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Il lirismo vampirico di Jean Rollin #2: Lèvres de Sang (Lips of Blood)

Creato il 15 aprile 2015 da Frankviso
Il lirismo vampirico di Jean Rollin #2: Lèvres de Sang (Lips of Blood)Jean Rollin
Francia, 1975
83 minuti
A volte è profittevole allontanarsi per un periodo da determinate visioni, da determinati stilemi filmici a lungo, e in passato ispezionati, per riaccostarcisi successivamente, dopo aver ampliamente scandagliato in altri territori (come il contemplativo più contemporaneo) con i quali è poi possibile riscontrare (per aspetti stilistici, non certo per intenti) similitudini inaspettate.
È ad esempio il caso del cinema di Rollin e, nello specifico, di pellicole quali il romantico poema cimiteriale, La Rose de Fer (1973) - probabilmente l'opera più minimalista dello scomparso autore di Neuilly-sur-Seine - e questo Lèvres de Sang (nono film, se calcolato dall'esordio al lungometraggio, Le Viol du Vampire), che partendo dalla semplice osservazione di un'immagine impressa nel tempo (una foto raffigurante un castello immerso in un paesaggio decadente), conduce Frédéric (il protagonista) all'ossessiva ricerca di tale luogo per rincontrare la donna (vampira) che in esso vi permane, dopo che suddetta visione ha inaspettatamente scatenato in lui il ricordo/sogno di un amore idealizzato dai tempi dell'infanzia, e che ora sembra risorgere da quelle stesse rovine. E il memorabile finale di Lèvres de Sang, uno dei più poetici e originali mai partoriti dalla cinepresa del regista (probabilmente, il migliore a parità di merito con il sanguineo La Morte Vivante, 1982), è l'esemplare edificazione/incarnazione di questo amore idillico destinato ad un'unione insolubile; il perfetto compimento di una personalissima riflessione romantico-surrealista, con i due amanti ricongiunti in quella bara che le onde del mare consegna all'eternità. Di terreno restano solamente le ambientazioni (sempre le stesse, come il comune di Hautot-sur-Mer nell'Alta Normanida e la sua spiaggia, con le sue palizzate in legno), permeate di eterea malinconia, e che il francese aveva l'innata capacità di esaltare, mutandole comunque in spazi onirici. Ed è esattamente lì, attraverso quella suggestiva carrellata circolare eseguita nella silenziosità di quei luoghi popolati di meravigliose "sentinelle" esangui (immancabilmente semivestite delle solite tuniche alianti e multicolore), appartate su vette rocciose nell'attesa di giovarsi della vitalità e dei sentimenti umani, che la regia di Rollin si eleva con uno sguardo genuinamente contemplativo, svincolandosi così in maniera pressochè totale dallo sconcertante (a tratti dilettantesco) tessuto narrativo (de)costruito fino a quel momento (basti pensare, per esempio, all'incontro a dir poco imbarazzante tra Frédéric e la fotografa di modelle, che scade nel soft-core più grossolano; ma d'altronde, come sempre nel cinema del francese la trama fungeva da cornice all'aspetto puramente visivo) per oltrepassare quella soglia che lo vedeva capace di oscillare (eternamente, come le sue creature) tra i cosiddetti sottogeneri definiti di "bassa lega" (b-horror; sexploitation) e un cinema più alto, senza mai effettivamente radicarsi in nessuno dei due territori. Perchè Rollin sostava comodamente lì, in quell'ermetico limbo al confine tra di essi e attingeva, ora da uno, ora dall'altro, fino a costruirsi passo dopo passo quello stile trasognato e inconfondibile, continuamente trafitto dalle visioni pittoriche di artisti quali Ernst e Delvaux.
Il lirismo vampirico di Jean Rollin #2: Lèvres de Sang (Lips of Blood)
Il lirismo vampirico di Jean Rollin #2: Lèvres de Sang (Lips of Blood)
Il lirismo vampirico di Jean Rollin #2: Lèvres de Sang (Lips of Blood)

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