesandrage.com/2013/-wine-dating ]


Tagged: blog, giornalismo, ironia, terminologia, vino, web 2.0

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :