Magazine Società

Il "Grillo Sbraitante" e la stampa brutta, sporca cattiva e redditizia

Creato il 29 dicembre 2013 da Tafanus

Il Grillo Sbraitante e la paura della libera stampa (Fonte: Michele Di Salvo - l'Unità)

Grillo-sbraitante

Io in fondo Grillo lo capisco. Lui è abituato ad andare su un palco, sbraitare qualcosa, essere applaudito, e tornarsene nel camerino. Show finito e conto in banca rimpinguato.

Questo è il suo lavoro, e questo è sempre stato. Dai palchi delle feste di partito (tutti i partiti) che lo pagavano con i soldi delle sottoscrizioni, della vendita de l’Unità, coi fondi del finanziamento pubblico. Poi è venuto Pippo Baudo (contro cui oggi si scaglia) e lo ha portato in televisione, la Rai per la precisione, che è arrivata a pagarlo anche mezzo miliardo per cinque minuti di ospitata a San Remo. Erano i tempi d’oro, all’epoca il canone era sacrosanto, quando serviva a pagare lui. Poi è stata la volta delle tv commerciali, quelle di Berlusconi che a quei tempi andava benissimo, anche se in molti si chiedevano dove li prendesse i soldi, ma a Grillo andava benissimo, anche che fosse iscritto alla P2 e che fosse il maggiore finanziatore di Bettino Craxi – ed anche questo Grillo all’epoca lo sapeva bene, ma di fronte a un bonifico… in più la televisione dà visibilità, e aumentano i cachées per le serate private, nei locali, e ti permettono di fare pubblicità, quella ai prodotti delle multinazionali (perché solo loro possono permettersi le tariffe di Beppe), ma anche quelle vanno bene, già, di fronte a un bonifico. Per chi ha trascorso così tutta la sua vita, ed ha sempre fatto dichiarazioni dei redditi miliardarie, e che ha sempre visto un’intervista sui giornali come una occasione pubblicitaria, come fai a spiegargli oggi, a 68 anni la differenza? Come fai a fargli capire che se diventi leader di una forza politica il tuo spazio non è più nella vita mondana, che quando parli e proponi devi spiegare ed argomentare e che lo show non finisce quando torni nel camerino?
Come fai a spiegare a Grillo che la stampa vera è quella scomoda, è quella che non è sempre d’accordo con te, che ti pone domande e mette in discussione quello che dici, che dubita, che chiede “come” farai le cose e non solo quello che farai?
E allora ecco che i giornali diventano cattivi, che i fondi pubblici diventano il male, che il canone che non serve a pagare lui è un furto e un abominio, che le aziende che non ti richiedono più per i loro spot diventano il “nemico del popolo affamato”.
Grillo diventa contemporaneamente il difensore dei dazi doganali, il protezionista contro il libero mercato che prevede – nel rispetto delle regole – che le aziende possano essere acquisite e cedute anche a capitali esteri, vorrebbe statalizzare quasi tutto, dare un reddito minimo a tutti, ma quando gli chiedi con quali soldi e come lo fa dato che servirebbero dai 60 agli 85 miliardi di euro diventa all’improvviso il liberista più tacheriano della storia, e si scaglia contro il finanziamento dei giornali, al grido del “deve esistere solo ciò che si regge sulle proprie gambe”: basta con le aziende che vivono di clientele politiche, e poi sono anche in perdita.
E avrebbe ragione, se guardasse un po’ in casa sua. Ad esempio la Casaleggio, quella che gli gestisce il blog, quella del “co-fondatore” del MòViMento5Stelle, che da sempre ha un bilancio che si regge all’80% sulla politica: prima dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, e poi su Grillo e il suo movimento. E pure così qualche perdita a fine anno è riuscita ad avercela. Chissà cosa ne pensa Enrico Sasson – ex socio di Casaleggio – del Beppe Grillo contro le lobby. Vabbè ma guardare in casa propria è sempre come guardare la pagliuzza rispetto alla trave.
Ma torniamo alla stampa periodica. Diamola per buona la scelta di eliminare il finanziamento pubblico. Ma se non costa troppa fatica alla pattuglia di circa 160 parlamentari che sono approdati nelle camere legislative, chiediamo a Beppe di fare uno sforzo in più (tanto, paghiamo noi!) e di farla davvero una riforma seria e complessiva, sempre che non costi troppa fatica, ma prima di tutto, di editoria periodica, Beppe e i suoi parlamentari dovrebbero capirne qualcosa!
I contributi all’editoria servono a bilanciare alcune anomalie del nostro mercato editoriale, dalla concentrazione della distribuzione che porta spesso costi eccessivi, la necessità di fare arrivare tutte le testate ovunque, l’obbligo per gli edicolanti di prendere tutto, perché altrimenti verrebbe meno la facoltà del lettore di scegliere in un mercato di informazione plurale semmai per la selezione “di gusto personale o politico” del rivenditore, ma soprattutto viene bilanciato il sistema della raccolta pubblicitaria. Ci si aspetterebbe da chi si dichiara contro le lobby, per la libera informazione, contro i grandi gruppi, di partire da qui, da una seria proposta di riforma del mercato editoriale, e quindi, poi, progressivamente, togliere il contributo pubblico.
Per esempio, poniamo un tetto a quante testate possono avere una stessa concessionaria pubblicitaria, rendiamo incompatibile la raccolta pubblicitaria nazionale e locale, così che le testate regionali possano essere davvero competitive e autonome, rendiamo la distribuzione davvero un “servizio pubblico” eliminando le tariffe fisse di distribuzione e resa, diamo un limite alla concentrazione sia di proprietà che diffusionale tra le testate locali e quelle nazionali. Ecco, una seria riforma dell’editoria periodica, nell’interesse di tutti e della libertà di stampa, parte da queste cose, e se hai 160 parlamentari, e davvero di questo tema te ne importa qualcosa, e da queste cose che parti. Io credevo che il problema di Beppe Grillo fosse che queste cose non le sapesse, o non le capisse. Mi sbagliavo. Il suo problema è che non le può vendere populisticamente urlando da un palco.
Ma c’è anche un’altra verità, forse anche più cruda: a Grillo di riformare i giornali e l’informazione in questo paese non frega proprio nulla. Lui esiste in funzione di quanto riesce a vendersi come “l’anti tutto” ed ha bisogno, un bisogno fisiologico, di essere rilanciato, criticato, attaccato, e per questo alza ogni volta il tiro, su qualsiasi argomento, pena l’inesistenza. Lui ha bisogno di attaccare i giornali per essere ripreso, confutato, per avere spazio, a qualsiasi costo e prezzo. Perché è evidente che se avesse il solo spazio dovuto alle sue proposte concrete, ai programmi veri, alle ricette fondate su qualche ipotesi di fattibilità, allora sarebbe poco più di un trafiletto tra sport e spettacoli.
(Michele Di Salvo)


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :