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Il governo dei primi della classe

Creato il 17 novembre 2011 da Yleniacitino @yleniacitino

Il governo dei primi della classe

da www.ragionpolitica.it

Lista chiusa. La rosa dei tecnici è pronta e il giuramento al Colle è filato liscio, dietro i buoni auspici delle asciutte congratulazioni delle varie parti politiche. Finalmente sembrano tutti quieti, tranquilli, soddisfatti, nonostante gli episodi da capodanno cinese che hanno rubato la luce dei riflettori al momento del passaggio di consegne. Che i nomi dei neoministri siano popolari o no, la caratura di questo nuovo governo, sorto dalle ceneri della politica, sarà pesantemente condizionata dai molteplici nodi che dovranno sciogliere. Riforma delle pensioni, tagli degli sprechi, risanamento del bilancio e chi più ne ha più ne metta.

I nuovi ministri sono personaggi di altissimo livello, scelti oculatamente per gli impeccabili curriculum. Non sono politici. Avremo un Ministro dello sviluppo economico come Corrado Passera, bocconiano doc e uomo delle banche (Intesa Sanpaolo). Così come la Fornero al Welfare (sempre Intesa Sanpaolo) o Gnudi al Turismo (Unicredit) o Giarda ai Rapporti con il Parlamento (Banco Popolare). Oltre a ciò, anche il mondo universitario ha avuto il suo sbocco: la Severino alla Giustizia è in quota Luiss, Profumo all’Istruzione è per il Politecnico di Torino, mentre il rettore della Cattolica di Milano, Ornaghi, ha avuto i Beni Culturali. Balduzzi alla Salute è docente all’Università del Piemonte Orientale, Riccardi alla Cooperazione Internazionale insegna storia contemporanea a Roma Tre e lo stesso Mario Monti è presidente della Bocconi.

C’è solo un grande tecnico assente, da questa squadra di salvezza: è Luca Cordero di Montezemolo. Forse perché lui, tecnico, non lo è mai stato. A sentire le voci di corridoio, pare proprio che questo team di professori e professionisti sia ben gradito a tutti e pronto a rimboccarsi le maniche per far guarire l’Italia. Cosa che, forse, dai computer degli analisti della finanza mondiale non è stata compresa fino in fondo visto che gli spread in borsa, invece di diminuire, sono aumentati pericolosamente.

Del resto, bisogna attendere la presentazione del programma di governo per poter confermare la buona riuscita di questo rinnovamento dei vertici. Eppure quel programma lo conosciamo già! È lo stesso che è stato mandato a Bruxelles nella celebre lettera di intenti del Governo Berlusconi, poi palesata ai grandi del G20. Ma allora nessuno ci credeva! È la sconfitta della politica, dunque, la circostanza che ha convinto Silvio Berlusconi a fare un passo indietro per compiere un gesto di responsabilità, da vero statista. Perché se la nostra classe politica si fosse autoalimentata dai circuiti della dialettica, smussando le rispettive prese di posizione, invece di aizzare l’odio «antiCasta», non si sarebbe arrivati a un punto di rottura tale da preferire di essere governati da illustri signori che, seppur primi della classe, non si sono mai, per vari motivi, messi in gioco nelle competizioni elettorali e sottoposti al giudizio del popolo. Che la politica si è polverizzata, lo dimostra il fatto, tanto ridicolo quanto triste, che il Presidente Napolitano abbia dovuto coinvolgere, nelle consultazioni ufficiali, un elenco di 34 movimenti politici, molti dei quali rappresentativi del solo titolare del movimento stesso.

La causa endogena alla crisi istituzionale, ripeto: endogena, non è stata una qualsivoglia manchevolezza nella politica di governo condotta da Berlusconi. È stato, piuttosto, la scissione finiana ed il capriccio di alcuni di avere quello che Andy Warhol coniò come il «proprio quarto d’ora di celebrità». Se è vero che ci sono stati dei «traditori», come la Carlucci, Sardelli, Antonione, Gava e compagnia bella, e un grande «tradito», cioè il popolo votante, Berlusconi ne ha semplicemente preso atto, evitando di piegarsi ad altri ricatti inaccettabili (ha fatto pubblicamente un ricatto pure l’on. Francesco Stagno d’Alcontres, sul Corriere) e decretando la fine dei giochi.

Voltata pagina, le insidie non sono poche. Ad esempio, come può il cittadino, spettatore quotidiano del teatrino nazionale, arrivare a comprendere le ragioni per cui quelle stesse parti politiche che fino al giorno prima si inveivano a vicenda, un momento dopo vanno a braccetto, dietro la facile giustificazione del «bene del paese»? Un senso di disorientamento comune è plausibile in questi casi. Napolitano, peraltro, aveva da tempo invocato la responsabilità collettiva, la coesione generale e l’accantonamento di tutte le dispute per la realizzazione di obiettivi da tutti più o meno condivisi. Ma è chiaro che, se l’attuale governo commissario riuscirà a varare quelle stesse misure che Berlusconi aveva già proposto di avanzare, lo farà solo perché la sinistra potrà finalmente nascondersi dietro allo scudo tecnico e placare i suoi elettori, fregiandosi di aver «cacciato il despota». Non solo, il governo Monti farà di più. Già si parla di  ri forme in ambito sociale ed economico. A quel punto non si sa se quegli stessi cittadini che sotto Palazzo Grazioli stappavano bottiglie di champagne, avranno ancora voglia di esultare. Al cittadino disorientato, dunque, toccherà far capire questo: se nei prossimi mesi verranno votate leggi e misure largamente condivise, non è perché il Pdl e il Pd sono diventati improvvisamente inquilini di una grande casa degli affetti. Ma soltanto perché la sinistra,saziato il suo antiberlusconismo, si sente la coscienza a posto coi propri elettori e potrebbe pigiare i bottoni per dire sì alle nostre riforme.


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