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Il master plan per il Mezzogiorno e la politica industriale – II

Creato il 25 gennaio 2016 da Sviluppofelice @sviluppofelice

Il documento 25-1-2016 di Riccardo Cappellin

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Le strategie di investimento

L’innovazione non consiste solo nella scelta delle priorità settoriali di investimento ma anche nel metodo di governo (governance) delle strategie e dei progetti di investimento. Innovazioni istituzionali sono necessarie per fare fronte alla mancanza di imprenditorialità a livello collettivo e di capacità organizzative o di governance.

La nuova politica industriale richiede la stretta collaborazione tra soggetti pubblici e privati molto diversi. Essa infatti deve:

  • sostenere gli investimenti esteri che nonostante tutto continuano ad arrivare (Cina)
  • spingere le imprese italiane di maggiori dimensioni (ferrovie dello stato, Eni, Snam, Enel,
    Terna, Acea, A2a, Iren, Atlantia, altre concessionarie autostradali, aeroporti, ecc.) a lanciare dei progetti di investimento in nuove produzioni in italia e non a tenere grande liquidita e/o investire all’estero,
  • promuovere il ruolo di intermediari finanziari non bancari: Cassa depositi e prestiti e Posta italiana, società di assicurazione, Banche di sviluppo regionali, fondi di Private Equity nelle imprese e nelle infrastrutture, Development corporation, che facciano da broker tra l’offerta di fondi degli investitori istituzionali: grandi banche, assicurazioni, fondi pensione, fondi sovrani internazionali, e la domanda di fondi delle imprese.
  • definire grandi progetti di rinnovo urbano e di investimento nelle infrastrutture nelle aree urbane e sostenere i progetti dei cittadini, delle università e delle associazioni.
  • spingere le imprese piccole a fare rete o a fare massa critica e elaborare progetti di innovazione congiunti e definire delle strutture organizzative solide delle reti di imprese.
    Il problema è innanzitutto un problema di governance più ancora che di carattere economico. Infatti, mancano nel Mezzogiorno le istituzioni adeguate a promuovere gli investimenti necessari e l’amministrazione pubblica tradizionale né quella locale né quella ministeriale sono quelle adeguate, come non sono adeguate per promuovere i grandi progetti di “re-industrializzazione” del Mezzogiorno neanche le strutture manageriali delle grandi imprese manifatturiere, come Fiat, Finmeccanica, Ilva, ecc., che di fatto sono entrate in crisi negli ultimi due decenni per effetto della maggiore competizione internazionale.
    Gli stessi regolamenti comunitari sono ormai datati o sono stati definiti secondo una logica di programmazione ormai vecchia di diversi decenni, secondo la quale si parte dalle risorse finanziarie per ricercare i progetti, invece che viceversa: Sono costruiti secondo una logica top-down invece che bottom-up.
    Innanzitutto, è necessario un investimento “immateriale”, che permetta di attivare le capacità di innovazione e di sviluppare l’attività progettazione tecnica, economica, finanziaria e legale, senza le quali non si possono realizzare in tempi rapidi gli investimenti stessi e utilizzare le risorse finanziarie disponibili.
    Certamente, senza un investimento preliminare nella fase della progettazione, da svolgere non solo all’interno della PA ma anche in collaborazione con il mondo delle Università e delle migliori organizzazioni di consulenza, non sarà possibile disporre di progetti “cantierabili”. Inoltre, sono necessari intermediari finanziari specializzati, che investano nel capitale di rischio delle imprese e

8 che non si limitino a concedere credito alle imprese a bassi tassi, né sono sufficienti incentivi fiscali e finanziari di natura automatica o non selettiva, secondo gli specifici progetti considerati.

La spesa pubblica deve essere totalmente riorientata dalla logica di sussidio alla costruzione di opere inutili come il ponte sullo Stretto, all’investimento immateriale nel sostegno della progettazione e innovazione di investimenti che possano creare nuove produzioni e che abbiano un mercato o siano redditizie.

