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Il kazakhstan verso l’esposizione mondiale “expoastana 2017”

Creato il 28 febbraio 2016 da Eurasia @eurasiarivista
:::: :::: 29 febbraio, 2016 ::::  

Giovanni Caprara

Con l’annessione del Kirghizistan nell’Unione Economica Eurasiatica (UEE), il processo di integrazione economica varato da Putin si accresce, benchè il quadro non sia completato dall’Ucraina che stava per aderire sotto la spinta di Yanukovich. I moti interni hanno poi condotto il paese verso scelte diverse dettate dal nuovo governo filoccidentale. L’UEE occupa il 14% della superficie mondiale, ed oltre alla Russia ed al Kirghizistan ne fanno parte Bielorussia, Armenia ed il Kazakhstan. Il futuro dell’Unione eurasiatica dipende molto proprio da quest’ultima con un interessante programma economico che si svilupperà sino al 2020. Il Governo di Nazarbayev ha accresciuto il suo ruolo nel settore finanziario congelando le privatizzazioni di alcune aziende nazionali ed ha rafforzato la tendenza a favorire beni, servizi e personale locale. L’ingresso di capitale straniero è limitato ad investimenti su joint ventures per implementare la produzione esclusivamente nella “terra dei Kazakhi”. Il progetto è stato battezzato “Sentiero Luminoso – La via del futuro” e principalmente rimane la risposta alle sanzioni occidentali, una sorta di effetto moltiplicatore che possa coinvolgere tutti i sistemi produttivi del Kazakhstan, dalle PMI, al settore bancario sino alle infrastrutture. La facilità di scambiare merci e servizi passa attraverso un efficiente sistema di collegamento, pertanto uno degli obiettivi di Nazarbayev è la realizzazione di una rete stradale centrata su Astana, che vale 200.000 posti di lavoro e l’assurgere della Capitale ad Hub logistico per il transito delle merci dall’interporto di Khorgos, al confine con la Cina, verso il porto di Aktau sul Mar Caspio. I fondi stanziati fino al 2020 sono pari a 24 miliardi di dollari, di cui 9 provenienti dal Fondo Nazionale, altrettanti verranno erogati dalla Banca Mondiale, dalla Banca di Sviluppo Islamica, dalla Banca di Sviluppo Asiatica ed i restanti 6 allocati dallo Stato. Per il 2015, i 3 miliardi già stanziati copriranno i lavori del nuovo terminal per l’aeroporto di Astana, per l’interporto di Khorgos, infrastrutture industriali, turistiche ed energetiche, ma anche per l’ExpoAstana 2017. Infatti per l’Esposizione Mondiale successiva a Milano è stato scelto proprio il Kazakhstan, un successo che dimostra l’attenzione globale verso il paese dell’ex Unione Sovietica. Proprio la Federazione Russa è il partner di punta, ma la Cina sta assumendo un ruolo decisivo nel sistema kazako, questo perché la politica estera del Kazakhstan è seconda solo all’economia stessa. Infatti la governance si fonda su tre interessi nazionali: la difesa, la sovranità e l’integrità territoriale. Senza un sistema economico efficace ed efficiente, queste priorità verrebbero meno.

Dopo la caduta del bipolarismo, le Repubbliche ex sovietiche divennero entità autonome ed indipendenti, e questo ingenerò un marcato interesse da parte delle nazioni europee per poter allargare la loro influenza, ponendole come valida alternativa agli attori usuali nel panorama dei Paesi fornitori di materie prime. L’Italia è uno di questi, e molto probabilmente sarà uno dei maggiori competitori nel controllo degli oleodotti e gasdotti, un fattore rilevante per conseguire una maggiore influenza geopolitica nella regione transcaucasica. L’Italia è il secondo Paese esportatore in Kazakhstan dopo la Germania in ambito UE, ed il sesto in assoluto con una punta di 3 miliardi di euro nel 2013. I maggiori investitori italiani sono: l’Eni che ha siglato un contratto di collaborazione con la compagnia petrolifera kazaka e l’Iveco come azienda fornitrice del Ministero dell’Industria di Astana. Un fattore di crescita per la “Terra dei Kazakhi” rimane quello dello sviluppo costiero sul Mar Caspio. Quest’ultimo era monopolizzato dell’URSS e dall’Iran, che avevano superato divergenze ideologiche e politiche pur di estrarre petrolio e gas naturale senza entrare in una competizione che avrebbe danneggiato entrambe. Gli Stati rivieraschi ora hanno diritto di sovranità e questo fattore ha dettato un nuovo statuto giuridico che regolamenta sia l’esplorazione quanto lo sfruttamento delle risorse del Mar Caspio, affermando la valenza strategica di quest’ultimo nel comparto degli idrocarburi, benchè l’ordine di grandezza delle riserve non sia ancora esattamente delineato. La necessità di trasportare quanto estratto dal Mar Caspio sta cambiando la geopolitica dell’area, infatti la “Nuova Via della Seta” attraverserà il territorio, mentre gli oleodotti e i gasdotti cambieranno il loro status di manufatti in testimonianze di accordi ed alleanze politiche fra popoli ora sovrani ma prima raccolti nell’egida sovietica. Una chiave di lettura sulla politica ed economia regionale che si estende a tutta l’Europa e la Russia, oramai in competizione dopo le vicende ucraine, con gli Stati Uniti attenti osservatori nel controllare e valutare gli eventi. Il produrre merci e manufatti all’interno del subcontinente asiatico comporta però che, per trasportarle in Europa, debbano essere inviate prima ad est per poi raggiungere i porti della costa ovest, con un aumento enorme dei tempi di percorrenza. Da qui origina la rivalutazione delle vie terrestri, anche perché oltre ad essere più lungo, il collegamento marittimo tra la Cina e l’Europa implica l’attraversamento degli stretti di Malacca ed Aden, dove è endemica la pirateria. La soluzione identificata per ovviare a queste criticità, è nel creare una Nuova Via della Seta per raggiungere l’Europa. Un disegno da realizzare con l’appoggio dell’alleata Russia e appunto di alcune delle ex Repubbliche sovietiche.

