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Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso

Creato il 03 settembre 2011 da Unarosaverde

Comincio col dirvi che anche L. e R. del blog Downshifting per caso, facendo eco a Laura di minimo blog, hanno proposto la loro personale piccola sfida: liberarsi di un oggetto al giorno per tutto il mese di settembre.  A questo punto direi che per i blog di minimalisti.net settembre è stato eletto il mese della pulizia: altro che la primavera!

Veniamo alle mie cose. Oggi, come deciso, è toccato al garage, ultimo baluardo della casa a non avere ancora subito la prima fase della pulizia, cioè quella che per me consiste nel buttar per aria tutto, cestinare le cose che si è certissimi che non serviranno più, fare un minimo d’ordine e preparare le stanze alle fasi successive. Nelle mie intenzioni queste successive campagne di mantenimento saranno meno pesanti dal punto di vista fisico, dato che né i mobili né gli oggetti pesanti si dovrebbero spostare più e le attività di pulizia consisteranno in un affinamento continuo e progressivo del diminuire le cose , fatto che dovrebbe portare, nell’arco dei prossimi due o tre anni, all’eliminazione pressoché completa di ciò che considero inutile. E possibilmente anche all’interiorizzazione definitiva che non è il caso di svuotare lo spazio per far posto ad altre cose nuove: sono a buon punto anche con questo ragionamento ma non metterei la mano sul fuoco su me stessa. Le abitudini apprese in 38 anni di vita non sono facilissime da modificare.

Alle 8.30 sono quindi iniziati i lavori: io e il mio recalcitrante padre – senza il quale non avrei potuto far molto dato che non sono in grado, da sola, di spostare armadietti – siamo andati all’attacco di un garage nemmeno troppo incasinato, a dire il vero. Il solaio, che è diventato il mio termine di paragone, era seimila volte peggio: 200 mq di accumulo di cinquant’anni di oggetti e 5 settimane per venirne a capo.

Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso
Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso
Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso

Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso
 Le foto del prima non rendono molto l’idea della quantità di  materiale, pur trasmettendo quella del disordine: avevo un  obiettivo  sbagliato sulla macchina e nessuna intenzione di rifare le  scale per  cambiarlo.

 La foto in alto a sinistra è la parete di fronte alla serranda (che ci fa  un  vecchio casco? semplice, prozia parrucchiera…). La seconda a  lato  è un particolare di una parete laterale angolo nord, la terza  della  stessa parete angolo sud, la quarta, qui a destra, mostra –   molto male direi – gli  oggetti allineati lungo l’altro lato.

  Le prime ore di lavoro, la mattina, sono sempre quelle che rendono  di più. Nonostante le proteste – cosa è che vuoi fare? vuoi spostare  anche questo? quello lo lascì lì per cortesia che è roba mia! –  un’ora  dopo il garage era quasi del tutto svuotato e il portico adiacente, di  conseguenza, riempito. Questa volta, visto che la stanza non era  grande, ho preferito l’attacco frontale: fuori tutto e poi si riporta dentro in ordine.

Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso
   Il garage, a differenza del resto della casa, è territorio di mio padre. Non è molto  corretto metterci le mani ma, d’altronde, non si può andare avanti a lasciare che  l’entropia  del disordine, come la chiama un amico, la faccia da padrona.

Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso

 Le rimostranze del mio genitore erano  perfettamente   ragionevoli. I miei obiettivi  però poco trattabili!

 L’ultima argomentazione con la quale di  solito la spunto è piuttosto crudele ma  innegabile. Gli ricordo che, a settant’anni  suonati, non si può aspettare che questo  genere di imprese diventi più facile, per lui,  con il passare del tempo. Per me tanto meno. Io non posso far da sola, per determinate cose, e non voglio affidarmi all’aiuto di estranei. La roba è mia e ci metto le mani io: voglio il tempo per decidere cosa tenere e cosa no, voglio la malinconia dei ricordi che mi suscitano alcuni oggetti e voglio riguadagnare il controllo su di loro.

