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In una intervista al quotidiano serbo “Blic”, l'eminente professore universitario croato ed esperto di filosofia politica, Žarko Puhovski avverte che non c'e' soluzione relativa alla questione Kosovo finche' non si comprende quello che non sara' mai piu' possibile il ritorno del Kosovo nell'ambito della Serbia e questo, ritiene Puhovski, bisogna dirlo chiaramente. I negoziati in corso da una parte sono sotto la pressione di atteggiamenti nazionalistici radicali che concepiscono il Kosovo come Stato albanese, dall'altra parte sono sotto la pressione della politica serba di non accettare l'indipendenza del Kosovo, afferma Puhovski. In tal modo non sono possibili maggiori passi avanti e in effetti la soluzione del problema viene solo rimandata. Bisogna prendere una decisione strategica, e prima delle elezioni, naturalmente, questo e' difficilmente immaginabile, continua l'esperto politico croato.
Puhovski sottolinea i paradossi che aggravano la soluzione del problema Kosovo, a partire dal fatto che Bruxelles si aspetta che Belgrado faccia quello che non hanno fatto nemmeno tutti i paesi membri dell'Ue, vale a dire riconoscere il Kosovo indipendente, fino al fatto che Boris Tadić lotta per gli interessi della popolazione che "domani votera' contro di lui". Puhovski e' dell'opinione che le pressioni dall'esterno non sono coerenti perche' a causa del non riconoscimento del Kosovo da parte di alcuni Stati, non vi e' una posizione unica dell'Ue, mentre all'interno della regione, ne' in Serbia ne' in Kosovo c'e' abbbastanza forza per intraprendere passi radicali. Il presidente Tadić si trova in una posizione politica paradossale in cui deve appoggiare e proteggere il nord del Kosovo, vale a dire quelli che alla prima occasione, alle prossime elezioni, voteranno contro di lui e contro la sua politica. Questo sicuramente non va bene, avverte Puhovski. Sotto pressione dell'opinione pubblica in Serbia di non capitolare, si rinuncia ai passi giusti, difficili, a lungo termine e si accetta invece un temporaneo miglioramento della situazione.
Puhovski indica che la Serbia potrebbe guardare all'esempio dell'integrazione della regione di Podunavlje (la regione danubiana) in Croazia, che e' stata una reintegrazione pacifica, e in tal modo tentare di risolvere il problema del nord del Kosovo. Ma per un tale approccio, Belgrado ha bisogno di sostegno internazionale come, a suo tempo, la Croazia ebbe l'appoggio del generale Jacques Klein e la risoluzione Onu. L'esperto politico croato e' anche dell'opinione che Priština non avra' l'appoggio internazionale per azioni unilaterali e indica che attualmente gli Stati Uniti stanno perdendo interesse per questa regione a causa di tutta una serie di altre priorita'. Priština ha il sostegno americano ma gli Stati Uniti non sono in azione. Per questo motivo tentano di sollecitare l'appoggio necessario provocando reazioni serbe per poter poi affermare di avere bisogno di protezione a causa di pressioni serbe.
Con l'ingresso della Croazia nell'Ue, afferma Puhovski, la regione diventa piu' piccola, la Serbia sara' piu' importante e le relazioni tra Serbia e Kosovo saranno piu' importanti di quanto non lo sarebbero se la Croazia non facesse parte dell'Ue. Il problema chiave pero' e' la Bosnia Erzegovina ed esso potrebbe avere implicazioni esplosive in tutta la regione balcanica. L'esperto croato spiega che per la questione Kosovo da una parte c'e' il diritto internazionale, dall'altra la volonta' di due milioni di persone. Per lui non c'e' nessun dilemma che l'indipendenza del Kosovo e' contraria al diritto internazionale. La maggior parte della comunita' internazionale ha sostenuto la volonta' di due milioni di persone contrariamente alle 'formalita'' del diritto internazionale. Questo, secondo Puhovski, avra' conseguenze a lungo termine, ma non oggi. Oggi – afferma Puhovski – esiste soltanto una possibilita': che de facto sia accettato che il nord del Kosovo e' fuori dallo stato kosovaro. Sono possibili grandi problemi, incluse minacce di guerra. L'alternativa sarebbe quello che si e' tentato di fare in Bonia, il trasferimento umanitario, che pero' e' sempre piu' “trasferimento” che “umanitario” e finisce per avere brutte conseguenze. La soluzione meno peggiore, in questo momento, conclude Žarko Puhovski, sarebbe il congelamento della situazione in attesa del cambiamento delle relazioni.
[*] Corrispondente di Radio Radicale. Il testo è tratto dalla corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi.
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