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Il guado di Fini. Il guano di Bossi. Tutti e due in mezzo stanno

Creato il 04 marzo 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Molti di loro sanno che quando Berlusconi renderà la sua anima a dio, e quindi a se stesso (politicamente parlando, s’intende), la carriera politica iniziata per "scelta” delle segreterie e dei leader finirà. Mai come in questa fase storica, il parlamento italiano è stato composto da pasticcioni nullafacenti, dilettanti allo sbaraglio, pressappochisti e analfabeti di ritorno. Mai come in questa fase storica, il paese è stato governato da una massa di imbelli come quella attuale. Ci dicono: “Ma la scelta dei senatori e dei deputati è stata fatta dalle segreterie dei partiti” e allora noi rispondiamo che le segreterie dei partiti e i leader dovrebbero cambiare mestiere se il risultato delle loro scelte è stato questo. Diciamo che al contrario della sinistra, o pseudo tale, che ha visto una emorragia di "nominati" fra le sue fila che mai si era ricordata a memoria d’uomo, i berluscones hanno tenuto molto di più e, a parte la parentesi dei finiani che si sta chiudendo come tutti sanno, le mezzeseghe nominate da Berlusconi di tutto possono essere accusate meno che di non essere fedeli. Anzi. A volte risultano iperattive e, per dimostrare che si meritano un’altra chance (che chiameremo rinnovo della rendita di posizione), diventano più realiste del re. E tanto deve essere accaduto al deputato del Pdl Luigi Vitali che ha presentato una proposta di legge tendente ad accorciare i tempi della prescrizione dei reati per coloro che, incensurati, hanno anche compiuto i 65 anni. Qualcuno ha avuto la faccia tosta di pensare immediatamente a Berlusconi, che di anni ne ha più di 65 e che risulta incensurato solo perché si è fatto le leggi per i cazzetti suoi e i reati commessi sono andati in prescrizione, altrimenti avremmo avuto il presidente del consiglio più condannato della storia dell’umanità. Ma forse tanto facce toste non sono. Comunque, Ghedini si è incazzato e ha ordinato all’onorevole Vitali di ritirare immediatamente la proposta. Ma coloro che, per ragioni diverse, stanno messi decisamente male, sono il presidente della Camera e il ministro Bossi. Gianfranco Fini è in mezzo al guado e non si capisce quando, come e se riuscirà a toccare la sponda. Strattonato da tutte le parti, sbeffeggiato perfino dai suoi ex colonnelli, sfrattato da “FareFuturo”, in procinto di passare la mano anche al Secolo d’Italia, il presidente di Fli si trova nella scomodissima posizione di risultare decisivo in Ufficio di Presidenza della Camera, chiamato a decidere sul “conflitto di attribuzione” del caso Ruby. Per prassi il presidente si astiene, e questo è quanto Fini ha dichiarato di voler fare a “coda di paglia” Bruno Vespa, ma in questo momento astenersi su un fatto di cotanta gravità significherebbe dare via libera ancora una volta a Berlusconi che blinderebbe “politicamente” un processo prettamente penale. Che farà Fini? Deciderà di seguire la politica che ha delineato con la nascita di Fli, quella che parla di legalità, di fine dei privilegi, di nuova cultura, di una moderna destra europea oppure cederà ai ricatti dei filo berlusconiani che serpeggiano ancora pieni di malumore all’interno del suo neonato partito? Il rischio che Fini corre, votando contro Berlusconi, è che le accuse di “trattare con la sinistra” che molti dei suoi ex camerati gli rivolgono, prendano corpo e allora il misero 4 per cento al quale viene dato Fli possa ulteriormente assottigliarsi. Dall’altra parte, votando a favore di Silvio, sputtanerebbe tutti gli ideali della nuova formazione e darebbe fiato alle trombe di chi pensa che si sia fatto cacciare dal Pdl solo per una questione di leadership. A breve sapremo. Chi invece si ritrova nel guano è Umberto Bossi. Qualcuno dirà: “Ma come, ha riportato la sua più brillante vittoria con l’approvazione del federalismo municipale e tu dici che sta nella merda?”. Sì, secondo noi è così. Pensiamoci un attimo. La legge sul federalismo municipale è sicuramente un provvedimento di portata epocale. Di solito i grandi cambiamenti sono frutto di concertazioni e compromessi, di accordi al di là e al di sopra degli schieramenti politici. Che diavolo di cambiamento è quello che si ottiene con un voto di fiducia che spacca in due non solo il parlamento ma anche l’Italia? Che cambiamento è quello che vede contrarie tutte le regioni e l’intera opposizione? Ci siamo fatti un’idea. Bossi è in crisi con il suo popolo. La difesa ad oltranza delle porcate di Silvio sta correndo il rischio di minargli la compattezza della base. Voci sempre più critiche si levano all’interno dei verdi padani e rischiano di trasformarsi in un qualcosa di più serio di voci, e Bossi porta a casa l’unico risultato possibile a suon di maggioranza, un federalismo municipale che causerà guasti incredibili a partire dalla frammentazione del nostro tessuto sociale. I leghisti hanno stappato lo champagne e inneggiato a Bossi. E' quanto sta accadendo a Tripoli con i filo-Gheddafi. Tutto il mondo è paese ma l’Italia lo è ancora di più.

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