Il progetto della Nuova Via della Seta è quello di un corridoio ferroviario ed autostradale da Pechino a Berlino: un piano ambizioso, da concludersi in alcuni decenni. In realtà, è prevista anche una deviazione alternativa al percorso diretto verso la capitale della Germania, che dovrebbe interessare i Balcani, identificati come una propaggine logistica da dove fare entrare merci nell’Unione Europea. La realizzazione della Nuova Via della Seta ha nell’edificazione di infrastrutture il suo punto di maggior interesse per le Nazioni che attraverserà: ponti, autostrade, viadotti, porti e ferrovie saranno costruiti con investimenti diretti. È stato stanziato un capitale iniziale di dieci miliardi di dollari, per poi essere elevato a 25. Danaro che coprirà le spese per percorrere il sud-est dell’Europa, e saranno divisi fra le imprese pubbliche e private dei paesi interessati dall’attraversamento della Nuova Via della Seta, secondo il concetto definito win-win, in quanto entrambe le parti contraenti ne trarrebbero vantaggio. Alcuni manufatti sono già esistenti od in via di ultimazione: fra questi il ponte autostradale sul Danubio, lungo il cosiddetto Corridoio Paneuropeo n. 10, che idealmente collega Salisburgo con Salonicco, mentre entro il 2017 saranno completati i lavori della ferrovia che collegherà Belgrado con Budapest, ed in un prossimo futuro, con la Grecia. Un progetto nodale per il trasporto delle merci verso l’Ucraina, la Polonia ed i paesi Baltici. Si tratterà di una linea ad “alta capacità”, e non ad “alta velocità”: quattro binari per treni merci, con un tracciato dritto senza pendenza in modo da poter movimentare vagoni estremamente lunghi, in grado di trasportare un numero maggiore di container rispetto alle carrozze normali. La velocità di fatto non verrà aumentata, perché l’obiettivo è la quantità di merci da trasportare e non la riduzione del tempo per consegnarle.

L’instabilità regionale è ingenerata nel periodo 2011-2012, quando alcuni atti terroristici hanno permesso ai fedeli musulmani di assurgere alle cronache. La religione islamica rappresenta circa il 60% della popolazione, i gruppi etnici sono 140 di cui il 23% è russo, e questo ha convinto la governance kazakha a considerare i pericoli derivanti dal fenomeno dell’eversione wahabita. Tale consapevolezza ha reso la Dottrina Militare del Kazakhstan particolarmente attenta all’estremismo; benchè attualmente l’ISIS non minacci direttamente il Paese, la propaganda del Califfato ha creato proselitismo fra molti Kazakhi soprattutto nelle aeree rurali. Alcuni militanti Kazakhi dello Stato Islamico, sono rientrati in patria per trasformarsi nel maggior veicolo di destabilizzazione, una minaccia che ha indotto i decisori ed i governanti a rafforzare la legislazione ed affermare con forza la laicità del Kazakhstan, mantenendo, però, la prerogativa alla nomina dei predicatori nelle moschee della Nazione. La minaccia alla stabilità e sicurezza del paese risiede nei traffici internazionali di armi e droga, una condizione che comunque è estesa a tutta l’Asia Centrale. Infatti le vie che collegano l’Europa e la Russia al mercato degli stupefacenti che originano dall’Afghanistan, passano proprio attraverso il territorio del Kazakhstan. Il traffico è reso florido dalla corruzione, ma anche dal labile controllo delle frontiere. Per arginare la criticità e negare il passaggio delle merci illegali, è stata istituita l’operazione Kanal nata sotto l’egida dello CSTO, Collective Security Treaty Organization, ma l’efficacia di questa istituzione tarda a stroncare la floridezza del commercio di stupefacenti ed armi. È auspicabile dunque una implementazione dei controlli quanto la lotta alla corruzione interna ed una maggiore collaborazione a livello internazionale per bloccare alla fonte le spedizioni illecite. Lo sviluppo del settore della Difesa kazakho passa anche attraverso l’Italia con un accordo sulla cooperazione militare. Principalmente le intese sono imperniate sull’export e sull’import di materiale di difesa nei settori aeronautico e navale militare, sull’approvvigionamento di armi da fuoco, munizionamento e su progetti congiunti di formazione ed addestramento militare. Questo nell’intento di consolidare le rispettive capacità difensive e di migliorare la comprensione reciproca sulle questioni in materia di sicurezza e di contrasto al terrorismo internazionale di matrice wahhabita attraverso la condivisione di informazioni classificate.