I nuovi “mercati guida” delle nuove produzioni di servizi collettivi richiedono un nuovo tipo di “imprenditore”, diversa sia dall’imprenditore tradizionale nelle PMI industriale sia dalla “corporate organisation” (struttura manageriale) tipica delle grandi imprese multinazionali che vendono prodotti industriali o servizi nei mercati internazionali. Questo nuovo attore imprenditoriale può avere le caratteristiche di una “società veicolo” che combina le capacità di una società di engineering e di una banca di investimento. In particolare, deve svolgere diverse attività: stimolare e soprattutto aggregare la domanda di molti consumatori individuali tra loro dispersi, attirare l’offerta delle grandi imprese nazionali e internazionali attive nella gestione dei nuovi servizi, regolare il rapporto tra i gestori e gli utilizzatori finali del servizio soprattutto nella determinazione dei contratti e prezzi di vendita dello stesso, promuovere la raccolta delle risorse finanziarie necessarie e infine organizzare la realizzazione fisica dei progetti di investimento. Infatti tale soggetto deve svolgere funzioni diverse da quelle sia delle imprese di costruzioni, che non si occupano della gestione dei servizi, ed anche da quelle dalle grandi imprese di servizi che non si occupano della progettazione e della realizzazione fisica dell’investimento in infrastrutture.

Inoltre, è stato spesso osservato che in Europe la “pipeline” dei progetti bancabili è attualmente spesso vuota e che i fondi pubblici disponibili per investimenti non possono essere spesi, è necessario che le istituzioni finanziatrici forniscano non solo fondi ma anche un’assistenza nella fase di progettazione o finanzino anche i lavori spesso molto lunghi e costosi di progettazione preliminari e quindi promuovano una stretta integrazione dei singoli attori partecipanti al progetto, come nelle reti di innovazione, che promuovono la cooperazione e la sinergia dei partecipanti e permettono di ottenere le necessarie economie di scala sul lato sia della domanda che dell’offerta.

Le grandi banche, come le grandi imprese industriali, devono avere un autonomo settore Studi e Progetti che possa lavorare strettamente con le Università e con le società di engineering nel campo della progettazione tecnologica, economica, finanziaria e legale, le istituzioni pubbliche dei diversi livelli, cui spetta la programmazione delle misure intervento pubblico, in modo da promuovere e sviluppare nuovi progetti di investimento e non specializzarsi nella valutazione meramente finanziaria di progetti che sono stati già completamente definiti e che invece potrebbero essere migliorati con una più completa integrazione delle diverse competenze. Le banche devono anche essere presenti sul territorio e vicine alle imprese di settori diversi, manifatturieri e dei servizi, come richiesto dallo sviluppo dei nuovi “mercati guida” suindicati. Tutti questi problemi sono molto importanti nel caso dei Fondi Comunitari e del Piano Juncker (EU Commission 2014), ove la disponibilità di fondi finanziari si è dimostrata insufficiente, se mancano i progetti e le capacità di realizzazione degli stessi.

Le banche e anche altri operatori finanziari specializzati sono i partner necessari nelle politiche industriali nazionali e regionali. Sarebbe utile creare una task force in ogni Regione, che promuova la scoperta di nuove produzioni innovative, gli investimenti delle imprese private nelle nuove infrastrutture, l’attivazione delle risorse pubbliche necessarie negli investimenti preliminari e complementari e che rimuova gli ostacoli amministrativi che rallentano la realizzazione dei progetti di investimento delle imprese. Tale task force pubblico-privata per la ripresa economica deve definire una piattaforma strategica comune o organizzare un numero limitato di “piani d’azione” (o

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“tavoli di sviluppo”) negli ambiti strategici delle infrastrutture e dei servizi d’interesse collettivo indicati sopra e in altre possibili produzioni manifatturiere innovative ritenute fattibili e prioritarie. Tale task force deve assicurare la partecipazione sia degli operatori economici dei singoli settori considerati, che delle associazioni dei cittadini e degli utilizzatori dei nuovi servizi, oltre che delle università, del mondo dei servizi professionali, della finanza di progetto, delle PMI locali e delle imprese dei servizi di utilità collettivi (public utilities), dei sindacati, delle Camere di commercio e delle associazioni industriali.

(da Linee guida del Masterplan per il Mezzogiorno e la nuova politica industriale, paragrafo 4, di R. Cappellin, 11 novembre 2015)


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