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Il lavoro che non c’è ed i giovani condannati ad una eterna attesa

Creato il 25 novembre 2015 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

italiaIl tempo che stiamo vivendo è connotato da un profondo cambiamento, sotto vari profili, i cui segni tangibili sono molti. Questi segni ci fanno comprendere che si tratta di un processo irreversibile, che farà sì che molte cose non saranno più come prima. Certamente il cambiamento presenta alcuni tratti critici, che possono essere ricondotti anche a scelte e a meccanismi precisi, che andrebbero “convertiti”. Gli aspetti critici non debbono però oscurare la percezione che il cambiamento non è per forza qualcosa di cui avere paura: l’emergere di nuove tecnologie, più rispettose del creato e anche della fatica dell’uomo, nuove opportunità di sviluppo anche per Paesi che fino a oggi erano poverissimi, nuovi modelli di organizzazione e di impresa, nuovi prodotti, sono tutti elementi che non devono spaventare. È necessario dunque accompagnare e per così dire anticipare il cambiamento, investendo sui giovani che, per definizione, sono portatori di novità, lasciando loro spazio e opportunità vere, senza condannarli ad un’eterna attesa. Quello che le generazioni più adulte, invece, possono e debbono fare è saper indicare anche ai giovani ciò che del passato deve essere custodito, e ciò che invece può essere lasciato. Questo discernimento è indispensabile per un cambiamento positivo. E tale discernimento va accompagnato anche con l’esempio delle stesse generazioni più adulte, perché il mantenimento di alcune conquiste di civiltà dei decenni passati dipenderà anche dalla capacità di sacrificare qualcosa, soprattutto i privilegi, da parte di chi ora è più garantito e tutelato, con una responsabilità proporzionata alle concrete possibilità.



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