Gli ripeto che io  non ho molto tempo libero, a causa del mio lavoro, e quello che ho preferisco impegnarlo in letture, studio, viaggi, sport, pisolini. Mi piace l’ordine ma non ho mai provato il minimo barlume di soddisfazione personale nelle faccende domestiche. Sono, per me,  una cosa da fare per rendere vivibile lo spazio in cui abito ma sono convinta che non mi diano “valore aggiunto”, tanto per dirla con l’aziendalese. Non ho tempo di correre dietro alle cose: questa faccenda del decluttering pesante era tra le  mie urgenze  proprio perchè la sento come un’esigenza personale ma non voglio che mi rubi ulteriore tempo. Anzi, liberarsi anche solo in parte dalla schiavitù delle cose significa liberare tempo, altrimenti che senso avrebbe?

Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso
  E così siamo arrivati alla fase in cui, mentre dava una mano di tempera sulle pareti  grezze, mi sono presa una pausa per infornare lasagne e crostata. Come dite? E’    gioco sporco? Vero, anche la crostata fa parte della gestione del dissenso!

     

Il giorno del decluttering: la prima fase e la gestione del dissenso

Mentre svuotavo la stanza mi ero fatta un’idea di come avrei dovuto ricollocare gli oggetti: mentre la tempera asciugava abbiamo spostato gli armadietti e le scaffalature. Dopo pranzo è iniziata la parte più difficile: la selezione. Si tiene, si butta, ci si pensa ancora un po’.

Tutte le volte che mi sono trovata immersa nel decluttering ci sono passata: mi ritrovo in un punto in cui sono a metà dell’opera, mi guardo intorno, la stanchezza comincia  a farsi sentire e mi viene voglia di avere a portata di mano un lanciafiamme. Far fuori tutto e fine, problema risolto. Ho imparato a gestire questa sensazione procedendo piano piano: con il passare dei quarti d’ora, da una situazione di stallo, lentamente si passa il guado. Quando ci ritrova verso la fine, oltre ad avere le ossa rotte, subentra una sensazione di autocompiacimento e di liberazione che compensano lo sforzo.

Alle 17.00 il grosso era stato fatto: il portico completamente svuotato, il garage ri-riempito, i sacchi delle cose da buttare senza alcun dubbio nel baule dell’auto pronti per l’area ecologica. Non sono molto soddisfatta del risultato: altre stanze mi sono venute meglio e si poteva fare di più. Il problema è che, come dicevo sopra, questo è il sancta sanctorum di mio padre e i prossimi passi di selezione se li deve smazzare lui. Lo scaffale grigio sulla sinistra, per parlarci chiaro, è rimasto tale e quale, anche se è sparito il caos intorno.  E’ il famoso regno della brugola, il luogo in cui gli uomini accatastano senza ritegno punte da trapano, cacciavite, chiodi, viti, martelli, pialle, diluenti, seghetti e via così. Impossibile metterci le mani anche se sono sicura che avrei potuto ridurre gli ingombri di cassette e cassettine varie della metà solo riordinando le cose  per categoria merceologica.

Comunque, la fase di primo decluttering l’ho depennata dalla mia lista e con questo si chiude il primo ciclo. Nelle prossime settimane torno alle mie digitalizzazioni, che sono ferme dalla primavera, e che vorrei completare per dicembre. Vedremo come va. Dato che settembre, oltre che mese del decluttering, è anche il mese in cui ricominciano i miei corsi e corsettini, domani volto pagina e mi occupo di altro. Buona serata a tutti: io sono ko e non avrò problemi a farmi un lungo sonno. Ah, già! Le foto del dopo…nella parete di fronte alla saracinesca armadietti in bella fila, parete di destra libera per le biciclette e per i contenitori della raccolta differenziata, parete di sinistra con gli scaffali in fila e il resto a seguire, che necessita di un ripasso, dopo la prima purga. Perlomeno adesso dall’automobile si esce senza contorsionismi.

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