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Il grillismo un male necessario: uno Stato febbrile fastidioso ma utile

Creato il 24 marzo 2013 da Stefanoperri

beppe-grillo_620x410di Stefano Perri – I grillini non uccideranno lo Stato, né certamente lo salveranno. Il fenomeno dell’ascesa (esplosione oserei dire vista l’assoluta repentinità) del Movimento 5 Stelle in Italia è un processo di enorme portata che va assolutamente storicizzato nel contesto temporale ed analizzato in maniera obiettiva.

D’altronde di analisi superficiali ne abbiamo già lette in quantità. Se i grillini mangeranno o no al ristorante della Camera o del Senato, se prenderanno antipasto e primo oppure anche il secondo, diciamocelo chiaramente: non ce ne frega granché. E anche se molti colleghi giornalisti, caduti nella trappola sapiente della comunicazione grillina, continuano a inseguire gli ”attivisti” sperando di coglierli in fallo proponendo scoops da due lire, il ragionamento, almeno in questa occasione dovrebbe andare un tantino oltre.

Non giova, come del resto non è mai giovato in Italia, il giochino della conta tra ciechi sostenitori al limite del fideismo e strenui oppositori di un fenomeno politico. Gli italiani da questo punto di vista sono sempre stati un popolo un po’ superficiale, forse proprio perché sanguigni ed empatici, s’infervorano puntualmente schierandosi, quasi come fosse un processo inevitabile, tra completamente favorevoli e completamente contrari. Un fenomeno che va avanti ormai da centinaia di anni. D’altronde già alla nascita dello Stato (di anni ne son passati ormai 152 anni, mica bruscolini) si divisero tra favorevoli e contrari, poi pacifisti e interventisti, collaborazionisti e partigiani, monarchici e repubblicani. E poi ancora filosovietici ed anticomunisti, bianchi e rossi, traffichini ed anti craxiani, berlusconiani ed antiberlusconiani ed oggi, infine, grillini ed antigrillini.

Dicevo, un giochino che non funziona. Chi ragiona in questi termini pecca, nel migliore dei casi, di faciloneria, favorendo il perdurare di un pensiero tanto semplice e lineare, quanto debole. Negli altri casi, quando l’analisi arriva da settori dell’establishment politico, amministrativo, economico, professionale che fino ad o oggi ha dominato la scena nelle diverse sfere d’influenza del Paese (e in mezzo certamente ci metto anche le grandi firme del giornalismo italiano), certamente qualche sospetto di malafede insorge. ”A pensar male si fa peccato – diceva la famosa massima di andreottiana memoria – ma quasi sempre si indovina”.

Veniamo al punto. Mettiamo da parte per un attimo la rappresentazione caricaturale del teatrino politico ed immergiamoci nella storia presente ragionando senza preconcetti.  Impossibile non riconoscere che il periodo che l’Italia sta vivendo rappresentano un passaggio epocale per la storia del Paese. Chi ardisce ancora a sostenere il contrario è uno stupido o un opportunista. Quello che stiamo vivendo è certamente un cambiamento epocale che pesa sul piano economico, con un ribaltamento complessivo dei rapporti di forze e delle dinamiche di produzione in particolare nel mondo del lavoro e nel rapporto tra merce e denaro. Un cambiamento che però ha influito ancora di più, quantomeno più tipicamente (tra poco capiremo perché), in quella che il buon Carlo Marx definisce sovrastruttura (mi piace chiamarlo Carlo e non Karl, in fondo è un vecchio amico che viene sempre in soccorso quando qualcosa non mi è chiaro).

Beh dunque la sovrastruttura. Le Istituzioni – si con la i maiuscola – e certamente anche la macchina amministrativa, la politica, ma anche la cultura ed i rapporti sociali. Nulla è sfuggito al cambiamento. E se sul piano della struttura economica la tendenza è strettamente legata al contesto internazionale (d’altronde i processi economici sono sempre più globalizzati ed interconnessi) per ciò che riguarda la rivoluzione sociopolitica il discorso è più complesso e probabilmente più legato al contesto nazionale italiano. E’ vero si che in Europa (in Olanda, in Francia, in Spagna ed in Grecia) non sono mancati negli ultimi anni movimenti e processi politici di chiara matrice antistatale, fenomeni populistici fondati sull’antieuropeismo, su obiettivi ambientalisti di decrescita e sul contrasto generalizzato alla classe dirigente. Ma il caso italiano del Movimento 5 Stelle rappresenta forse un unicum che non è possibile accostare, almeno per il momento, a nessuna delle esperienze politiche vissute negli ultimi anni negli altri paesi europei.

Grillo in Italia è un male necessario. Null’altro se non una febbre che aggredisce un corpo gravemente malato non già con l’intento di ucciderlo, al contrario di annientare il virus che lo ha colpito. Ma proprio come la febbre, inevitabilmente si associa a sintomi fastidiosi. Mal di testa, dolori, spossatezza. Proprio come un bimbo a letto con l’influenza l’Italia è alle prese in questi giorni con le manifestazioni di uno stato febbrile (il grillismo appunto) che è scomodo ma assolutamente necessario. D’altronde tutti sanno che la febbre non è la malattia, ma una risposta dell’organismo necessaria a contrastarla. Anche se non si può dire che sia uno stato piacevole, il passaggio dalla febbre è certamente utile (per non dire obbligato) per favorire la guarigione di un corpo debilitato. E Beppe Grillo, i grillini ed il grilliamo in Italia rappresentano proprio questo.

Un male necessario, dicevamo. Una spinta al rinnovamento che in qualche modo serve ad eliminare alcune disfunzioni del sistema politico. Il malaffare, la corruzione, l’inciucio. Grillo ha certamente il merito a portare una ventata d’aria fresca in politica. Il boom elettorale dei 5Stelle va letto proprio in quest’ottica. Un messaggio chiaro da parte degli italiani. Serve un aumento di temperatura, una febbre, che spazzi via un po’ di batteri per far guarire – o quanto meno far stare meglio – il corpo statale.

A questo punto entra in gioco la politica che rappresenta da una parte il corpo (dello Stato) ma dall’altra anche una delle peggiori malattie che lo ammorbano. La politica non può e non deve opporsi al grillismo esattamente con un bambino non può (e non deve) lagnarsi di uno stato febbrile. La febbre è un male fastidioso ma necessario, esattamente come il grillismo. Bisogna aspettare che passi o eventualmente aiutare il processo con qualche antibiotico. Ed in effetti, stando all’attualità, qualche pillolina c’è stata. Vanno lette in quest’ottica le aperture coraggiose di Bersani e la sua sfida al cambiamento. Presidenti delle Camere presi fuori dalla nomenklatura di partito e poi la formazione di un DreamTeam della cosiddetta società civile per un  Governo che possa ottenere la fiducia, seppure risicata, in entrambe le Camere.

Sono solo i primi effetti del ciclone Grillo nel panorama politico italiano. Resta da capire quanto ancora durerà lo ‘Stato febbrile’, fastidioso ma utile sulla via della guarigione. Gran parte del processo dipende da quanto la politica e le istituzioni sapranno reagire. Se trascurata l’influenza può portare a terribili conseguenze per la salute. Ma se ci si cura con attenzione e con pazienza, se si seguono i consigli del dottore, i malanni passano in fretta e si potrà tornare alle normali attività quotidiane. Sottendendo ovviamente che il fatto che l’influenza sia passata non significa assolutamente che presto o tardi non possa tornare. Anzi, possiamo dirlo, certamente tornerà.



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