Le Forze Armate Kazakhe sono nate nel 1992, e le truppe terrestri rappresentano quello che rimane della 40° Armata dell’Unione Sovietica. Naturalmente la Russia ha un rapporto privilegiato come fornitore di armi ed alta tecnologia: ne è la prova la consegna di due dei quattro caccia multiruolo Su-30SM ordinati alla Sukhoi e che sono stati schierati presso la 604^ base aerea di Taldykorgan. L’Aeronautica Militare con i suoi oltre 200 velivoli da combattimento sembra essere sovradimensionata rispetto alle esigenze puramente difensive del Paese, ma è comunque un valido deterrente. La Marina Militare è ovviamente ridotta a qualche pattugliatore che incrocia nella acque del Mar Caspio. A tal proposito, i Presidenti delle cinque nazioni rivierasche che vi si affacciano, Azerbaigian, Iran, Kazakhstan, Russia e Turkmenistan, hanno identificato come questione di maggior rilevanza geopolitica la definizione e l’accordo sullo status legale del Caspio. L’argomento sarà trattato al summit che dovrebbe tenersi nel 2016 in Kazakhistan. Attualmente l’accordo di massima si impernia sul principio che impedisce la presenza militare di una nazione “terza”, ovvero non caspica, nel territorio di una delle cinque nazioni. Con questo si preclude l’eventualità di creare delle basi ai militari statunitensi o a formazioni sotto l’egida della NATO. Di fatto, solo le nazioni rivierasche potranno dispiegare le loro navi militari nel bacino del Caspio, al fine di garantire stabilità e sicurezza. Pertanto l’attuale scenario geopolitico seguito alla fine del bipolarismo, preclude la possibilità di installare una base militare straniera: infatti, la costituzione azerbaigiana e turkmena, sulla base del principio di neutralità, non consente la costruzione di infrastrutture straniere sul territorio nazionale, ed anche il Kazakhstan, membro dell’Organizzazione per il Trattato di Sicurezza Collettiva, OTSC , non può ospitare una base militare di un paese terzo senza previo accordo dei membri OTSC. La chiave di lettura di tale mossa geostrategica è impedire la creazione di un presidio navale NATO ad Aktau, il quale sarebbe funzionale allo sviluppo e allo sfruttamento del giacimento petrolifero kazaco di Kashagan: infatti le compagnie energetiche statunitensi ExxonMobil e Conoco Philips fanno parte del relativo consorzio internazionale. Inoltre, il rafforzamento di questo porto kazaco sul Caspio, faciliterebbe la futura realizzazione del progetto denominato Kazakhstan Caspian Transport System, finalizzato a rafforzare la sicurezza energetica dell’UE.

La centralità del Kazakhstan nell’UEE, nella Nuova Via della Seta e nel controllo del Mar Caspio, costringono i decisori politici ad adottare le strategie più corrette per garantire la stabilità al Paese, pena la sopravvivenza stessa del sistema Kazakhstan che potrebbe essere infranto proprio dalle numerose etnie che vivono nei suoi confini, quanto dalle ingerenze esterne.

Bibliografia

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Farnesina,” Politica economica Kazakhstan”. Info Mercati Esteri, aprile 2015

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Maria G. Pasqualini, “Kazakhstan, un elemento importante nella geopolitica dell’Asia Centrale”. Osservatorio analitico, marzo 2015

Maurizio Sparacino, “Consegnati i primi due SU-30SM al Kazakistan”. Analisi Difesa, maggio 2015

Matteo Zola, “Kazakistan: Cosa contiene l’accordo di cooperazione militare con l’Italia”. EAST JOURNAL, febbraio 2015

Fabio Indeo, “Il summit sul Caspio: implicazioni geostrategiche ed energetiche”. Eurasian business dispatch

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Tagged as: kazakhstan, Russia

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